Ecco "Commando Culotte": addio a tanti spassi cinematografici
L'ultima graphic novel di Mirion Malle. Ci mancavano solo i disegnini per denunciare il sessimo nella pop culture
Non vi è ancora chiaro dove sbagliate, a dispetto della bibliografia consigliata dall’editore Feltrinelli per combattere l’omofobia, la bifobia, la transfobia? (cadeva ieri, ma non è mai troppo tardi per pentirsi e migliorarsi). Ora c’è il disegno. Tanti disegni, praticamente una graphic novel: Commando culotte di Mirion Malle, disegnatrice e attivista francese. “Commando mutandina” (appena pubblicato da L’Orma) raccoglie le tavole del blog che esamina la pop culture per denunciare ogni traccia di sessismo – e omofobia, e transfobia, e razzismo.
Tutto quel che forse non ci farà meritare la galera, ma sicuramente toglierà di mezzo un bel po’ di spassi cinematografici. La letteratura per fortuna non è considerata abbastanza pop, né in grado “di influenzare la gente”, come diceva Lenny Bruce nella sua autobiografia “Come parlare sporco e influenzare la gente”. Il geniale artista brutalmente scopiazzato da Pio e Amedeo nel celebre monologo che non faceva ridere, e sicuramente non ha influenzato nessuno. Se invece non conoscono l’originale, devono aver perso qualche lezione al corso di comicità.
Son fumetti, abbiamo detto. Preceduti da una paginetta che parla della pubblicità e dei mass media con toni che – se il lettore non fosse avvertito: questi sono intellettuali di sinistra, raffinati e all’avanguardia – ricordano certi predicozzi degli anni 60: la televisione fa male, il cinema peggio, dappertutto ci sono persuasori occulti che inculcano nelle nostre testoline idee pericolose e offensive verso le donne (e i neri, e i gay, e i trans, e anche i bisessuali, che nella nostra ingenuità pensavamo non avessero nemici).
Dopo qualche cenno generale sulle poche registe, le poche sceneggiatrici, i pochi film con donne protagoniste, entra un piccolo classico, il Bechdel Test. Un film femminista deve avere almeno due femmine in scena, ognuna con nome e cognome. Le due signore devono parlare tra loro di qualsiasi argomento che non siano i maschi. Sono anni che gira, e da anni nessuno ricorda che Alison Bechdel disegna, con tutto l’orgoglio del caso, un fumetto per lesbiche. Che vogliono andare a vedere film con le lesbiche (qui caratterizzate come le sole femmine interessate a qualcosa che non siano i maschi: non è certo se valga o no l’organizzazione del matrimonio).
“Sarà come la pillola di Matrix”, promette Mirion Malle: vedrai che il sessismo si annida ovunque (con il suo sgradevole parentado di fobie sessuali e razziali). Forte della pillolina che rivela il mondo com’è, la fumettista parte all’attacco di “Game of Thrones”. Per capirci, una serie che nella prima stagione aveva uova di dragone, che più avanti puntualmente si schiuderanno, e i piccolini cresciuti saranno imbattibili sputafuoco. Una serie ambientata in un mondo e in un tempo di fantasia. Tanto di fantasia che ha un certo numero di donne guerriere, potenti, intriganti, dominatrici, regine. Non va bene, non è abbastanza, le quote non sono state applicate come dovevasi.
Altro film da dissezionare: “American Pie”. Chiunque se lo ricorda per maschi tanto arrapati da scoparsi una torta di mele ancora tiepida (senza preoccuparsi di chiedere il consenso). Non è una gran scoperta. Come del resto sapevamo che “La rivincita delle bionde” non era per niente sciocco. Arriva poi il capitolo che insegna ai maschi cosa vuol dire essere femministi, con la precisazione che devono diventarlo per loro stessi, non per compiacere le donne. Di nuovo il predicozzo, e un discorsetto stantio sulle Barbie diseducative. La prova? Barbie dottoressa e Barbie astronauta costavano più delle altre, quindi nessuno le comprava. Tutto chiaro, adesso?