Il lutto

Addio Milva, "rossa", mondina. La vita e la sua opera (da tre soldi)

Nel 1965 l'album "Canti della libertà" con dedica di Franco Antonicelli

Maurizio Stefanini

Aveva iniziato nelle balere, il sodalizio con Jannacci, la fede politica rivendicata, e poi Brecht, Strehler. La sola a essere colta e nello stesso tempo popolare

Proprio alla vigilia del 25 aprile, lei che era stata una delle prime artiste a incidere “Bella ciao” - e nella versione delle mondine a portarla addirittura a Canzonissima - è morta a Milano Milva, all’età di 81 anni. Per l’anagrafe era Maria Ilva Biolcati: nata il 17 luglio 1939 a Goro, comune di 3600 abitanti in provincia di Ferrara, da cui il soprannome di “Pantera di Goro”.

Un  nomignolo anni ’60 per la componente di un trio totemico di grandi interpreti assieme alla “Tigre di Cremona” Mina e all’”Aquila di Ligonchio” Iva Zanicchi, cui in seguito è stata aggiunta anche “l’Usignolo di Cavriago” Orietta Berti. La chiamavano anche “La Rossa”, in realtà. Era anche il titolo di una famosa canzone scritta per lei da Enzo Jannacci, e dell’album che poi lei e Enzo Jannacci aveva dedicato nel 1980. Per il colore dei capelli, in realtà. Ma lei lo aveva rivendicato anche alla sua fede politica: “Salutiamo con dolore Milva, grande artista e antifascista”, è stato il commiato dell’Anpi. 

 

È qua c’è forse una differenza rispetto ai sei anni da europarlamentare di Forza Italia fatti da Iva Zanicchi, ai commenti in tono liberale fatti da Mina quando fu commentatrice su Liberal e alla recente manifestazione di fede Cinque Stelle fatta da Orietta Berti. Ma anche la Zanicchi ha ricordato in lagrime la vecchia collega e amica, e i messaggi che lei le aveva mandato quando era stata col Covid.

 

Nella storia della musica italiana era in realtà partita come Sabrina: nome con cui iniziò a cantare giovanissima nelle balere del Basso Ferrarese. Ma poi nel 1959 arrivò prima su 7600 partecipanti al concorso voci nuove della Rai: una voce non solo nuova e fresca ma potentissima. Un contralto duttile come pochi: capace di sonorità particolari come di un solido vibrato e di un melisma personalissimo che erano un po’ il suo marchio di fabbrica. E così divenne Milva. Nome che i genitori in realtà avrebbero voluto darle, ma che il parroco aveva fatto modificare in Ilva Maria proprio perché di Santa Milva non ce ne era nessuno.

Nel 1960 ebbe un primo strepitoso successo col 45 giri “Flamenco rock”, che immaginava la ancora chiusa Spagna franchista alle prese con la modernizzazione. Nel 1961 arrivò terza a Sanremo con “Il mare nel cassetto”: canzone che fa parte di quel caratteristico repertorio di “brani da spiaggia” che, da “Legata a un granello di sabbia” a “Azzurro” passando per “Abbronzatissima”, “Sei diventata nera”, “Pinne, fucile e occhiali” o “Sapore di sale” celebravano gli italiani del Boom per la prima volta in grado di andare in vacanza in massa.

 

Sempre nel 1961 fu prima e seconda al festival “Giugno della Canzone Napoletana”, in coppia con voci classiche come Nunzio Gallo e Mario Trevi. Nel 1962 fu seconda a Sanremo con “Tango italiano”: anche qui in coppia con una vecchia gloria come Sergio Bruni. 

 

Nel 1964 nella famosa “Biblioteca di Studio Uno” con il Quartetto Cetra fu una Calipso che appunto a tempo di calipso con la sua caratteristica voce abbuffava l’Ulisse-Felice Chiusano. “Vuoi una pesca/ o una banana”. “Sì Calipso/ pure un’ananas” “Saltimbocca/ alla romana?” “No perché/ se no divento gras”.

 

Ma nel 1965 incise un memorabile album “Canti della libertà” con in copertina “La libertà che guida il popolo” du Delacroix, e con una introduzione-dedica di Franco Antonicelli, già presidente del Cln piemontese. “Milva con la bandiera in pugno, Milva sulle barricate come l’incitatrice ardente della ‘Marsellaise’ nell’Arco di Trionfo di Parigi! È una immagine nuova: chi l’avrebbe inventata! Eccola davvero che canta, con una voce tesa e prorompente (che si ‘vede’ nel tempo stesso che la si ode), canzoni di battaglia, di libertà, di protesta.”

