Né acrobata né mangiatore di fuoco

Simonetta Sciandivasci

La televisione, la pezza su Raidue, il libro, i fumetti, la carta riciclata, l'idealismo, Sanremo, Fulminacci, Benincasa, una suora, il Tirreno. Conversazione con Valerio Lundini 

È stato Calcutta a presentare Valerio Lundini a Giovanni Benincasa. Ed è stato Giovanni Benincasa, dopo aver lavorato con lui a "Battute", a cucirgli addosso il programma “Una pezza di Lundini”, che ha debuttato su Rai2 a settembre dell’anno scorso e presto tornerà e ha divertito molto molti, inclusi quelli che non hanno mai capito se Lundini ci fosse o ci facesse e se la trasmissione stessa ci fosse o ci facesse, se fosse tutto preparato o se davvero "la pezza” andasse in onda tutte le volte che saltava qualcosa, c’era un problema tecnico e bisognava riempire un buco, se quindi Lundini e tutti quelli che lavoravano al programma vivessero negli Studios di via Tiburtina, pronti ad andare in onda da un momento all’altro, per intrattenere il pubblico nell’attesa che la rete risolvesse i suoi problemi.

   

   

Tra la prima stagione e quella che verrà, Lundini è andato a Sanremo per cantare “Penso positivo” di Jovanotti con Fulminacci, la sera delle cover, che al festival è la sera dei miracoli, e ha pure pubblicato un libro, “Era meglio il libro” (Rizzoli) che è persino bello. Nella sua bio è scritto che è "una delle voci più innovative della comicità italiana" - presto gli daremo dello "stralunato!" e non smetteremo mai più.

Non fa interviste telefoniche e preferisce rispondere per mail e io me ne cruccio parecchio ma non oso chiedergli di chiacchierare su WhatsApp, perché il suo ufficio stampa mi dice che lui ci mette molta cura, vuole pensare bene alle domande, e la cosa mi spaventa ma non posso far altro che accettare. Guardo una presentazione del suo libro su YouTube e noto che chi introduce o presenta Lundini, cerca di parlare come lui e allora capisco perché preferisce scrivere anziché parlare – in fondo come tutti, anche se non lo ammettiamo e giuriamo il contrario.

Del suo libro ho amato molto la nota introduttiva e la descrizione, molto sintetica ma quasi perfetta, degli anni Novanta: “Giornalisti veri, professionisti incravattati, mezzibusti rispettabili come Marcello Sorgi e Giulio Borrelli si trovavano costretti in questo limbo tra la politica estera e il peggior gossip. Dovevano, per contratto, parlare di questo sesso orale che veniva dall’America. E cercare di non tradire emozioni, risolini o rossori nel pronunciare quelle parole. Proprio come se stessero dicendo: Fausto Bertinotti”.

È tutt’altro che un libro di sketch. È la raccolta di racconti di uno scrittore. E sebbene in questo paese le raccolte di racconti siano quasi sempre un suicidio editoriale, questo libro sta andando piuttosto bene.

 

Per prima cosa, lei ha scritto che non crede nella carta riciclata, e va bene. Fa almeno la raccolta differenziata?

Non è vero che non credo nella carta riciclata, anzi. Mi rincuora sapere che sia possibile riciclare qualcosa, come ad esempio la carta. Il mio libro è su carta non riciclata ma perché quel giorno che lo stampavano i bidoni erano vuoti. La differenziata la faccio ma spesso mi scordo.

 

E mangia la carne?

Mangio la carne, anche se lo ritengo brutto davvero. Lo faccio perché mi piace e perché altrimenti non saprei che altro mangiare. Ma mi secca il fatto che si uccidano animali per me. Però la mangio.

 

Qualcosa dovrà pur fare per aiutare l’ambiente.

Sinceramente non so. Davvero. Direi che non faccio quasi niente, lo so che ci faccio una brutta figura ma purtroppo molti di noi alla stessa domanda risponderebbero così se fossero sinceri. La faccenda della differenziata non credo sia bastevole alla salvaguardia del pianeta quindi non mi vanto troppo di buttare una lattina in un secchio diverso da quello dove butto le pagine gialle dell’anno scorso.

