Valérie Hervo ha scritto “Les dessous des Chandelles. Une femme en quête de liberté” (foto les-chandelles.com)  

Une femme en quête de liberté

Madame Ose'

Mauro Zanon

I clienti sono ricchi, politici e rockstar. Les Chandelles è il club per scambisti più raffinato ed esclusivo di Parigi. La sua fondatrice lo racconta in un libro

Dietro l’anonima facciata color blu notte, scese le scale vertiginose che si immergono nella cave dove tutto è possibile, è un universo di piaceri e di trasgressioni quello in cui vengono travolti gli ospiti di Madame Valérie, la regina della Parigi libertina, che da quasi trent’anni gestisce il club per scambisti più elitario e raffinato della capitale francese, Les Chandelles. Non chiamatelo banalmente sex club: Valérie Hervo si arrabbierebbe molto. Il suo è un boudoir erotico dove l’eleganza viene prima di tutto e non c’è spazio per la volgarità. Alle Chandelles si va vestiti in maniera distinta: abito chic e tacchi alti per le donne, solo completi ben tagliati per gli uomini e niente jeans e scarpe da ginnastica, se non ci si vuole far respingere all’ingresso (la regola vale per tutti, anche se sei una delle più grandi rockstar del Novecento: basti chiedere a Mick Jagger, presentatosi con vestiti non idonei alle regole estetiche del locale e puntualmente respinto).

 

L’altra cosa importante è quello che Madame Valérie chiama “capitale di seduzione”. “Non dimenticate che la seduzione è come un dipinto incompleto”, si legge nel sito del club, dove la maîtresse che tutti i libertini di Francia adorano anima anche un blog in veste di “thérapeute de couples et adultes” e “analyste psycho-organique”. Quando si varca la porta delle Chandelles – stretta, anzi strettissima perché la selezione è molto rigorosa – si intraprende un viaggio alla scoperta di un universo sensoriale, tra specchi e dorature, pareti di velluto e dipinti erotici, un viaggio che alcuni vivranno come un rito iniziatico, e altri, invece, riassaporeranno, felici di ritrovare il solito ambiente epicureo. “Le scale simboleggiano lo charme misterioso delle Chandelles. In tempi normali, si sale in paradiso o al settimo cielo. Alle Chandelles no: attraverso le scale si scende fino alle viscere del piacere e della festa. Ognuno sa che quelle scale conducono a un’esperienza inedita, a un incontro con la propria intimità, troppo spesso sconosciuta. Tutti, in quel preciso momento, penetrano in una bolla fuori dal tempo per beneficiare di un respiro inedito. In una parentesi incantata per sfuggire alle restrizioni della quotidianità. La discesa, gradino dopo gradino, favorisce questo incantesimo progressivo”, scrive Valérie Hervo nel libro che ha appena dedicato alla sua creatura, “Les dessous des Chandelles. Une femme en quête de liberté” (Le Cherche-Midi).

 

Perché quel sottotitolo, “une femme en quête de liberté”? Perché è anche il racconto di un’infanzia traumatizzata dagli abusi sessuali di cui è stata vittima (è stato il nonno, nel lontano 1973, ad abusare di lei, a ridurla a semplice “oggetto”, a “rubarmi il corpo e la mia capacità di provare piacere”, secondo le sue parole) e del percorso tortuoso di “una donna in cerca di libertà”: libertà e desiderio che ha ritrovato con la creazione delle Chandelles, il suo spazio di riparazione intima. “Ho ritrovato il mio corpo e sentito il desiderio. È per questo motivo che nel mio club la cosa più importante è la musica del desiderio. In questo universo, ho scoperto la sessualità, è qualcosa di bello e di ludico. Per me è come una ricreazione. Ho avuto la fortuna di creare questo luogo e di ripararmi”, ha spiegato in un’intervista a Bfm.tv. La vita di Valérie cambiò per sempre dopo una notte al Deux plus Deux, il primo club per scambisti della capitale francese, aperto dal 1972 per appagare ogni sorta di fantasia sessuale. Ad accompagnarla, quella notte, fu l’uomo che aveva conosciuto una sera del giugno 1991, a ventitré anni, e che diventerà in seguito suo marito. “Di primo acchito, assomiglia a una normale discoteca: un lungo bar animato da una barista gentile, una piccola pista da ballo molto anni Settanta, alcuni divanetti scuri circondati da tavoli basse vicino a dei muri coperti di specchi su cui si riflette la luce soffusa delle applique. Non c’è nulla che possa allertarmi sulla particolarità del luogo in cui mi trovo. E non resisto per molto al mio piacere preferito: la danza. Sono sulla pista. Il mio uomo mi osserva dal bar dove sta sorseggiando un alcolico. Alcune coppie, dai divanetti, mi lanciano una serie di sguardi, poi si rifugiano nei bisbigli e nei sorrisi complici. Sono diventata il centro della loro attenzione? Non vi do nessuna importanza: sono nella mia bolla, mi lascio trasportare dal ritmo della musica”, racconta Valérie.

