“Francamente, i Democratici non hanno il monopolio dell’avere un cuore”, ripeteva Sheldon Adelson. La sua provenienza dal proletariato ebraico lo porterà, una volta straricco, a diventare un grande filantropo. Era nato il 4 agosto 1933, nel difficile quartiere di Dorchester, a Boston, che definiva un “ghetto ebraico”. Il padre, di origine lituana, lavorava come tassista e si era fermato alle elementari; la madre gallese faceva la magliaia. “L’intera famiglia – i miei genitori, due fratelli e mia sorella – viveva in una camera da letto”, ricorderà Adelson, scomparso ieri a 87 anni. A dodici anni prende in prestito i soldi da uno zio per acquistare un chiostro di giornali. Ma i soldi veri inizierà a farli con i distributori automatici. Nel 1979, lui e quattro soci avviano una fiera di computer a Las Vegas, la “Comdex”. Questo anni prima che i computer proliferassero nelle famiglie e negli anni 80 e 90 quella di Adelson sarà la principale fiera di computer del paese (dalla vendita avrebbe ricavato 500 milioni di dollari). Ma il più grande successo di Adelson arriverà quando concentrò i suoi sforzi su Las Vegas, dove sarebbe diventato uno dei magnati del gioco d’azzardo più importanti al mondo con proprietà fino a Macao. E quando sei tra i venti uomini più ricchi al mondo (trentasei miliardi di ricchezza personale) inizi a pensare a dove buttarne un po’. La politica diventa la grande passione di Adelson.
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