 

Cosa vota? Non mi dica che non vota. E cos’ha votato? E non mi dica che non ha mai votato, almeno la prima volta deve ricordarsela per forza.

Ma il voto è segreto! Secondo lei lo spiattello qui su un giornale così da mettermi contro tutti gli elettori della fazione opposta? Io sono ancora giovane!

 

Giovane?

Sono nato nel 1986!

 

È un idealista? Se sì, lo è perché ha fiducia nell’uomo o perché non ne ha nessuna e quindi si crogiola in sogni che non si realizzeranno mai?

Non sapevo bene cosa significasse “idealista” e allora ho cercato sul dizionario. Dice che è colui che si propone un ideale e cerca di realizzarlo in pratica e sotto questo aspetto sì, sono idealista. Credo molto nelle idee, ma più che altro credo nelle idee di persone razionali. Molti hanno idee pazze, sbagliate o semplicemente utopistiche. In quel caso mi spiace. Per adesso ho ancora la forza fisica e psicologica di cercare di realizzare quelli che sono sogni e/o obiettivi. Ma magari tra un anno già ho perso la voglia. Speriamo di no.

 

Quando dorme, sogna? E cosa?

Dimentico quasi tutti i miei sogni. L’ultimo che ricordo è che dovevo farmi il vaccino per il covid ma quando mi scoprivo il braccio l’infermiera mi faceva notare che ce lo avevo in cancrena già da mesi quel braccio e che quindi dovevo vaccinarmi con l’altro braccio. Una seccatura non da poco.

 

Che cosa vuol fare da grande?

Quello che faccio adesso ma meglio e guadagnando molti più soldi.

 

E da piccolo che cosa avrebbe voluto fare?

Non avevo idea di cosa avrei fatto da grande, infatti ho avuto grandissime difficoltà a scegliere il liceo (presi lo scientifico solo perché il classico mi sembrava un po’ una fesseria con quella cosa delle lingue morte) e a scegliere l’università (presi prima giurisprudenza, poi dopo tre anni passai a lettere). L’università fu solo un modo per prolungare l’infanzia. Cosa che sto cercando di fare ancora oggi.

 

Che c’è scritto sulla sua carta d’identità alla voce professione?

Ho quella digitale, sta nel portafoglio e ce l’ho in un’altra stanza. Non mi alzo per andare a controllare, so per certo che non ci sia nessuna professione scritta sopra.

 

Quante volte, nell’ultimo anno, le è stato chiesto come si fa a far ridere in pandemia?

Non mi è stato chiesto. Ma in caso credo che la risposta sarebbe “come in tutti gli altri momenti dell’anno”. Con l’arrivo delle brutte notizie di questi infiniti mesi non mi pare che si sia smesso, in tv o peggio ancora su internet, di produrre amenità. A me sinceramente piacerebbe che ci fosse davvero un momento di mestizia comunicativa in cui non si debba sempre e costantemente essere spiritosi. Durante la guerra mica c’erano i meme. Si moriva e basta. È per questo che ci fa ancora paura e la vogliamo evitare come, appunto, la morte.

 

È mai stato depresso?

Da quel che so la depressione è una malattia vera e propria quindi sto attento a rispondere di sì. Ogni tanto sto giù di morale, penso alla morte. Mi fanno pena le persone che vivono male, quelli che non hanno affetti, mi spaventa la solitudine mia e altrui. Ma come tutti eh.

 

Ci va dall’analista?

Mai andato. Forse feci una seduta una volta ma mi annoiai.

 

Forse. Com’è andata a Sanremo?

Bene, peccato per la questione covid. Mi ha fatto piacere condividere il palco con persone davvero ok come Fulminacci, Roy Paci e Rodrigo D’Erasmo (che però dirigeva l’orchestra, non era sul palco, non sarebbe stato logisticamente possibile). Anche l’anno scorso ci andai a Sanremo (per fare il dopo festival). In entrambe le situazioni mi parve una bella gita fuori.

 

Le mie amiche la trovano sexy.

Sì certo.

Lo giuro, abbiamo anche uno sticker di lei che si toglie la giacca con fare ambiguo, ce lo mandiamo sempre su WhatsApp.

[omissis]

 

Mi parli dei fumetti, so che sono importanti per lei.