 

Fino a quando non si avvicina una coppia. “Sui miei tacchi vertiginosi e avvolta dal mio vestito corto in mussola bianca, volteggio e chiudo gli occhi per sentire meglio le vibrazioni di una canzone di successo di James Brown. Quando li riapro, la donna si è avvicinata a me, mentre l’uomo la abbraccia. Lascivi e provocatori, sono meno sensibili di me alle pulsazioni ritmiche della musica: il loro ritmo incita più al languore. La donna mi sorride; l’uomo le prende la mano e la conduce verso un piccolo corridoio che non avevo notato”. Dalle casse del Deux plus Deux inizia a risuonare la voce di Marvin Gaye, quando Valérie viene invitata dal suo uomo a scoprire un altro angolo del club. Insieme salgono una piccola scala che sfocia in una stanza immersa nella penombra, e “lì, alcune coppie fanno l’amore, mentre altre le guardano in piedi. Sospiri, gemiti e talvolta orgasmi: l’atmosfera mi turba”. Quella sera, la giovane Valérie preferisce soltanto osservare quei corpi voluttuosi che si avvinghiano e si abbandonano a un paradiso di piacere. Ma scopre un universo che la affascina e di cui presto sarà protagonista assoluta, lontano dalle “discoteche classiche dove seduttori maleducati o machi grotteschi vi importunano regolarmente”, un universo “senza il timore di giudizi perentori e senza la pesantezza di moralità distorte”.

 

La magia festiva, il sentimento di leggerezza, la sensualità dei corpi, la libertà delle anime la seducono: “In questa atmosfera estatica, mi sento vibrare e inebriata”. È il suo uomo a convincerla ad aprire un nuovo tempio del libertinage. Ma Valérie non vuole creare un concorrente del Deux plus Deux, esige un luogo unico, inimitabile, che rispecchi la sua filosofia di vita: un Eden del piacere femminile dove l’audacia si sposa col rispetto, l’eleganza con la curiosità e l’erotismo raffinato con una certa idea della festa. Dopo lunghe ricerche, è a rue Thérèse, arteria discreta a pochi passi dal Palais Royal e dall’Opéra, che l’allora ventiseienne lancia, nel 1993, il suo scrigno dell’Eros femminile. E ha le idee ben chiare su come trasformarlo nel place to be per tutte le libertine di Francia: “Nella mia testa, Les Chandelles deve essere un regno dedicato alla donna: un luogo in cui sarà libera, radiosa, serena, desiderata, al centro di tutte le attenzioni. Tengo assolutamente a distanziarmi dagli ambienti irrispettosi di alcuni club, dove la donna è soltanto un semplice passaporto di piaceri machisti, il triste pretesto per battute grossolane. Io esigo il savoir-vivre e l’imperioso rispetto della donna”. E ancora: “Non sarà un trofeo da esibire o un bottino da condividere, ma una dea da onorare, una libertina da adorare. Dominerà i dibatti tanto quanti i momenti di passione, imporrà i suoi desideri e anche i suoi capricci. Il sesso sarà soltanto la ciliegina sulla torta. La donna non dovrà solo sentirsi a casa propria, dovrà sentirsi meglio. Sarà la mia principessa”. Fin dalla nascita del club, Valérie ha sempre organizzato serate a tema: dal libertinage sofisticato del secolo dei Lumi alle fantasie erotiche di “Emmanuelle” di Just Jaeckin, la maîtresse delle Chandelles sa come soddisfare i suoi esigentissimi clienti.

 

