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Inutili dettagli. "Borgo sud"

Mariarosa Mancuso

Cosa vorrà mai significare la patata sulla forchetta? Il libro di Donatella Di Pietrantonio

“C’era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni”. Quarta per l’alfabeto dei finalisti al Premio Strega che verrà assegnato l’8 luglio, con rituale bevuta dalla bottiglia del liquore giallo (vedremo se lo faranno anche le signore, in maggioranza nella cinquina), Donatella Di Pietrantonio piazza sul retro di copertina una frase d’acchiappo. Ottima per richiamare le sue numerose lettrici, già attratte dalla fascetta rossa – “L’Arminuta è diventata grande”, che fa di “Borgo Sud” (Einaudi) il secondo capitolo di una saga romanzesca.

 

Per chi avesse perso la puntata precedente, L’Arminuta” – dalla copertina guarda il lettore negli occhi, a garantire l’intensità del personaggio – è una ragazza data in adozione che all’inizio del romanzo viene costretta a ritornare nella famiglia d’origine. Valigia e scarpe in mano, bussa a una porta di gente sconosciuta, per nulla somiglianti ai genitori che amorevolmente l’avevano accolta (e che lei credeva suoi, l’Arminuta sta per “la ritornata”). Traduzione in 25 paesi, molti premi tra cui il Campiello, genere “femminile-materno” che ha i suoi cultori appassionati (“cultrici” suona malissimo) ma non ci vede in prima fila ad applaudire. Né ci trova sensibili a “un’emozione calda e sussurrata, che resterà con noi a lungo” – sempre l’inesauribile quarta di copertina.

 

“Borgo Sud” è entrato in finale con 220 voti, su 660 aventi diritto (in questa fase gli Amici della domenica hanno tre preferenze, selezionata la cinquina a ognuno tocca una sola scelta). Appena un voto in meno di Giulia Caminito, in gara con “L’acqua del lago non è mai dolce” e generosa di ringraziamenti anche per “le anguille che non ho mai visto”. Pagina 69 racconta una cena, i commensali chiacchierano: “Quindi lei è un odontotecnico – ha detto infilzando una patata novella”. L’interrogato precisa: “Un odontoiatra”. Parentesi: Donatella Di Pietrantonio fa la dentista pediatrica.

 

Sono anni che non andiamo a teatro, infastiditi dal modo che hanno gli attori italiani di declamare e di attraversare rumorosamente il palcoscenico, come se fossero la statua del Commendatore che “tum, tum, e tum” si presenta a Don Giovanni. Tra le fatiche imposte al lettore dai romanzieri italiani, pesa l’abbondanza di inutili dettagli. Certo, c’è la remota possibilità che le patate novelle rimandino a qualcosa di rilevante, trauma infantile o altro. Potrebbe essere. Più probabilmente appartiene alla categoria dei dettagli superflui che rivelano la preoccupazione dello scrittore di non essere abbastanza scrittore (e di non raggiungere un minimo sindacale di pagine, quest’anno la cinquina dello Strega è fatta di libri smilzi). 

 

Sempre con la patata sulla forchetta, dibattono sulla motivazione che porta un dentista a fare il dentista. Denaro? Tradizione famigliare? Gli ospiti a cena sono perfino più a disagio di chi legge. Una sbirciatina alla pagina 68 rivela che uno di loro ha trovato nel piatto un capello “capricciosamente attorcigliato a una tagliatella”. Roba da grattarsi la guancia, “con un rumore ispido”.

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