"Gran Danger du Mort”. E’ questo il monito nei cartelli che accompagnavano i primi tapis-roulant alla grande Esposizione di Parigi del 1900. Si era sulla soglia di un mondo nuovo, percorso da energie vertiginose che finalmente potevano essere aggiogate. Nei vent’anni successivi, qualsiasi occidentale del ceto medio-basso avrebbe goduto di lussi inimmaginabili per un monarca di mezzo secolo prima, dalla luce elettrica in casa all’acqua corrente. Eppure nell’aria gravava anche un senso di perdita, il progresso non minacciava solo di uccidere il corpo – come avrebbe dimostrato fin troppo bene – ma anche la vita dello spirito. E’ questa precarietà a percorrere tante delle opere di allora, a incombere sull’orizzonte delle coscienze artistiche. E’ risaputo, vulgata scolastica, che Verlaine si sentiva come l’Impero alla fine della decadenza “che guarda passare i grandi barbari bianchi”. E D’Annunzio, che pure corteggiava l’ebbrezza delle innovazioni tecnologiche, temeva “il grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente”. Fu appunto nel campo magnetico tra i poli di questo periodo unico che sbocciò la reazione culturale dell’estetismo, che affermò in modo definitivo anche il sotto-culto del dandy (persino Verga avrebbe voluto concludere il ciclo che iniziava coi Malavoglia approdando all’Uomo di Lusso), e sono questi due orizzonti artistici e di costume – entrambi così difficili da definire, “il dandismo è una istituzione vaga, bizzarra come il duello”, scrisse Baudelaire – gli oggetti d’indagine de L’uomo con la vestaglia rossa di Julian Barnes (Einaudi). Vi si racconta un mondo di seduttori dell’alta società che visitavano le amanti “seguendo un sistema di rotazione talmente rigido che i cavalli sapevano a quale indirizzo fermarsi senza bisogno che il cocchiere li sollecitasse”, di giovani poeti capaci di sfidarsi (letteralmente) a duello per il peso di Sarah Bernardt o di morire dopo aver chiesto a qualche grande idolatrato come Zola o Flaubert: “Avete letto il mio libro?”. Ma quel mondo elegante nel quale si diffondono Wagner e James e Darwin è anche quello antisemita dell’affare Dreyfus, e a ripercorrerlo nei suoi moti grandi e piccoli sono tante le affinità profonde che si notano con l’oggi, o i semi di quanto trionfa nel mondo contemporaneo su scala assai più vasta, a partire dal primo effettivo forgiarsi della stesse società dell’immagine, sempre che si eviti tentazione perenne di colmare le lacune con proiezioni semplicistiche. Barnes sa che “il passato è muto per volontà divina, ma spesso ci comportiamo come se fosse muto per volontà criminosa”.
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