Mi piacciono molto, vorrei avere molto più tempo e pazienza per poterne fare di miei. I miei fumettisti preferiti sono Daniel Clowes, Robert Crumb, Andrea Pazienza, Jacovitti, Silver e tanti altri.

 

Cosa non sa fare e invece vorrebbe saper fare?

Ballare bene, non perché mi piaccia saper ballare ma perché mi piacciono i musical e per farli, ahimè, bisogna saper ballare.

 

Chi sono stati i suoi maestri?

Alle elementari una suora che si chiamava Suor Maria. Poi alle medie c’era quella di italiano che si chiamava Tilde Pertici, quella di matematica che si chiamava Maria Grazia Spaziani, quello di inglese che si chiamava Brandi di cognome ma non mi ricordo il nome.

 

Qual è il parere che ascolta sempre sul suo lavoro, e di chi, invece, non le importa niente? Mi interessa anche sapere se e in che modo il pubblico la condiziona.

Tutto quel che scrivo me lo immagino sempre destinato ad essere visto dai soliti cinque o sei amici fidati che conosco da anni. Di base scrivo cose che piacciono a me e non saprei inseguire il pubblico anche perché è così vasto che non ho idea di cosa gli piaccia e cosa no. Mi sorprende spesso quando colgano delle cose che io credevo essere comprensibili solo a me. Ma forse mi sopravvaluto.

 

Esiste la libertà d’espressione? Al di là di quello che è concesso, mi interessa sapere se lei riesce sempre a dire quello che vuole, se trova il modo giusto per farlo.

In Italia secondo me la libertà di espressione c’è. Come tutte le libertà va usata con attenzione. Spesso quando una qualche cosa viene criticata da cinque persone pare che quella cosa non si potesse dire. In realtà si poteva dire, è stata detta, ed è stata criticata. Pazienza.

 

Qual è l’errore che nel suo mestiere non si dovrebbe mai fare?

Autocitarsi per ammiccare a quelli che già ti hanno detto bravo una volta.

 

La stand up comedy com’è messa in Italia?

C’è il covid, quindi male. Ho molti amici che fanno stand up comedy e che son molto bravi, ne conosco anche di scarsi. Uno dei più bravi è Daniele Tinti.

 

Facciamo che io sono un alieno e quindi non so niente di niente e lei deve spiegarmi l’Italia in pochi minuti. Che mi dice?

‘O sol’, ‘o mar’, ‘a pummarol, ‘o putipù, le Alpi, il Tirreno.

 

Perché ha scritto un libro? Peraltro è anche molto divertente. Non lo sa che i libri dei comici spesso sono sfortunati? Magari mi dirà che il suo non è solo un libro comico, allora facciamo così: mi dica lei tutte le cose che il suo libro è.

Grazie mille. Sì, è comico alla fine come libro. Sono quasi tutti raccontini surreali molto brevi. Alcune cose le avevo scritte molto tempo fa, altre le ho ideate e scritte durante il primo lockdown e qualche altro brano l’ho buttato giù dopo la pausa fatta per scrivere e realizzare il programma in tv. Volevo scrivere un libro perché avevo dei racconti che dovevo piazzare prima o poi da qualche parte e poi perché, banalmente, me lo chiesero con moltissima gentilezza gli amici di Rizzoli Lizard un anno fa.

 

Scrive bene. Da quanto lo fa?

La ringrazio, io non penso di scrivere bene. Ho un dizionario davvero povero e a volte camuffo la povertà con dei giri di parole. Ad ogni modo scrivo da quando so scrivere (e so scrivere dall’asilo infatti ho fatto le elementari un anno prima degli altri).

 

Come mai si scrive così tanta autofiction secondo lei?

Non so cosa sia.

 

È più libero quando scrive un libro o quando scrive un copione?

Un libro perché è probabile che non venga letto con attenzione.

 

Davvero legge poco? E perché?

La verità è che mi annoio o mi distraggo. Quando pure un libro mi piace è sempre troppo lungo; arrivo fino a un certo punto, ci metto dentro un segnalibro perché mi viene sonno e il giorno dopo, tra una cosa e l’altra, me lo dimentico.

 

È innamorato? Vogliono saperlo le mie amiche.

Non si parla di vita privata. Comunque sì. Posso offrire alle sue amiche dei numeri telefonici di altri maschi etero.

