La Valle dei Templi, ad Agrigento (foto Unsplash)

Progetti, non mantra. Che idee porterà l'Italia al G20-Cultura

Lorenzo Casini*

Dati e studi mostrano la necessità di armonizzare e riallineare i contenuti della formazione con il modo in cui il patrimonio culturale si manifesta ed evolve. Come risolvere questo disallineamento e ripartire dopo la pandemia

Uno dei principali problemi nell’ambito della formazione del settore culturale italiano è la distanza tra i programmi e la realtà, tra le materie insegnate e le vere questioni da trattare. Le discipline sono concepite come rigidamente separate e vi è ancora poca attenzione alle competenze realmente necessarie per operare in modo efficace. Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà sono diventate un “mantra”, ma nella maggior parte dei casi restano parole vuote e i programmi sono spesso pieni di pillole di tutto e non identificano davvero il profilo da formare. Dati e studi mostrano la necessità di armonizzare e riallineare i contenuti della formazione con il modo in cui la cultura e il patrimonio culturale si manifestano ed evolvono. Come risolvere questo disallineamento? Un “dominio” principale di riferimento, che può richiedere molti anni di formazione, come avviene per esempio nel caso dell’archeologia, deve essere completato con altre metodologie, competenze e discipline scelte accuratamente sulla base della figura che si intende formare. Questa “cross pollination” dovrebbe fondarsi sull’analisi di casi concreti, lo studio di risoluzione dei problemi e una maggiore contestualizzazione. E questo ci porta a un altro tema, quello della complessità.

 

La cultura e il patrimonio culturale sono tra i settori di studio più complessi in assoluto, che vedono l’interazione tra numerosi metodi, scienze e discipline. Riguardano una quantità notevole di interessi pubblici e privati: demolire o ristrutturare un particolare palazzo di interesse artistico o storico? Un’opera d’arte può essere esportata per sempre? Come trattare i reperti archeologici quando progettiamo un’infrastruttura? Solo in ambito giuridico, il patrimonio culturale attiene a quasi ogni ramo del diritto: internazionale, costituzionale, amministrativo e privato. La cultura e il patrimonio culturale possono essere visti come una “bottega”, un laboratorio d’artigiano, in cui ogni studioso o professionista può imparare ad analizzare e gestire la complessità. È uno spazio dove cimentarsi con i problemi contemporanei, incluse le sfide prodotte dalle nuove tecnologie e dall’era digitale. La cultura e il patrimonio culturale ci danno un cannocchiale – prendo in prestito questa metafora dall’idea di storia di Carlo Ginzburg – per guardare in più direzioni, per vedere la realtà sia da una grande distanza, sia nei minimi dettagli. Questa capacità di usare il cannocchiale in entrambe le direzioni è il valore più prezioso e generale delle scienze umane e storiche. Le scienze umane ci forniscono quel cannocchiale di cui spesso le scienze dure hanno bisogno. Per questo i paesi in cui gli studi sul patrimonio culturale hanno una lunga storia e tradizione dovrebbero cooperare con quelli in cui tali studi stanno ancora emergendo. 

 

Il dialogo e lo scambio di idee e di migliori pratiche tra gli stati, come chi scrive ha avuto modo di ricordare qualche giorno fa nel corso del terzo e ultimo webinar organizzato dalla sessione ministeriale “Cultura” della presidenza italiana del G20, sono essenziali se si vuole promuovere la formazione e la conoscenza. A tal fine, il patrimonio culturale e la cultura sono uno strumento straordinario e insostituibile, sin dall’età scolare. Sono anche la migliore garanzia possibile per favorire l’uguaglianza e per assicurare una migliore tutela dei diritti umani, contro l’odio, la discriminazione e la violenza. Cultura e patrimonio culturale sono e debbono essere anche i cardini della ripartenza sociale ed economica per superare la pandemia. Ed è anche per questo motivo che l’Italia ha voluto che il G20 avesse una sessione dedicata alla cultura

 

*Lorenzo Casini, Capo di gabinetto del ministero della Cultura e professore di Cultural Heritage Law nella Scuola IMT Alti studi di Lucca

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