L'intervista della domenica

Acqua e sale

Simonetta Sciandivasci

Via dei Matti numero zero, la levità, l'ispirazione, i fiumi, Osho, Pannella, l'improvvisazione, la fine del mondo. Conversazione con Valentina Cenni e Stefano Bollani 

Il vaccino che, per primo, ha tracciato l’inizio della fine del disastro in cui siamo finiti, lo Pfizer, lo hanno trovato due scienziati che sono marito e moglie, Uğur Şahin e Özlem Türeci. Bel colpo, fantastico manrovescio: l’antidoto al virus dell’isolamento, del tu, è arrivato da una coppia, da un noi. È la cosa che mi viene in mente quando guardo “Via dei Matti numero Zero”, il programma che Valentina Cenni e Stefano Bollani conducono da qualche settimana su Rai3, ogni sera a ora di cena, e che qualcosa di vaccinale ha, è.

Sono marito e moglie anche Cenni e Bollani. Lei è un’attrice, lui un musicista, la prima volta che hanno lavorato insieme è stato per portare a teatro uno spettacolo, “La regina Dada”, cinque anni fa, e adesso per la prima volta fanno televisione uno di fianco all'altra e sembra che non facciano altro da una vita, forse perché il programma assomiglia alla loro vita. Bollani è al pianoforte, lei è in piedi: parlano di tutto e poi duettano, a volte insieme ad altri artisti che vanno a trovarli in questo salotto intimo e pubblico dove ogni sera c’è una festa che è molte cose, uno spettacolo, un concerto, un simposio. Cenni guida e Bollani accompagna, ogni tanto è il contrario, e le strade sono sempre decine, per ogni parola c’è un rimando, una canzone, un altrove. La musica conduce ovunque, è il ponte, il legame possibile tra tutte le cose.

Osservo questi due artisti nel loro salotto rettangolare che sembra costruito intorno al pianoforte a coda che lo domina, e mi sembrano identici a come sono in tv, solo che in tv non si baciano e invece qui sì. Dobbiamo parlare del programma, ma io vorrei solamente sapere il segreto di un amore tanto allegro e operoso – capirò che non c’è alcun segreto: è culo.

 

Sembrate nati per fare la televisione da casa vostra. Lei, Bollani, è recordista di “siediti qui e fai quello che vuoi”: tutte le volte che l’ho vista in tv, c’era qualcuno che le diceva di mettersi al pianoforte e fare cosa e come le pareva.

Bollani: Lo ammetto, ho avuto spesso questa fortuna. Stavolta in particolare abbiamo carta bianca anche perché abbiamo una squadra fantastica, quella della Rai che ha avuto l’idea più quella di Ballandi, la società di produzione che l’ha realizzata con noi. Quando il direttore di rete, Franco Di Mare ci ha chiamati per proporci il programma, ci ha detto proprio questo: massima libertà, fate come volete, siete a casa.

Cenni: Ci è stata data molta fiducia sin dall’’inizio: Di Mare ci aveva proposto un numero più alto di puntate, sebbene non avessimo ancora fatto nemmeno una prova e io non avessi mai fatto televisione prima. È stato un salto nel buio, come l’inizio di ogni vera avventura.

 

Che posto ha la disciplina nel vostro lavoro?

Cenni: Per me è molto importante, senza non potrei studiare danza classica, cosa che faccio da anni, né sarei riuscita a diventare attrice. La recitazione richiede esercizio quotidiano e dedizione assoluta. Quando studiavo in Accademia, non potevo assentarmi mai, per nessuno motivo, nemmeno familiare.

Bollani: Anche io ho fatto le scuole, per carità, ma quando vado sul palco sono poco disciplinato. Suono con altri musicisti, di solito non più di tre, con loro ci coordiniamo suonando, senza troppe regole e prove: per lo più improvvisiamo.

 

Come si concilia la disciplina con l’improvvisazione?

Bollani: Valentina, per sua abitudine e soprattutto per le cose che ha fatto, ama le prove, sviscera i dettagli, mentre io amo salire sul palco e lasciarmi andare: abbiamo trovato una buona via di mezzo partendo da questi due punti così lontani, che ci parevano persino inconciliabili. Ovviamente, dopo abbiamo scoperto che lei ama improvvisare più di quanto pensasse e che io amo i dettagli più di quanto pensassi, ora mi capita di incistarmi su una parola, pensarci su per ore, immaginare possibili scenari, prendere le misure a tutte le eventualità.

