L'alba del canale di Suez, una promessa di globalizzazione
Dall'inaugurazione nel 1869 alla nazionalizzazione del 1956. La storia di una via d'acqua ancora fondamentale per il commercio e l'economia mondiale nel discorso di Bauer e in quello di Nasser.
“Bisogna rendere onore a questa grande forza che avvolge il mondo nella miracolosa catena di lavoro e prosperità e che chiamiamo commercio. Crea non solo ricchezza ma anche civiltà”
Abbastanza visionari e temerari per coltivare un’idea del genere a metà Ottocento e per trovare le forze per realizzarla, progettisti e artefici del Canale di Suez probabilmente non immaginavano che a distanza di un secolo e mezzo quell’opera sarebbe stata ancora così determinante per il commercio e l’economia mondiale. Tanto che a pochi giorni dal blocco causato dalla gigantesca Ever Given incagliata, con centinaia di portacontainer sorelle e cugine per stazza in attesa di poter passare, siamo qui a controllare il listino del greggio e a far previsioni sull’aumento dei prezzi dei beni che tarderanno ad arrivare a destinazione.
Ma erano abbastanza visionari, appunto, e qualcosa avevano capito già allora. Ne fa fede il discorso pronunciato alla cerimonia d’inaugurazione, nel novembre 1869, dal protonotario apostolico Marie-Bernard Bauer. Una figura di secondo piano, si direbbe, che vola alto con la sua fede nel progresso e nell’impresa, nella possibilità di un proficuo rapporto tra oriente e occidente e pure tra fedi diverse (l’Egitto, pur con la sua autonomia, fa ancora parte dell’Impero ottomano) e nei valori del commercio internazionale inteso anche come correttore delle diseguaglianze. Come dire, quasi un profeta della globalizzazione. Bauer peraltro era già cosmopolita di suo: ebreo ungherese nato nel 1829, si era poi convertito al cattolicesimo e dopo il battesimo in Italia nel 1851 si era fatto prete. Nel 1867, a Parigi era stato ammesso a corte come cappellano dell’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, e in quella veste l’aveva accompagnata in Egitto per l’inaugurazione del Canale. Qualche tempo dopo la caduta del Secondo Impero avrebbe abbandonato la Chiesa cattolica, per sposare poi, settantenne, un’Elisabeth-Marie Lévy che aveva una quarantina d’anni meno di lui.
Al discorso di Bauer affianchiamo un altro storico intervento: quello con cui nel luglio 1956, quattro anni dopo aver rovesciato la monarchia di Faruq, il presidente Nasser annunciò la nazionalizzazione del Canale (banche e imprese britanniche detenevano ancora una quota del 44 per cento della compagnia). E al quale seguì la cosiddetta crisi di Suez, con il dispiegamento di navi da guerra inglesi e francesi al largo delle coste egiziane, l’occupazione del Sinai da parte di Israele, il bombardamento dell’Egitto, Nasser che affondò le navi presenti nel canale, chiudendolo di fatto, fino al ritiro di britannici, francesi e israeliani su pressione di Stati Uniti e Unione sovietica.
Qualche altra coordinata: Ferdinand de Lesseps, citato da Nasser, è il diplomatico francese che nel 1854 ottenne la concessione per costituire una società che costruisse il canale, aperto a navi di ogni nazione, e lo gestisse, affittando la terra per 99 anni. Nel 1875 l’Egitto vendette per 4 milioni di sterline la sua quota nella società al Regno Unito, che mantenne la sua “protezione” sul Canale anche dopo la Convenzione di Costantinopoli del 1888 che dichiarava il passaggio di Suez “libero e aperto, in tempo di guerra come in tempo di pace, a qualsiasi nave civile o militare, senza distinzione di bandiera”. Nel 2015, infine, è stato inaugurato il raddoppio di un tratto del Canale, che ne ha incrementato ulteriormente la capacità.
