Sos Scrittura, un coltellino svizzero per giornalisti

Maurizio Stefanini

Primo soccorso linguistico per “quanti, giornalisti o scrittori emergenti, cimentandosi con un testo, sono assaliti dal dubbio”

Il titolo “Sos Scrittura Primo soccorso linguistico”, assieme al disegno di copertina di una mano tra le onde che annaspa verso una penna, suggerisce l’idea di una ciambella di salvataggio. Responsabile della Formazione per l’Ordine dei giornalisti del Lazio, Carlo Picozza spiega nell’Introduzione che, piuttosto, questo libro da lui scritto per Media&Books assieme a Fausto Raso a Santo Strati (304 pagg., 18,00 euro) va paragonato a “un coltellino dell’esercito svizzero” per “quanti, giornalisti o scrittori emergenti, cimentandosi con un testo, sono assaliti dal dubbio”.

 

 

Inframezzate dalle vignette di Massimo Bucchi, di “lame” del coltello multiuso partono da un “Giornalismo errori e orrori”. Da “a meno che – si sconsiglia l’uso di questa locuzione avverbiale nell’accezione di purché non, salvo che, eccetto che, fuorché e simili”, fino a “zozzo – sta per sudicio, sporco; se ne sconsiglia l’uso”. Appunto, a meno che non si voglia scrivere zozzo, fino al punto di confondere “bagascia e bagassa – i due sostantivi non sono sinonimi. Il primo (con il plurale bagasce) sta per sgualdrina; il secondo, invece, indica il residuo della lavorazione della canna da zucchero”.

 

Vengono poi “I lemmi della tecnologia”. Da “A4 – il formato standard europeo di carta per le stampanti” a “Zx Spectrum – il microcomputer sviluppato e prodotto da sir Clive Sinclair con il microprocessore Z80”. Cose da capire a volte appunto per evitarle: “T9 – il sistema che integra e corregge la digitazione dei testi sui telefoni cellulari, spesso provocando anche bizzarre espressioni senza senso. I giornalisti se ne devono tenere alla larga”. Segue una lista di “acronimi acrobatici”: dall’Aa di Accademia aeronautica, Alcolisti anonimi e Anno accademico, alla Ztl di Zona a traffico limitato. Forse pensando a George Orwell quando metteva in guardia dalle metafore stantie, il successivo “bestiario dei luoghi comuni” va da “A botta calda” allo “Zoccolo duro” di occhettiana memoria. “Verbi, avverbi e dintorni” è la parte più didascalica, anche se resta una “cassetta degli attrezzi minima”.

 

Infine, un “Ipse dixit” di giornalisti che provano a spiegare il lavoro. In alcuni casi con battute: da “Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari lunghi, anche notturni e festivi, ma è sempre meglio che lavorare” di Luigi Barzini jr, al “Così divenni un giornalista. Ho odiato farlo ma non ero riuscito a trovare un lavoro onesto” di Mark Twain. Ma altre volte l’ironia scava nel profondo. “Non avere un pensiero e saperlo esprimere; è questo che fa di qualcuno un giornalista. (Karl Kraus)”. “Un vero giornalista: spiega benissimo quello che non sa. (Leo Longanesi)”. Merita una menzione speciale l’aforisma di Sergio Lepri: “Non ho voluto mai conoscere le idee politiche dei miei redattori dell’Ansa, ma ai nuovi assunti ho sempre raccomandato di non farmele apprendere leggendo i loro pezzi”. Autore anche della Presentazione di questo libro, alla bella età di 102 anni!

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