Cenni: Se non ci sono gli argini, il fiume non può scorrere, né esondare per cercare altre strade e rompere lo schema prestabilito. Per fare qualcosa di nuovo e dirompente, è importante partire da una base solida. Picasso era saldamente radicato al suo ruolo da una cultura e una preparazione vastissime: per questo riuscì a stravolgerle e, dopo, a inventare.

 

A proposito di argini, credete in Dio?

Bollani: Sento che c’è una forza intelligente che anima le cose. Anima anche noi.

 

Riconoscere l’esistenza di Dio significa rimpicciolirsi?

Bollani: In realtà per me l’accento è sulla parola intelligente. Io sento, non credo. Sento un’energia intelligente che è in tutte le cose e questo significa che io, lei e la formica siamo permeati dalla stessa sostanza divina: allora, tutto è divino. E mi pare un ampliamento. 

 

La vostra radiosità viene dal sapervi in navigazione su un fiume sconosciuto ma a bordo di un’imbarcazione sicura?

Bollani: È molto più semplice. Suonando e cantando si risolvono un sacco di cose, senza bisogno di spiegarle. La forza del programma è che a un certo punto arriva una canzone: in quel momento tutto diventa universale e nessuna diversità viene fraintesa. Le parole, invece, dividono. L’arte, la musica in particolare, è il mondo dove ci si può intendere con tutti, è la lingua di tutti.

Cenni: Per me ogni accadimento è sempre necessario, imprescindibile: se una cosa accade, significa che è necessaria. Questo mi aiuta a non essere turbata nemmeno dalle cose peggiori, a vedere una luce in tutto. La pandemia penso che sia e sarà necessaria alla mia evoluzione, pur nella sua crudeltà, ed è per questo che penso di avere il dovere di capirla, accoglierla e affrontarla, ma non di temerla. Non so se sia vero che il dolore è utile, forse no. Di certo, però, è inutile la paura.

 

Siete felici o sereni?

Bollani: Non colgo la differenza. Forse non sono stato nessuna delle due cose, le trovo molto simili, mi dica lei se, invece, sono diverse.

Ma sa che non l’ho mai capito?

Bollani: Il nostro amico Igor Sibaldi fa una distinzione fra felice e contento, non tra sereno e felice, e dice che il contento è colui che si accontenta e sta un passo indietro rispetto al felice.

Cenni: Anche il felice, però, a Sibaldi non convince. Noi siamo felici perché siamo entusiasti di stare qua, di vivere, di sentire la simpatia che la gente prova per noi.

 

Non avete nemmeno un hater, ho controllato su tutti i social.

Bollani: Qualcuno c’è, ma poca roba. Ora che mi ci fa pensare, è una cosa molto pericolosa.

 

Potrebbe instaurare una dittatura con questo consenso plebiscitario, dice?

Bollani: No, ma si figuri, troppe rogne.

Cenni: A me stupisce il desiderio che le persone hanno di comunicare con noi, di ringraziarci per quello che facciamo. Mi rendo conto che hanno bisogno di bellezza.

 

L’attenzione e il calore vi fanno sentire in dovere verso il pubblico? E soprattutto, dilemma classico: date alle persone ciò che chiedono o ciò che secondo voi farebbe loro del bene?

Bollani: Io non lavoro: io suono. Lo faccio proprio per non dovermi sentire in dovere di niente. Mi piace aprire il baule dei miei giochi e dire: lo sai che a me piace tanto questa suonata di Chopin, l’ho messa anche in un mio brano, te lo faccio sentire, mi ricorda quest’altra cosa, te la canto. Non lo faccio per dovere, ma perché ne ho voglia. Sono come i bambini che in camera loro ti fanno vedere tutti i giochi che hanno, perché ne sono entusiasti.

 

In quella gratitudine che vi manifesta chi vi segue, non credete ci sia la risposta al fatto che l’artista ha un ruolo politico?