Il discorso di Bauer alla cerimonia d’inaugurazione
Port Said, 16 novembre 1869
Monsignore [il khedivè – viceré – titolo assegnato dal sultano ottomano al governatore dell’Egitto], Madame [l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III], Sire [l’imperatore Francesco Giuseppe], credo di potermi permettere di dire che è arrivato un momento che non è solo uno dei più solenni del secolo, ma anche uno dei più grandi e decisivi che qui abbia visto l’umanità dall’inizio della sua storia.
Questo luogo che avvolge l’Africa e l’Asia che non si toccano più, ora questa grande festa dell’uomo, questa augusta e cosmopolita partecipazione di tutte le razze del mondo, tutte le bandiere e i vessilli che sventolano gioiosi sotto questo cielo immenso e radioso, la Croce, eretta e rispettata da tutti, di fronte alla Mezzaluna! Qui non c’è nulla che non sia sorprendente – è tutto un contrasto straordinario. Qui i sogni, che nessuno pensava si sarebbero avverati, sono diventati realtà. Qui, tra queste meraviglie, tutto è motivo di riflessione, non c’è che gioia, ora e per il futuro, non c’è che gloriosa speranza!
Sì, eccola finalmente, in vista, ai nostri piedi, questa enorme opera, il canale universale che appartiene a due mondi. E noi pensavamo che questo canale fosse impossibile, perché non ci rendevamo conto di ciò che un uomo determinato può realizzare. Eccolo qui, creato dalle creature, questo corso d’acqua che sarà ora oggetto di eterno stupore per generazioni! Eccola qui, creata dalla scienza, dall’audacia, dalla ricchezza, da battaglie di ogni tipo, dalla perseveranza, dal genio dell’uomo e, chiaramente, sotto la protezione di Dio!
Ecco le navi di ogni nazione, pronte a varcare per la prima volta la soglia che fa dell’Oriente e dell’Occidente un solo mondo: la barriera è caduta; uno dei più formidabili nemici dell’uomo e della civiltà ha perso in un colpo solo 2.000 leghe del suo impero. Le due estremità della terra si sono avvicinate. E man mano che si avvicinano, cominciano a riconoscersi. E mentre cominciano a riconoscersi, tutti gli uomini, figli di uno stesso Dio, provano il brivido della loro fratellanza. Ah! L’Occidente! Ah! L’Oriente! Avvicinatevi, guardate, riconoscetevi, salutatevi e abbracciatevi! In primo luogo, saluti a te, splendido Oriente, da cui proviene la luce per ogni alba che fa i nostri giorni mortali; e dall’alba dei secoli, riceviamo l’illuminazione dell’intelligenza e, più radiosa della luce di tutte le anime, riceviamo il presagio del giorno che non avrà mai fine.
Saluti a te, meraviglioso Occidente che, dopo aver ricevuto la doppia luce, hai cercato e cerchi ancora, ogni giorno, e specialmente in questo momento, di fare di tutta l’umanità una cosa sola. Ah! Che i popoli dall’Oriente all’Occidente dicano: “La grande via delle nazioni è aperta!”. L’Oceano Indiano e il Mar Rosso sono ora uno stesso flusso.
La storia del mondo ha raggiunto uno dei suoi momenti più gloriosi. Come abbiamo diviso il passato nei secoli che hanno preceduto o seguito la scoperta dell’America, così in futuro si dirà: “Era prima o dopo il giorno in cui l’Occidente e l’Oriente si sono incontrati attraverso i fianchi aperti dell’Egitto; era prima o dopo il 16 novembre 1869; era prima o dopo l’apertura del canale marittimo universale di Suez”. [Applausi].
E forse qui c’è più che la scoperta di un nuovo mondo. Qui abbiamo l’unione di due mondi conosciuti in uno!
E’ vero che inizialmente la cosa che colpisce di più è la grandezza fisica o materiale dell’opera stessa, sognata con tanta audacia, progettata in modo così meraviglioso, eseguita con tanta perseveranza e, infine, finita con tanta eccellenza. Ma dietro il materiale, il pensatore descrive orizzonti molto più vasti degli spazi misurabili, orizzonti senza limiti, dove agiscono i più grandi destini, le più gloriose conquiste e le più immortali certezze del genere umano.
