Non ho mai conosciuto Gianni Rodari. Quando lui pubblicava i primi racconti per bambini, io ancora non leggevo l’italiano, frequentavo una scuola elementare turca. Quando lui scriveva sul Pioniere, mio padre non comprava l’Unità, il giornale di cui era il supplemento settimanale: andava rinnovato ogni anno il nostro permesso di soggiorno di immigrati dalla Turchia, mio padre non voleva guai con la Questura, dalla quale dipendeva il rinnovo. Quando lui pubblicò le Filastrocche in cielo e in terra e le Favole al telefono, e le pubblicò per Einaudi, non li lessi, perché in casa non si compravano libri. Quando lui scriveva sul Corriere dei piccoli, qualche volta mi sarà capitato di leggerlo. Ricordo le deliziose vignette del Signor Bonaventura di Sergio Tofano. Ma confesso che mi piacevano assai di più quelle del “fascista” di Walt Disney, Topolino e Nembo Kid. Poi ero cresciuto, non leggevo più “roba per ragazzi”, e quindi non leggevo Rodari, ma l’Unità, Rinascita e il Capitale di Marx. Quando mi fecero, neanche ventenne, redattore capo di Critica marxista, non mi venne in mente di chiedere di scrivere a Rodari. Me ne vergogno. E’ una delle non tantissime cose che, potessi tornare indietro, farei altrimenti…
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