Cenni: Se per atto politico intendiamo l’agire per la polis, sì. Per me fare arte significa condividere la bellezza e la gioia, di modo che siano di sprone e d’ispirazione per espandere la coscienza e la consapevolezza degli altri verso la bellezza e il modo in cui ciascuno può contribuire a preservarla e crearne di nuova. Faccio il mio lavoro con amore, perché mi fa bene: la gente lo percepisce e ne beneficia. Quando siamo felici, siamo contagiosi: indipendentemente dalle ragioni per cui lo siamo e dalle cose che facciamo per esserlo, agli altri trasmettiamo un’energia che li rende felici a loro volta e che impiegheranno per fare tutt’altro.

Bollani: La politica nel senso della polis, come l’ha intesa Valentina, mi fa sentire chiamato a contribuire al suo mantenimento e miglioramento. Per la polis tutti dovrebbero dare il meglio di sé. Dei partiti, invece, mi importa quasi niente, anzi niente.

 

Lei da piccolo è stato un militante? Non mi dica di no: glielo leggo nei capelli.

Bollani: Da ragazzino ho fatto qualche cosina. A diciotto anni andai alla sede di un partito che non le dico, perché deve indovinarlo, e mi tesserai, per un anno. Non andai nemmeno a una riunione o a una manifestazione e, alla fine, non rinnovai la tessera: non perché fossi deluso, semplicemente capii che potevo seguire quel partito e, soprattutto, il suo leader, che era la ragione per cui ero iscritto, anche da fuori, senza tessere. In fondo, lo faccio ancora, un pochino. Ha indovinato il partito?

 

Chiedo l’aiuto da casa a Cenni.

Pannella! Radicali! E chi altrimenti? Non possiamo non dirci non radicali, con o senza tessera, no?

 

Bollani, lei una volta, quando era molto giovane, ha detto che in questo paese si passa facilmente dall’essere una brillante promessa a una tragica realtà. Ora è diventato una tragica realtà?

Sì, la frase era una rimodulazione dei tre stadi dello scrittore italiano: brillante promessa, venerato maestro, solito stronzo.

 

Lei vuole diventare venerato maestro?

No no, mi va benissimo essere una tragica realtà. La versione che ho citato era di Bruno Tommaso, un musicista che una volta mi raccontò di essersi presentato all’orchestra che avrebbe diretto dicendo: buongiorno, sono Bruno Tommaso, un giorno ero considerato una brillante promessa e ora sono qui davanti a voi come tragica realtà.

 

Però la musica la suona e la divulga così bene che sarebbe un maestro eccezionale. Allora le chiedo: tutti possono impararla?

Certo che sì.

 

A qualsiasi età?

Sarebbe meglio cominciare da piccoli, non soltanto perché si è più veloci e freschi, si è spugne, come si dice, ma perché la musica forgia il pensiero, allarga la prospettiva, aumenta gli strumenti di comprensione della realtà, e allora è bene disporne il prima possibile.

 

Si può nascere portati o negati per uno strumento? Glielo chiedo perché quando ero piccola, il mio maestro di chitarra mi disse, dopo pochissime lezioni, che avrei dovuto rinunciare, perché non faceva per me.

Era solamente una sua opinione.

 

Però non ho mai imparato a suonare la chitarra.

Bollani: Di questo, se mi consente un momento Osho, la colpa è sua e del mondo in cui ha reagito a quel no, a quell’opinione. Si deve sempre avere la tenacia di fare altri tentativi.

Cenni: Prima di “Via dei Matti numero zero”, non avevo mai cantato davanti a un pubblico. Avrebbero potuto massacrarmi. Ho scelto di non pensarci, altrimenti mi sarei bloccata, e ho smesso di temere qualsiasi giudizio, pur sapendo che ce ne sarebbero stati, com’era giusto che fosse. Credo però che l’autenticità che ne è derivata abbia colpito il pubblico e che sia lì la ragione per cui siamo stati travolti da una cascata di affetto.

 

Avete fatto una puntata strepitosa sull’ispirazione. Cos’è per voi?

Cenni: Qualcosa che arriva e di cui siamo strumento. Qualcosa che non cogliamo né capiamo davvero, perché non si può capire ma solamente sentire: lei arriva e tu devi essere pronto ad accoglierla. Il nostro lavoro in parte consiste in questo, nel fare quello spazio.