Ora, le navi di tutto il mondo possono navigare su una rotta diretta dall’Indocina al cuore dell’Occidente europeo. Cosa porteranno questi audaci messaggeri, ai quali il genio ha dato il vapore e ai quali il vapore ha dato le ali? Soprattutto, porteranno la ricchezza mercantile delle nazioni che, scambiandosi, illustreranno ancora più chiaramente che in passato una delle leggi più ammirevoli del Creatore.
Infatti, dando agli uomini di tutto il mondo gli stessi bisogni ma quote ineguali delle ricchezze della Creazione per ogni paese, Dio ha voluto rendere le nazioni dipendenti l’una dall’altra. Gli uomini di tutte le razze, di tutti i paesi e di tutte le credenze, che vedo davanti a me ora, non sono solo fratelli per la loro unica origine, ma sono uniti dal loro comune interesse. Ancora una volta, è Dio che ha fatto questo, creando uomini con le stesse esigenze e paesi con i più svariati prodotti.
Bisogna dunque rendere onore a questa grande forza che avvolge il mondo nella miracolosa catena di lavoro e prosperità e che chiamiamo Commercio. Il commercio è più che forza, è gloria; è più e meglio della gloria, è un beneficio. Perché il commercio non si limita a creare ricchezza, ma contribuisce anche – molto – a creare questa grande meraviglia, per la quale l’uomo lotta con tanta passione: la civiltà! [Applausi].
Sì, civiltà! Oggi la civiltà celebra uno dei più grandi eventi mai registrati negli annali della storia. Salpate da tutti i porti di tutto il mondo, voi navi di tutti i popoli della terra! Scomparite nell’immensità dell’orizzonte, portando con voi nelle profondità delle vostre stive i prodotti di tutte le terre e le opere di tutti i popoli.
E mentre attraversate i mari, carichi di tutto questo pesante carico, passeggeri invisibili e misteriosi – idee, abitudini, costumi, lingue diverse e sentimenti affini – saliranno a bordo o navigheranno in convoglio con voi. Attraverseranno questo istmo così magnificamente perforato, e sbarcheranno in tutti i vostri porti di scalo. E così, tutti gli uomini che abbiano mai agitato un piccone sul canale dei due mondi, anche se stavano scavando solo per il commercio, loro, i pionieri coscienti o incoscienti della Provvidenza, avranno avuto la gloria di agitare l’ascia per aprire il magnifico percorso che ora e per sempre lascerà passare la pace e la giustizia, la luce e la verità, cioè la vera civiltà nel miglior senso del termine.
Dopo aver celebrato la doppia grandezza e il significato essenzialmente civilizzatore di quest’opera veramente incomparabile, ci resta una cosa da fare. Dobbiamo rendere un omaggio pubblico e formale, qui su questa riva, davanti a tutti, davanti a questa assemblea di tutti i popoli qui rappresentati dai loro sovrani, i loro principi, i loro ambasciatori, il loro clero e l’élite di tutti i paesi, davanti alla storia che si prepara a scrivere una delle sue più grandi pagine, dobbiamo, ripeto, rendere omaggio, qui e ora, a coloro che furono, che sono e che saranno i vincitori di questa grande battaglia pacifica, una battaglia vinta finalmente a beneficio dell’umanità.
Monsignore [il khedivè], è assolutamente giusto e opportuno che noi rivolgiamo la nostra prima parola di ringraziamento alla Vostra Altezza.
Accettate, Monsignore, i rispettosi ringraziamenti dei buoni uomini che hanno desiderato ardentemente il successo di quest’opera, che non ha eguali nella storia del mondo. Attraverso tutte le sue innumerevoli difficoltà, avete perseverato nel vostro desiderio di questa grande opera così eminentemente civilizzatrice. E ciò che Vostra Altezza desiderava, lo avete coraggiosamente sostenuto e, alla fine, generosamente realizzato. Oggi potete godere pienamente del vostro glorioso successo.
