Lettere rubate
Gli angoli nascosti della Pianura Padana, che non è solo quello che sembra
Gli argini del Po, le anguille della foce, la malinconia della nebbia: il rapporto col paesaggio in un libro
Lo sai che qui da noi nella pianura tutto sembra annodato, tutto si rimanda, ed è una strana sensazione d’appartenenza a qualcosa che c’era prima di noi e ci sarà dopo di noi, qualcosa che ci rende sereni, anche se a volte ho l’impressione che sono dovuto uscire da quell’incanto, andarmene via, lontano, per vederlo meglio. Forse ho cominciato a vedere bene solo quando sono apparse nel mio orizzonte le foto di Luigi Ghirri.
Marco Belpoliti, “Pianura”
(Einaudi, 278 pp.)
Marco Belpoliti è nato e vissuto a Reggio Emilia, nella Pianura Padana. Questo è il suo luogo assoluto, il luogo dell’infanzia, della famiglia, delle nonne, dei paesaggi che si infilano per sempre sotto la pelle, e per tutta la vita, ovunque si andrà, se ne sentirà il richiamo, e questo libro è un viaggio nel tempo e nello spazio della Pianura Padana. Avanti e indietro tra i ricordi, le case, le strade e gli incontri con persone, come Giovanni Lindo Ferretti, Luigi Ghirri, Giulia Niccolai, Piero Camporesi, Gianni Celati, tutti diversi e importanti ma tutti accomunati dal rapporto con quel paesaggio. Con gli argini del Po, le anguille della foce, che nascono nel mar dei Sargassi, con la periferia della provincia, con i luoghi abbandonati e con la malinconia della nebbia.
“Quando cala la nebbia tutto cambia. Tutto diventa misterioso e il mistero che si cela dentro la nebbia contiene un ricordo, qualcosa simile al ricordo della madre”. Chi ci è nato lo sa, e chi ci è nato continua a cercarla, perché tutto l’esotico che vagheggiamo si trova lì, in quell’orizzonte lineare, ampio, con il cielo a perdita d’occhio che viene ricoperto dalla nebbia e diventa un mondo invisibile. Marco Belpoliti, scrittore, saggista, il curatore delle opere complete di Primo Levi, ha riempito queste pagine di racconti e di scoperte, di storie intime e di malinconia, rivolgendosi direttamente a una persona, come per farle compagnia. Non è un saggio, ma è un racconto sulla Pianura, che contiene anche l’avventura fallimentare con l’aceto balsamico che, per chi non lo sapesse, “non è un condimento. O almeno non solo. Un tempo era un farmaco che serviva a curare le malattie della gola. Un elisir prezioso e medicamentoso. Cura i malanni che vengono a vivere nella Pianura: respiro affannoso, asma, ma anche le doglie del parto, e un tempo persino i morsi dei serpenti. Niente è così buono come l’aceto sulle scaglie di parmigiano reggiano. Ricordalo”. Queste le parole del padre di Belpoliti, purtroppo perdute per distrazione. Molto è andato via come l’acqua di un fiume, ma gli abitanti della Pianura sanno che anche il fiume, dentro, è sempre fermo.