Come in quella serata del 2010 ispirata alle atmosfere ambigue di “Eyes Wide Shut” di Stanley Kubrick, tra maschere veneziane e musiche di Ligeti. Nel capitolo “Lubrique Kubrick”, Valérie descrive alcune scene: “Vicino a un buffet, nuda e a quattro zampe, una donna alza fieramente la sua testa in direzione degli ospiti. I macarons di Ladurée appoggiati sulla sua schiena vengono degustati da uomini e donne. Le loro mani scivolano sulla sua colonna vertebrale, le accarezzano i capelli o la sculacciano (…) In ogni istante, l’immaginario fecondo dei miei ospiti mi sorprende e soddisfa la mia curiosità maliziosa: esprimono la loro creatività erotica in una successione di gesti audaci, spettacoli da assaporare con gli occhi o da condividere assieme a loro”. Lo scrittore dandy Frédéric Beigbeder e il celebre animatore televisivo Thierry Ardisson non hanno mai fatto mistero di essere stati (di essere ancora?) degli habitué della maison di Madame Valérie. Ma alle Chandelles, nella marea di corpi che si intrecciano nei cosiddetti “saloni orizzontali”, le alcove dell’abbandono ai piaceri della carne, può capitare di incrociare anche qualche ministro o aspirante presidente della République. Nel 2006, il libro di Christophe Deloire e Christophe Dubois, “Sexus Politicus”, rivelò che l’ex direttore del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn frequentava con una certa regolarità il boudoir raffinato di Madame Valérie, anche se quest’ultima, al Parisien, ha detto che è “soltanto un mito”, “al massimo, è venuto una volta”. La regina delle Chandelles fa di tutto, comunque, per garantire il completo anonimato dei suoi clienti, ed evitare problemi di ogni tipo. All’ingresso, oltre a cappotto e borse, bisogna lasciare anche chiavi e telefonini: una foto o un video registrato lì dentro e gettato nell’oceano del web può rapidamente rovinare una carriera (o una famiglia). Ma nonostante gli sforzi di Madame Valérie, alcuni nomi circolano comunque. Come quello di Gérald Darmanin, attuale ministro dell’Interno del governo francese. La sua frequentazione del club è emersa nel quadro dell’inchiesta per stupro di cui è oggetto dal 2017 dopo le accuse di un’ex militante dell’Ump (il partito gollista che oggi ha cambiato livrea, “Les Républicains”, e di cui Darmanin era membro fino al 2016).

 

Ne 2009, Sophie Spatz, così si chiama l’accusatrice, passò una serata con l’allora responsabile degli affari legali dell’Ump, serata che iniziò “Chez Françoise”, celebre ristorante vicino all’Assemblea nazionale, e continuò in un posto assai particolare, dove lei non era mai stata: “Mi ha chiesto di andare con lui alle Chandelles perché non poteva entrare da solo”. Negli anni Duemila, la Francia contava tra le quattrocento e le cinquecento boîtes libertine. Il dilagare di internet e di siti dedicati allo scambismo ha fatto chiudere i battenti a molte di queste: sempre più coppie preferiscono ritrovarsi in appartamenti privati, disertando i luoghi specializzati. Ma a chi glielo fa notare Madame Valérie risponde così: “Sul web, le persone consumano sesso. Io vendo un mistero. Non ha nulla a che vedere”. Figlia di due agricoltori bretoni, dopo un’infanzia e un’adolescenza piene di ferite, Valérie ha cercato a lungo la felicità, e l’ha trovata a “Paname”, a Parigi, in quel tratto di rue Thérèse dove ha costruito il suo scrigno magico, il suo angolo di jouissance, di godimento, di estasi. “Qui, saranno gli uomini ad accompagnare le donne, e non il contrario. Qui, i comportamenti scortesi, volgari, aggressivi o misogini saranno proscritti. La donna si ritroverà con il proprio desiderio. Il suo immaginario erotico si moltiplicherà attraverso gli specchi e le perline di cristallo. Le Chandelles saranno il luogo in cui i corpi delle donne canteranno: ‘les chants d’elles’”, scrive nel libro Valérie Hervo, ricordando i suoi primi pensieri a pochi mesi dall’inaugurazione. Che avvenne nella notte tra il 24 e il 25 dicembre 1993.

 

“In questo luogo dove tutto è possibile, bisogna fare l’impossibile per soddisfare ogni persona”, racconta Madame Valérie. Per lei, non c’è nulla di più femminista delle Chandelles, un rifugio del piacere dove le donne non saranno mai importunate, si sentiranno sempre al sicuro e potranno esprimersi liberamente: “Non c’è nessuna guerra dei sessi nel mio modo di pensare. Credo semplicemente che la donna sia un tesoro che bisogna meritarsi. Anche e soprattutto quando si offre o si abbandona all’uomo. Gli uomini adorano questo spirito: essendo scelti dalle dee del club, si sentono privilegiati. E’ una condivisione in cui sono allo stesso tempo attori e spettatori, e sempre ammiratori”. A chi afferma che una donna non può essere femminista se si mette i tacchi a spillo, Madame Valérie ricorda che “femminilità e femminismo non sono dei valori antagonisti, tutt’altro”. E quando qualcuno le chiede quale sia il suo motto, lei non ha dubbi: “Libertins, égalité, fraternité”.

 

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