Ora, in questo grande momento della vostra vita e del vostro regno, l’Oriente e l’Occidente vi ringraziano attraverso di me: L’Egitto, destinato a raccogliere i primi frutti di questo grande lavoro, vi chiamerà “colui che ha determinato la sua rinascita”, e la storia riserverà al khedivè Ismail una pagina gloriosa e veramente meritata. [Applausi].
Permettete anche a un sacerdote di ringraziarvi, in presenza dei suoi illustri ospiti, per l’enorme libertà e i doni veramente regali che sono stati fatti al cristianesimo, al suo culto, alle sue opere, alle sue istituzioni e alle sue scuole, qui in questa terra dei faraoni, che era un tempo la terra di ogni servitù ma che, oggi, sta diventando la terra di ogni libertà.
E’ a Vostra Altezza che si deve questa felice trasformazione. La solennità di questo giorno non parla forse più eloquentemente di qualsiasi discorso sull’enorme quantità di strada percorsa? Per la prima volta in dodici secoli, la fede cristiana può alzare la sua voce in preghiera e le sue mani in benedizione, all’aperto e davanti alla Mezzaluna. Questo è certamente un grande fatto e un grande momento. Grazie, Monsignore, per aver voluto questo e per averlo richiesto: un grazie di cuore, in nome della cristianità; grazie in nome della Francia e in nome dell’Europa; grazie in nome di tutta l’umanità il cui destino fa oggi un grande passo avanti, grazie a Vostra Altezza che opera per il bene e grazie a Dio che lo benedice. [Applausi].
Signora [l’imperatrice Eugenia], coloro che hanno collaborato da vicino a questa grande opera conoscono la parte che Vostra Maestà ha svolto: è enorme. E il fatto che abbiate svolto il più grande dei compiti in silenzio corrisponde perfettamente al vostro coraggio. Ma non dobbiamo colludere con questo silenzio; ciò falsificherebbe la storia e frustrerebbe i posteri.
E’ importante che la storia sappia che questa grande opera è, in gran parte, vostra e, quando la storia dirà questo, dirà la verità assoluta. La storia aggiungerà, signora, che nel dare il suo potente appoggio al canale dei due mondi, voi eravate in stretta comunione con i pensieri e i sentimenti di tutta la Francia che desiderava molto quest’opera; la generosa e nobile Francia che, attraverso tutte le sue classi sociali, era entusiasta dello scavo dell’istmo di Suez e forniva i suoi milioni e le sue mani, la sua intelligenza e le sue energie, i suoi ingegneri e i suoi operai, il suo personale e i suoi materiali; infine, la Francia personificata, per così dire, in uno dei suoi figli, un uomo magnificamente dotato dalla provvidenza per questo meraviglioso compito con la sua eloquenza persuasiva e il suo spirito ardente, la sua tenacia invincibile, la sua forza e dolcezza, la sua consumata idoneità e la sua lealtà, in breve, con la sua – si potrebbe quasi dire – fede sovrumana nella realizzazione di questa gigantesca opera, derisa dal mondo solo per diventare oggi l’oggetto della sua più entusiastica ammirazione.
Ora che l’incredibile è diventato realtà, che il sogno impossibile si è avverato, splendido e completo davanti ai nostri occhi felici, cosa passa per la mente di colui che stava dietro tutto ciò che vediamo? Solo Dio lo sa.
Mi sembra di vedere le lacrime brillare nei suoi occhi; vorrei poterle raccogliere, perché appartengono prima alla Francia e poi all’umanità. Proclamiamo a gran voce il nome di quest’uomo, il nome che ora appartiene alla storia dove, per un raro privilegio della Provvidenza, entra in vita: proclamiamo davanti a tutta la Terra che la Francia, che è lontana ma non assente, è felice e orgogliosa di questo suo figlio.
