Si può storicizzare il male? Il dibattito sulla riedizione del “Mein Kampf”
Un libro "scritto in maniera abominevole", tanto quanto le tesi che vi sono esposte". Arriva in Francia una nuova traduzione contestualizzata: a circolazione ridottissima e con incasso interamente devoluto alla Fondazione Auschwitz-Birkenau. Ma fa comunque discutere
Lo scrittore Marcel Ray, uno dei primi francesi ad averlo letto, lo giudicava nel 1930 come un “guazzabuglio quasi illeggibile”. Olivier Mannoni, cui è stata affidata la traduzione del testo che uscirà il prossimo 2 giugno per le edizioni Fayard sotto il titolo “Historiciser le mal, une édition critique du Mein Kampf”, ha parlato di un libro “scritto in maniera abominevole”, tanto quanto le tesi che vi sono esposte. La crisi sanitaria ha soltanto ritardato l’uscita della nuova traduzione francese del manifesto antisemita di Adolf Hitler scritto nella prigione di Landsberg tra il 1924 e il 1925, dell’opera “mostruosa ma necessaria per la comprensione del nazismo”, come scrive il Figaro: Fayard non ha ritirato il progetto nonostante le pressioni, le lettere minatorie e gli insulti (“risveglierete la bestia immonda”), convinta dell’importanza di storicizzare anche le pagine più buie del nostro mondo, di guardare in faccia il male.
“La nostra intenzione non è mai stata quella di ripubblicare ‘Mein Kampf’, non avrebbe avuto alcun senso”, ha dichiarato mercoledì durante la conferenza stampa di presentazione la presidente di Fayard Sophie de Closets, spiegando, però, che sarebbe stato irresponsabile non proporre una traduzione di riferimento, assortita di tutti gli strumenti che permettano ai lettori di individuare e comprendere le menzogne, le manipolazioni e i deliri dell’autore. Fayard ha tenuto a precisare che non incasserà un solo centesimo dei 100 euro del prezzo di vendita (gli introiti saranno integralmente devoluti alla Fondazione Auschwitz-Birkenau) e che il libro non verrà venduto attraverso gli abituali canali di distribuzione: i venditori al dettaglio che vorranno avere alcune copie nel loro esercizio dovranno fare una specifica richiesta all’editore.
La riedizione, frutto di un lavoro congiunto durato cinque anni che ha coinvolto una quarantina di storici, ricercatori ed esperti del periodo nazista, sta comunque dividendo la Francia tra chi si chiede se fosse veramente urgente pubblicare ora un libro così malefico, traboccante di orrori e di follie, e chi invece ritiene imprescindibile affrontarlo e studiarlo per non dimenticare e capire quell’epoca. “Fuggire il ‘Mein Kampf’, fuggire il male, metterlo sotto il tappeto e gettarlo nella spazzatura della Storia è una moralizzazione deplorevole della vita storica. Con questo approccio, non si dovrebbe più parlare di nessuna macchia nera della Storia”, ha spiegato lo storico Denis Peschanski.
La traduzione del “Mein Kampf” attualmente in circolazione risale al 1934, quando l’editore di estrema destra Fernand Sorlot, a capo delle Nouvelles Éditions latines e membro del Partito francista, formazione antisemita, decise di far conoscere le tesi di Hitler ai francesi. L’edizione Sorlot, tuttavia, presenta soltanto un breve avvertimento di otto pagine. La nuova edizione firmata Fayard contiene invece un apparato critico mastodontico, lungo tanto quanto il testo di Hitler e composto da 2.800 note. Ognuno dei ventisette capitoli ha inoltre un’introduzione curata dagli storici che si sono occupati della pubblicazione.
“Il lettore non è mai lasciato mano nella mano con Hitler”, ha detto durante la conferenza stampa l’avvocato franco-israeliano Serge Klarsfeld. Suo padre, Arno, fu deportato e ucciso ad Auschwitz. Lui, assieme alla moglie Beate, ha passato la vita a cacciare i criminali nazisti fuggiti dopo la Seconda guerra mondiale, e nel 1979 ha creato in Francia l’associazione Fils et filles des déportés juifs de France. Per il settimanale Obs, è la “garanzia morale” della casa editrice Fayard.