 

“Tra una ‘Marsellaise’ e una ‘Cucaracha’, tra l’addio a ‘Lugano bella’ degli anarchici e un lamento o grido di rivolta di schiavo negro o bianco, tra l’ironico capovolgimento di un canto nazista e la più famosa canzone di marcia della Resistenza italiana, c’è, si direbbe, una bella differenza”, osservava Antonicelli. “Ma la giovane Milva ha capito che la libertà ha, sotto vesti diverse, lo stesso animo e gli stessi nemici e gli stessi obiettivi, perciò ha dato al suo canto uno slancio, un’ispirazione, un potere comuni. Canta come se guidasse lei una schiera, come se fosse lei la Musa di tutte le insurrezioni. La giovane Milva! Certo è giovane, ma ella sa approssimarsi col suo spirito a eventi che la sua età, la sua conoscenza non hanno potuto neanche alla lontana accostare. Questo è, mi pare, un merito da mettere in rilievo, e tanto più volentieri lo faccio, ammirando questa sua intuizione, io che appartengo, sotto tanti aspetti, a un diverso mondo”.

 

Milva aveva allora solo 26 anni. Ma già a 22 aveva spostato il regista Maurizio Corgnati, e a 24 aveva avuto Martina: curatrice e critica d'arte, che ha assistito la madre fino all’ultimo. Il matrimonio finirà già nel 1969, ma lei lo definirà comunque “l’uomo più importante della mia vita” proprio per aver portato una figlia del popolo come lei ad avere interessi culturali inconsueti per una cantante italiana di successo degli anni ’60. Antonicelli fotografa appunto l’inizio di questa evoluzione che appariva all’epoca sensazionale, ma il fatto che subito prima dei “Canti per la libertà” avesse fatto una allegra parodia in Rai ci ricorda come a Milva non sia mai venuta la puzza sotto al naso.

 

A Sanremo dopo essere stata a 22 anni sarebbe andata ancora a 51, a 54 e a 68 anni. E con il nazional-popolare Al Bano avrebbe fatto un disco assieme nel 1999, dopo anni a interpretare Brecht e cinque anni prima di un altro album in cui mise in musica le poesie di Alda Merini. Ma senza mai rifiutare il varietà tv.

 

Massimo segnale di questa straordinaria versatilità, quei ben 173 tra album in studio, album live e raccolte che costituiscono un record, per gli artisti italiani. Ma ha inciso anche in Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud, Grecia e America Latina, vendendo 80 milioni di dischi. Ed è stata anche l’unica artista italiana a diventare allo stesso tempo Ufficiale dell'Ordre des arts et des lettres in Francia nel 1995, Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania nel 20006, Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2007 e  Cavaliere della Legion d'onore della Repubblica Francese nel 2009.

 

Dal punto di vista della cultura francese era stata una grande interprete di cover in italiano di  Édith Piaf,  a partire da un “Milord”del 1960 che fu uno dei suoi primi grandi successi, oltre ad essere stata una star dell’Olympia di Parigi.

Dal punto di vista della cultura tedesca dagli anni ’70 era stata una grande interprete di Brecht, non solo come Jenny dei pirati nell’”Opera da tra soldi” ,  soprattutto per la regia di Giorgio Strehler, con cui era approdata dopo aver esordito nel teatro leggero con  Gino Bramieri e David Riondino. Ma di Germania parla anche “Alexander Platz” : brano di Franco Battiato in cui la cantante “rossa” si occupa però del Muro di Berlino sette anni prima della sua caduta, e che è all’inizio di una importante collaborazione che ha prodotto ben tre album. Ma anche questa vetta viene dopo la presentazione di un programma di varietà come “Palcoscenico”, nel 1980. In cui aveva ricordato scherzosamente di essere stata la cantante italiana che aveva partecipato a più Festival di Sanremo, ma senza mai vincerne neanche uno.   

 

Tra le cover di Milva, poi, a parte la Piaf va ricordata per lo meno la memorabile “La filanda”: dalla regina del folk portoghese  Amália Rodrigues, con cui nel 1972 ottenne la “Gondola d'Oro” per le vendite del 45 giri alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia.

 

Tra le collaborazione a parte Battiato e Jannacci, Don Backy, con cui ebbe un terzo posto a Sanremo, Luciano Berio, per il quale fece il Primo cantastorie in “La vera storia” su libretto di Italo Calvino;  Astor Piazzolla,  che le dedicò l’opera da lei interpretata “Maria de Buenos Aires” ; Ennio Morricone, che pure le dedicò un intero lp;   e poi Francis Lai , Mikīs Theodōrakīs, il giapponese Shinji Tanimura. E in teatro era stata anche nel 1993 il principe Orlofsky nel “Pipistrello” per la regia di Peter Maag.

Nel 2010 aveva infine abbandonato le scene, a 71 anni, dopo mezzo secolo di carriera.  “Ritengo che proprio questa speciale combinazione di capacità, versatilità e passione sia stato il mio dono più prezioso e memorabile al pubblico e alla musica che ho interpretato e per quello voglio essere ricordata”, aveva spiegato. “Oggi questa magica e difficile combinazione forse non mi è più accessibile: per questo, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa, qualche affanno metabolico; e, soprattutto, dati gli inevitabili veli che l'età dispiega sia sulle corde vocali sia sulla prontezza di riflessi, l'energia e la capacità di resistenza e di fatica, ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro in direzione della sala d'incisione, da dove posso continuare ad offrire ancora un contributo pregevole e sofisticato».

 

In realtà avrebbe poi fatto qualche altra comparsa. L’ultima, nel 2013.

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