Proclamiamo fino alla fine dei tempi che come il Nuovo Mondo (scoperto nel XV secolo) è un ricordo permanente per i posteri del nome di quell’uomo di genio che lo scoprì, Cristoforo Colombo, così il canale tra questi due continenti sarà un ricordo continuo del nome di un uomo del XIX secolo, un nome che sono orgoglioso di pronunciare su questa riva e gridare forte ai quattro angoli del mondo, quello di Ferdinand de Lesseps. [Lunghi applausi].
Non possiamo citare qui i nomi di tutti coloro che meritano di essere citati insieme a lui; ma non dimentichiamo gli uomini che sono morti sul campo glorioso di questa impresa. In questo giorno vittorioso, ricordiamo quelle tombe, care alle loro terre d’origine e allo stesso tempo a tutta l’umanità. Il nostro lutto non si tinge di nazionalismo. Perché coloro che sono morti qui provenivano da tutti i popoli del mondo, e la nostra vittoria è sulla terra, sul deserto, sulle onde, è la vittoria della civiltà. [Applausi].
E ora permettetemi, prima di finire, di ringraziare i nostri illustri ospiti, coloro che ci hanno portato la gioia e ci hanno fatto l’onore di essere presenti qui oggi.
Signore, Vostra Altezza Apostolica ha onorato degnamente questa grande impresa venendo a essere qui nel momento in cui l’Adriatico (che si bagna sulle rive del vostro Impero) e il Mar Rosso diventano un unico lungo fiume che sfocia nell’Oceano Indiano. Che il Dio che avete appena lodato in pubblico inginocchiandovi sulla tomba del Salvatore del mondo faccia piovere le sue benedizioni su di voi, sulla vostra stirpe e sul grande impero che ha ritenuto opportuno porre sotto la vostra tutela.
Che tutte le nazioni, i cui principi e ambasciatori nobilitano questo grande giorno, prosperino nella pace e nella concordia, e che la grandezza di ogni nazione diventi la grandezza di tutte, realizzando così la pace in tutto il mondo.
E per concludere degnamente questa augusta cerimonia, rivolgiamo il nostro pensiero non solo all’immagine di ogni paese, ma alla grandezza di tutta l’umanità e poi al di sopra e al di là dell’umanità. Innalziamo le nostre anime all’eterna e adorabile Divinità che, nella sua infinita bontà, ha concesso agli uomini il potere di costruire un’opera così prodigiosa, una sorta di creazione nella Creazione, in quanto ha trasformato i continenti dell’Africa e dell’Asia, che Dio ha fatto uno, in due continenti. Il canale dei due mondi è diventato il limite dell’immensità di questi due continenti, è diventato il separatore immortale e fertile di questi due mondi.
Dio, onnipotente ed eterno, Dio, creatore del mondo, Padre di ogni creatura, benedici questo nuovo corso d’acqua che hai concesso all’uomo di realizzare nel seno della tua creazione. Fa’ che questo fiume non sia solo un grande cammino verso la prosperità universale, ma anche un cammino regale verso la pace e la giustizia, verso la luce e la verità immortale. Che il Tuo spirito divino si muova sulla faccia di queste acque, che attraversi, e attraversi ancora, da est a ovest e da ovest a est. O Dio, usa questa via d’acqua per avvicinare gli uomini, ma soprattutto avvicinali a Te e sii il loro conforto in ogni cosa, ora e per l’eternità. [Lungo applauso]
Marie-Bernard Bauer
Il discorso di Nasser per annunciare la nazionalizzazione del Canale
Alessandria, 26 luglio 1956
Cittadini, salutiamo in questo giorno l’arrivo del quinto anno della rivoluzione. Abbiamo passato quattro anni di lotta. Abbiamo lottato per liberarci delle tracce del passato, dell’imperialismo e del dispotismo; delle tracce dell’occupazione straniera e del dispotismo interno.