 

Com’è la Rai?

Carina per alcune cose.

 

Quanti lavori ha fatto prima del comico?

Comico? Io sono uno scrittore di successo!!! Comunque da anni mi sostentavo facendo il musicista e suonando un po’ ovunque. Poi ho fatto altre cose che non ricordo, ma nulla che metterei su un curriculum vitae da far vedere in giro.

 

Piange?

Mai, non ci riesco. Non vomito neanche.

 

Mangia?

Sì, mi piace molto mangiare.

 

Perché siamo diventati tutti così irascibili e permalosi? Cosa le piace, se c’è qualcosa che le piace, del politicamente corretto?

Il politicamente corretto è tutto giusto. Mi spiace solo che chi impara una nuova regola del vivere civile non fa in tempo a dire “Ah ho capito, si fa così” che subito si guarda intorno per crocifiggere chi quella regola ancora non la conosce.

 

Anche lei avrebbe tolto Twitter a Trump?

No, gli avrei potenziato Myspace.

 

Qual è la prima cosa che ha fatto quando è finito il primo lockdown? E qual è la prima cosa che farà quando saremo – se mai lo saremo – liberi da questo disastro?

Non ricordo cosa ho fatto una volta finito il primo lockdown. Quando il covid sarà completamente debellato farò una bel viaggio in un paese lontano. Pensavo a Luzzano in provincia di Benevento.

 

La cosa più romantica che ha fatto?

Una volta ho comprato un mazzo di fiori da venti euro quando ce ne stavano di uguali a 15 euro.

 

Quanto conta l’amicizia?

Parecchio, i miei amici mi sono molto simpatici.

 

Ha mai avuto problemi per via della sua r moscia? Mollica una volta mi ha raccontato che in Rai non volevano fargli fare servizi, all’inizio, perché gli dicevano che aveva una voce da gallina…

Non ho mai potuto fare scherzi telefonici a persone che mi conoscevano.

 

È femminista?

Assolutamente sì. Credo che le femmine siano normalissime checché se ne dica.

 

Lundini è il suo personaggio ma quanto c’è di lei in lui?

Guardi che Valerio Lundini è il mio nome e cognome vero eh.

   

Cos’è la fantasia e quanto conta nel suo lavoro?

Moltissimo. Nel tempo ho capito che però serve anche tanta analisi della realtà e delle cose biografiche. Se usi solo la fantasia poi vengono cose brutte per quanto possa essere buona e sviluppata.

 

Esiste la naturalezza?

No, non esiste. Scherzo, credo di sì. Suppongo di sì.

 

Un intellettuale che amo molto, Nicola Chiaromonte, diceva che l’uomo fa sempre teatro, perché è impossibile essere autentici, viviamo sempre di costruzioni, e non lo diceva con tristezza, anzi. Lei come la vede?

Probabilmente questo intellettuale aveva ragione. Però aggiungo questo: se è vero che tutti fanno finta, allora non esiste il far finta. Esiste l’essere e quell’essere è così. Se non si facesse finta forse saremmo tutti un po’ bestie. Che ne so, spero d’aver detto una cosa intelligente. Nella mia testa ha senso.

 

Andava a teatro, quando ancora si poteva?

Si, ci andavo, capitava anche di vedere cose belle. Mi spiace davvero che non ci si possa andare più. Era bello, era un modo per vedere qualcosa di davvero esclusivo che non potevi fare dal cellulare come tutto il resto, dalla musica al cinema.

 

Lavorare le piace? Lavora tanto, poco, il giusto?

Lavorare mi piace, talvolta mi viene da lamentarmi tra me e me per il fatto che non ho più tempo di far nulla, ma poi mi ricordo che potevo fare lavori ben peggiori e allora mi sto zitto.

 

Che succede quando un programma finisce? Qualcuno diceva che fare l’attore è un inferno perché dopo un film hai sempre il terrore che nessuno ti richiami.

Finora tutte le volte che ho finito di fare qualcosa non ero mai triste, anzi. Ero sempre ben felice d’aver chiuso un capitolo. Non ho mai avuto la paura di non essere richiamato. Magari mi verrà. Per adesso sto bene anche se non mi richiamano (non ho grosse spese).

 

 

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.