"Fra cinque anni? Forse sarò morta". Mila torna in tv
La liceale più famosa della Francia è comparsa in televisione dopo 100 mila minacce islamiste e un lockdown senza fine. “Porto sulle mie spalle la lotta di un paese”
“Muori sporca puttana, quando troverò il tuo indirizzo verrò e ti taglierò la gola con le mie stesse mani. Mangerai le tue viscere e quelle di tua madre. Voglio sentirti strillare come una scrofa. Vedi il mio coltello, ti taglierò la gola e quando sarai morta ti stuprerò. Ti bruceremo con l’acido, prima la faccia e poi i seni. Ti taglieremo la gola. Ti seppellirò viva. Ti troveremo e ti uccideremo. Soffrirai prima di morire. E’ solo un questione di tempo prima che ti troviamo”.
Si apre così, con un piccolo assaggio delle centomila minacce di morte che ha ricevuto in questi diciotto mesi, il libro di Mila, “Sono il prezzo della vostra libertà”, che Grasset pubblica domani in Francia. Sono trascorsi diciotto mesi da quando la liceale più famosa del paese ha parlato in televisione. E ieri è tornata a farlo alle telecamere di “Sept à huit”. Ora che si celebra il processo a chi l’ha minacciata di morte via social, quei social da cui è iniziato tutto, un anno e mezzo fa, quando questa liceale ha “offeso” l’islam.
“Anche quando sono fuori, sono in prigione”, racconta Mila, specificando che quando esce la polizia le fa indossare un cappello per coprirle i capelli blu. “No, non sono l’ispettore Gadget, sono una donna e ho bisogno di vivere”. Dice che la Francia è “fragile e codarda”. “Nessuno fa niente perché la gente ha paura”. Ma anche “con un coltello alla gola”, Mila rassicura: non smetterà mai di parlare. Come si vede fra cinque anni? “Forse sarò morta tra cinque anni”. E per chiarire il suo pensiero. “Sicuramente non rimarrò in vita e so che non è normale. Ed è allora che inizio a piangere. Perché non riesco a vedere il mio futuro come gli altri”.
Fuori, il mondo sta uscendo dai lockdown. “Il mio invece si è preso una pausa. Chiusa tra quattro mura, scendo a fare colazione. I miei genitori preparano il caffè per i gendarmi appostati davanti a casa. Questo libro è l’unico modo per rompere la mia prigionia. Riuscirò a scriverlo fino alla fine? Mi hanno già preso così tanto. Ero una ragazza felice e vivace. Uscivo giorno e notte, piacevo alla gente. Immaginavo che il primo libro che avrei scritto sarebbe stato un romanzo più che una testimonianza”.
Si rivolge al lettore francese. “Probabilmente hai sentito parlare di me. Mi chiamo Mila, sono diventata maggiorenne da poco e sono stata minacciata di stupro e di morte da quando avevo sedici anni per aver pubblicamente, dicono, ‘insultato l’islam’. Sono tua figlia, tua nipote, tua cugina. La tua amica di scuola. Un’adolescente come le altre. Mio malgrado, porto sulle mie spalle la lotta che dovrebbe condurre un intero paese: quella per la libertà di espressione. Dover sopportare un tale peso alla mia età è spaventoso. Devo raccontarti cosa si prova ad avere diciassette anni, a ricevere ogni giorno messaggi che mi promettono i tormenti di una morte violenta, acido in faccia, tagli, squartamento, decapitazione, stupri seriali, smembramenti, come ci si sente a non essere più liberi, essere rinchiusi in casa, minacciata. Mi è stato detto spesso, inoltre, che me lo sono meritato, che dovevo aspettarmelo”.
Mila non sa se queste fiamme si possono spegnere, continuamente riaccese dall’odio virtuale che rischia di diventare reale, come con Samuel Paty. “Come evitare il fuoco? Sono nel cuore della rabbia del paese, ed è questo che mi spaventa di più. Voglio solo cercare di capire come sono arrivata a questo punto. Come ci siamo arrivati tutti. La mia storia è nelle tue mani”. Nelle mani di una Francia che, come ha detto a Europe 1 una delle poche femministe che hanno difeso Mila, Élisabeth Badinter, “corre il pericolo di morire”.