Oggi, mentre accogliamo il quinto anno della rivoluzione, siamo più forti che mai e la nostra volontà è sempre più forte. Abbiamo lottato e trionfato. Contiamo solo su noi stessi e lo facciamo con volontà, forza e potenza per la realizzazione degli obiettivi proclamati dalla rivoluzione e per la cui realizzazione hanno combattuto i nostri antenati e si sono sacrificati i nostri figli. Lottiamo e sentiamo che trionferemo sempre per consolidare i nostri principi di dignità, libertà e grandezza, per la creazione di uno stato indipendente: di vera indipendenza, politica ed economica.
Guardando avanti, sentiamo che la nostra lotta non è finita. Non è facile costruire il nostro potere in mezzo ai disegni imperialisti e alle trame internazionali. Non è facile raggiungere la nostra indipendenza politica ed economica senza che la lotta continui. Abbiamo tutta una serie di lotte davanti a noi per poter vivere con dignità.
Oggi abbiamo l’opportunità di porre le basi della dignità e della libertà e in futuro mireremo sempre a consolidare queste basi e a renderle ancora più forti e solide. L’imperialismo ha cercato in tutti i modi di minare il nostro nazionalismo arabo. Ha cercato di disperderci e separarci, e a questo scopo ha creato Israele, opera dell’imperialismo. […]
Il rapporto con la Siria
Oggi, vi annuncio che i vostri fratelli in Siria hanno annunciato la loro unione con voi, un’unione per il consolidamento dei princìpi della dignità e del rispetto di sé e delle basi del nazionalismo arabo.
E oggi dico ai vostri fratelli di Siria: benvenuti, facciamo parte della nazione araba. Andremo avanti, uniti, formando un solo blocco, un solo cuore, una sola mano per porre le basi e i principi di libertà, gloria e dignità, e per raggiungere l’indipendenza politica e l’indipendenza economica allo stesso tempo.
L’Egitto nel mondo
Da quando l’Egitto ha proclamato la sua politica libera e indipendente, gli occhi del mondo sono puntati su di noi. Tutti tengono conto dell’Egitto e degli arabi. In passato, perdevamo il nostro tempo negli uffici degli ambasciatori e delle delegazioni straniere, ma oggi, dopo che ci siamo uniti per formare un unico fronte nazionale contro l’imperialismo e l’intervento straniero, quelli che prima ci disprezzavano hanno cominciato a temerci.
La voce dell’Egitto è diventata più forte in campo internazionale e più forte il valore degli arabi. […]
L’indipendenza economica
L’Egitto, nel portare avanti la sua rivoluzione, stava lottando per mettere i suoi problemi su una strada diversa da quella della preghiera e dell’accattonaggio. Nel 1952 eravamo certi di raggiungere l’indipendenza politica; ma eravamo anche fermamente convinti che l’indipendenza politica si sarebbe potuta ottenere solo insieme e con l’aiuto dell’indipendenza economica.
Abbiamo lavorato per ottenere che se ne andassero con tutti i mezzi possibili; con la dolcezza e con la forza, con i negoziati e le conversazioni e abbiamo voluto dare all’Egitto una politica indipendente e che solo la bandiera dell’Egitto fosse issata sulla terra d’Egitto. Eravamo sicuri che avremmo ottenuto questa indipendenza politica a condizione di sconfiggere i complici dell’imperialismo.
Quando abbiamo sconfitto i complici dell’imperialismo, l’occupante ha capito che non poteva rimanere in una terra dove tutto il suo entourage è nemico. E se n’è andato. […]
Convinti che l’indipendenza politica potesse essere raggiunta solo attraverso l’indipendenza economica, abbiamo prestato piena attenzione alla produzione e al suo sviluppo, contando solo su noi stessi e sui nostri mezzi. Siamo riusciti ad aumentare il reddito nazionale del 16 per cento nei due anni dal 1952 al 1954, e negli altri due anni, dal ’54 al ’56, l’aumento del reddito nazionale è stato nella stessa proporzione.
