Leggere Nietzsche è sempre un’avventura eccitante, una scossa di adrenalina anche per le menti più addormentate. Ma scriverci sopra è un’altra cosa; richiede non soltanto intelligenza e sensibilità, ma anche una buona dose d’incoscienza e, soprattutto, un grande dispendio emotivo, la disponibilità a farsi coinvolgere in un mondo che assomiglia più al “groviglio originario” di cui parlava Hoelderlin che a quello che solitamente abitiamo. Anche per questo mi avvicino sempre con una certa diffidenza ai libri su Nietzsche. La sua radicalità filosofica, spesso vestita con la lucentezza abbagliante della poesia, rende alto il rischio che, parlandone, se ne faccia semplicemente, come paventava lui stesso, “una canzone da organetto”, diciamo pure, una stantia ripetizione di formule rituali, incuranti del fuoco che gli bruciava dentro. Quando, però, qualcuno trova il registro giusto, come ha fatto Massimo De Angelis nel suo libro Serve ancora Dio? La via di Nietzsche oltre il nichilismo (Castelvecchi 2020), la diffidenza lascia il posto al compiacimento e a un profondo senso di gratitudine. “Una volta ‘Ella mi ha scritto che la musica mi dirige’, rammenta Nietzsche a Wagner in una lettera del 21 maggio 1870. In entrambi la musica è natura. Natura che dall’oscurità erompe: ‘Radice di un’arte inconscia’. Un’aurora della vita, un primo conatus, ‘l’impulso primaverile che sboccia prepotente… tutto si riporta all’istinto più profondo. Physis. Espressione dell’inconscio, istinto di vita. Questo è il nucleo originario che Nietzsche rintraccia nella musica e allo stesso modo nella tragedia antica. Nel lirico musica e inconscio sono ‘una cosa sola con l’uno originario, col suo dolore e la sua contraddizione’: in lui l’uno originario si esprime come musica. L’‘io’ del lirico risuona dall’‘abisso dell’essere’. E d’un tratto compare Dioniso”. Questo l’incipit del libro, anzi, il “preludio: lento, poi mosso, infine calmo” (bellissima trovata quella di sottotitolare ogni capitolo con l’indicazione di un movimento della musica): poche righe dove vengono sapientemente squadernati pressoché tutti gli elementi coi quali Nietzsche costruisce il suo “esplosivo”.
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