Bollani: Basta non farsi fregare dal passato o dal futuro: vale nella vita e nel pianoforte è ancora più chiaro. Se io penso troppo a quello che ho appena fatto, e che magari è una cosa che mi è venuta male, o penso troppo a una cosa che sto per fare e che è molto difficile, mi agito e mi perdo. Antonio Bertoli, un nostro amico, diceva che il passato e il futuro sono due mostri che si mangiano il presente, che è la sola cosa in cui dobbiamo stare, la sola cui dobbiamo badare. L’ispirazione vive nel presente: arriva. Se ne frega di cosa c’era prima o cosa ci sarà dopo di lei.

 

Sergio Caputo ha detto a questo giornale che le canzoni sono nell'aria e arrivano all'improvviso, e infatti Prince diceva che non appena gliene arrivava una, la scriveva subito, altrimenti quella sarebbe andata da un altro, magari da Michael Jackson. Voi anche avete questo problema, oppure tutto ciò che arriva in questa casa, se non lo coglie Cenni, lo coglie Bollani, e viceversa? 

Bollani: Ammetto che ogni tanto mollo la presa, e mi fido del fatto che, quando mi distraggo, Valentina è attenta, concentrata.

Cenni: Per me è lo stesso. Abbiamo questa sinergia, credo si sia creata spontaneamente, non mi sembra di averci lavorato. Forse è una conseguenza dell'amore: non vuoi che la persona di fianco a te perda o si perda niente, mai. 

 

Quando avete capito di avere talento?

Cenni: Quando ho visto che recitare mi veniva facile e mi dava una gioia enorme, la più grande di tutte.

Bollani: Non ricordo. Ho iniziato a suonare a 5 anni e non ho memoria di me senza la musica: è come se fossi uscito dalla pancia di mia madre e ad aspettarmi ci fosse già un pianoforte. Mi hanno domandato spesso cosa sognassi di fare da piccolo e la sola cosa che so è che ho sempre saputo di voler stare su un palco. Da che ho memoria, racconto barzellette, canto, suono, imito.

 

Qual è il segreto del buon imitatore?

Cenni: L’ascolto. L’ascolto è tutto, sempre.

Bollani: Non lo faccio di professione, quindi non saprei. Io imito solamente quelli che mi vengono.

 

Dicono che non si può più dire niente, che stiamo inibendo tutto, dall’affettività alla libertà espressiva. Corriamo davvero questo pericolo?

Bollani: Penso che siamo vicini alla fine del mondo. Il modo in cui la affronteremo dipende da come la dipingiamo e interpretiamo, se come una catastrofe o come un cambiamento. Io sono per la seconda ipotesi. Per un bruco, l’apocalisse è diventare farfalla. Ci troviamo a questo punto: dobbiamo decidere se ideare un mondo nuovo e metterlo in pratica, unendo le nostre forze creative e inventive, oppure se rassegnarci alla fine. Del resto, il pianeta sopravviverà comunque, con o senza di noi. Forse, senza di noi che lo infestiamo, starà anche meglio. Se però vogliamo rimanerci, dobbiamo deciderlo con chiarezza e agire di conseguenza. È doveroso fare un passo in avanti e fare sì che i matti e gli eretici vengano fuori e offrano anche loro idee per un nuovo mondo. Questo è il momento delle idee nuove, non della tutela di quelle vecchie, come mi sembra di sentire ogni tanto nei dibattiti sul politicamente corretto e il non poter dire più nulla.

 

Com’è il mondo che desiderate?

Bollani: Ci sto ancora ragionando. Di certo, è un mondo dove possiamo condividere e stare tutti insieme. Il resto viene dopo. Su come e cosa fare dopo, mi confronto spesso con altri, prima o poi metterò su un team di cervelli.

Cenni: Come questo, ma più coraggioso.

 

Diamo una buona ragione per rendere la musica una materia di studio in tutte le scuole di ogni ordine e grado?

Bollani: Veneriamo gli antichi greci, diciamo che sono le fondamenta del nostro pensiero e però facciamo finta di non ricordare che per loro la musica era cruciale. Platone parlava della musica delle sfere come essenza di tutto; Pitagora inventò  l’accordatura, capì le relazioni matematiche che ci sono fra le note, scrisse che la musica cura; Platone e Socrate pensavano che la musica fosse fondamentale nell’educazione allo stesso modo della ginnastica e che con essa dovesse andare di pari passo.

 

Chi è una persona intelligente?

Bollani: Una che sa ascoltare gli altri.

Cenni: Vede che l’ascolto è tutto?

 

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.