Ho proclamato che la politica dell’Egitto viene dal cuore dell’Egitto e non da Londra o Washington o da qualsiasi altro posto. Ho anche detto che siamo disposti a collaborare con chiunque, purché non sia a scapito dell’Egitto e dei suoi interessi. […]
Un’economia stabile
Questo discorso ha alluso agli ultimi sviluppi in Egitto. Quali sono questi sviluppi? Sono sviluppi politici o economici? Un’altra cosa contenuta nella presentazione è il messaggio di Foster Dulles al popolo egiziano. Ora, abbiamo già conosciuto questa strada. La presentazione si concentra poi sulla posizione economica dell’Egitto e solleva dubbi sull’economia egiziana durante gli ultimi sette mesi. Voglio dire che l’economia egiziana è diventata forte. Ecco le statistiche dell’annuario statistico delle Nazioni Unite. Il reddito nazionale è aumentato da 748 milioni di sterline a 780 milioni di sterline nel 1953, e a 868 milioni di sterline nel 1954. Così, il nostro reddito è aumentato di 120 milioni di sterline in due anni. Il reddito agricolo è aumentato del 15 per cento e la produzione industriale del 25 per cento; la produzione di ferro e ghisa è aumentata del 94 per cento. Il movimento del commercio nel 1956 è stato di 91 milioni di sterline, con un aumento di 21 milioni di sterline.
Quali sono dunque i progressi che si sono prodotti negli ultimi sette mesi? Sono progressi nell’indipendenza, nella dignità e nella grandezza. Abbiamo deciso di rafforzare il nostro esercito e di avere una libertà indipendente.
Il Foreign Office ha emesso il suo parere il 20 giugno, seguito dalla Banca Internazionale. L’obiettivo era quello di punire l’Egitto, perché aveva rifiutato i patti militari e aveva proclamato e fatto appello alla pace e al rispetto dei principi dimenticati. L’Egitto aveva anche chiesto libertà e indipendenza, una vita positiva e pacifica, e l’aiuto di tutti i paesi.
Il Congresso americano ha preteso che tutti gli aiuti all’Egitto fossero tagliati, perché ci rifiutavamo di accettare l’occupazione e lo sfruttamento del nostro territorio. Questa era la nostra punizione. Perché tagliando gli aiuti all’Egitto – pensavano – il popolo egiziano dirà che Gamal Abdel Nasser ha danneggiato il paese, e farà pressione per accettare condizioni dannose per il paese. Non sanno che anche il popolo egiziano rifiuta tutti questi argomenti.
Quando il signor Eugene Black venne al Cairo, ci disse che la Bird era una banca internazionale, che non si occupava di politica. Infatti, ho cominciato a trovare in Eugene Black l’uomo di cui avevamo bisogno, ho visto in lui Ferdinand de Lesseps, e la mia memoria mi riporta all’anno 1854. Ho detto al signor Black che abbiamo dei complessi e che non volevamo più vedere l’Egitto occupato militarmente attraverso un’occupazione economica. […]
La nazionalizzazione del Canale
Per far rinunciare de Lesseps a certi vantaggi, l’Egitto pagò dei danni; l’Inghilterra comprò azioni del Canale per quattro milioni di sterline. […]
Finora la Compagnia [del Canale] si considera una società internazionale, cioè uno stato nello stato. Le controversie tra la Compagnia e le altre istituzioni sono trattate dai tribunali egiziani, e l’amicizia che ha prevalso durante lo scavo del Canale ha portato all’occupazione dell’Egitto nel 1882. L’Egitto fu costretto a vendere la sua parte, che fu acquistata dall’Inghilterra, e Ismail si ritirò dai profitti dell’Egitto. Così, le azioni prese dall’Inghilterra gli tornarono indietro senza alcun esborso.
