Nel nostro immaginario le storie narrate all’indomani di un evento sconvolgente hanno sempre origine da un disastro. La strada di Cormac McCarthy e il suo mondo post apocalittico, Hereafter con lo tsunami nell’Oceano Indiano: abbiamo molti esempi di racconti ambientati in un tempo che in inglese si chiama “aftermath”, ed è la vita dopo quel qualcosa. Ma se il punto di partenza, anziché una catastrofe, fosse un miracolo? E’ quello che succede in Squali al tempo dei salvatori, romanzo d’esordio dello scrittore hawaiano Kawai Strong Washburn, appena uscito per E/o nella traduzione di Martina Testa. Al centro c’è Nainoa, un bambino caduto in mare e portato in salvo dagli squali. I suoi genitori lo credono destinato a grandi cose, a un’esistenza da guaritore, da santone, solo che Nainoa non è stato scelto per vivere una vita immensa, bensì per fare da tramite a qualcosa di più grande. “Pensavo che il libro parlasse di una famiglia e di un miracolo, poi ho capito che stavo scrivendo della mia terra e di un’intera epoca”, dice Washburn al Foglio.
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