Ecco i fatti della storia, e si scopre che gli stessi fatti ricorrono. La storia si ripete; e non è possibile per noi lasciare che questa storia si ripeta per l’Egitto. Siamo tutti qui oggi per porre fine a questo sinistro passato, e se ci rivolgiamo a questo passato, è solo allo scopo di distruggerlo. Non permetteremo che il Canale di Suez sia uno stato nello stato. Oggi, il Canale di Suez è una società egiziana, dai cui fondi l’Inghilterra ha preso il 44 per cento delle sue azioni. Il reddito del Canale nel 1955 è stato stimato in 35 milioni di sterline, o 140 milioni di dollari, da cui abbiamo ricevuto un milione di sterline, o 3 milioni di dollari. E’ dunque questa la società egiziana che è stata creata per l’interesse dell’Egitto, come aveva dichiarato il decreto ottomano.
La povertà non è una vergogna, ma lo sfruttamento delle persone sì. Ci riprenderemo tutti i nostri diritti, perché tutti questi fondi sono nostri, e questo canale è proprietà dell’Egitto. La Compagnia è una società per azioni egiziana, e il canale è stato scavato da 120.000 egiziani, che sono morti durante l’esecuzione del lavoro. La Compagnia del Canale di Suez a Parigi vuol dire solo sfruttamento.
Eugene Black [allora presidente della Banca mondiale] è venuto in Egitto con lo stesso obiettivo di de Lesseps. Costruiremo l’Alta Diga [ad Assuan] e otterremo tutti i diritti che abbiamo perso. Manteniamo le nostre aspirazioni e i nostri desideri. I 35 milioni di sterline che la Compagnia raccoglie in questo momento li prenderemo per l’interesse dell’Egitto.
Così vi dico oggi, miei cari cittadini, che costruendo l’Alta Diga, costruiremo una fortezza d’onore e di gloria e demoliremo l’umiltà. Dichiariamo che tutto l’Egitto è un fronte unico, unito, e un blocco nazionale inseparabile. Tutto l’Egitto combatterà fino all’ultima goccia del suo sangue, per la costruzione del paese. Non daremo l’opportunità ai paesi occupanti di poter eseguire i loro piani, e costruiremo con le nostre stesse armi, costruiremo un Egitto forte, ed è per questo che oggi assegno l’accordo del governo sulla statalizzazione della Compagnia del Canale.
Andremo avanti per distruggere una volta per tutte le tracce dell’occupazione e dello sfruttamento. Dopo cento anni tutti hanno recuperato i loro diritti, e oggi stiamo costruendo il nostro edificio demolendo uno stato che viveva dentro il nostro stato; il Canale di Suez per l’interesse dell’Egitto e non per lo sfruttamento. Garantiremo i diritti di tutti. La nazionalizzazione del canale di Suez è diventata un fatto compiuto: i nostri fondi sono nostri, e abbiamo 35 milioni di sterline in azioni. Quindi non ci occuperemo di 70 milioni di dollari ora. Dobbiamo tutti lavorare e produrre, nonostante tutte le trame contro di noi. Dirò loro di morire di dispetto, costruiremo l’industria egiziana.
Non ho trovato alcuna volontà da parte di questi stati di cooperare tecnicamente per industrializzare il paese. In quattro anni abbiamo capito di essere diventati più forti e più coraggiosi, e come siamo riusciti a detronizzare il re il 26 luglio, così lo stesso giorno nazionalizziamo la Compagnia del Canale di Suez. Così realizziamo parte delle nostre aspirazioni e iniziamo la costruzione di un paese sano e forte.
Nessuna sovranità esisterà in Egitto se non quella del popolo egiziano, un unico popolo che avanza sulla via della costruzione e dell’industrializzazione, come un blocco contro tutti gli aggressori e contro le trame degli imperialisti. Realizzeremo anche gran parte delle nostre aspirazioni, e costruiremo effettivamente questo paese perché non c’è più nessuno che interferisce nei nostri affari. Oggi siamo liberi e indipendenti.
Oggi, saranno degli egiziani come voi a dirigere la Compagnia del Canale, a prendere in consegna i suoi vari impianti, e a dirigere la navigazione nel Canale, cioè nella terra d’Egitto.
Gamal Abdel Nasser
Universalismo individualistico