L'intervista
"Droghiamoci tutti!" La campagna per il vaccino vista da Oliviero Toscani
La comunicazione istituzionale per convincere gli italiani a vaccinarsi è anonima e banale. Meglio quella francese, anche se "un po' melensa”. Ecco come l'avrebbe disegnata il grande fotografo: "È la provocazione che crea interesse"
“Non mi faccia raccontare le fotografie che avrei usato, le immagini non si possono rappresentare con le parole”. Oliviero Toscani dice che quando prova a spiegare le sue idee fotografiche al telefono “tutti pensano a delle foto tremende”. Ma, in fondo, dietro agli scatti delle campagne di comunicazione, non ci sono che le idee. Allora basta farsi raccontare il messaggio su cui avrebbe puntato per provare a immaginare come sarebbe la campagna per promuovere il vaccino anti Covid firmata Toscani.
“Punterei tutto sulla voglia di vivere”, dice al Foglio il fotografo che per una vita – compie ottant'anni l'anno prossimo – si è occupato di trovare nelle immagini un punto di caduta delle sue intuizioni, mai frivole e spesso provocatorie, come sono state le famose campagne pubblicitarie per Benetton. “Ragionerei su quella mancanza di entusiasmo che ormai è visibile dappertutto. È un sentimento che la pandemia ha accelerato, ma che infondo forse sentivamo già prima”.
Il lungo periodo di isolamento che abbiamo attraversato ha prodotto una maggiore consapevolezza di noi stessi, dice Toscani, ed è da lì che bisogna partire per dare un senso ai vaccini, per convincere i più scettici. “La pandemia ci ha messo nelle condizioni di riflettere, abbiamo ragionato sui nostri lavori, sulla gratificazione delle nostre vite e dei nostri rapporti più intimi. Ci ha fatto scoprire la famiglia e l'importanza dei rapporti con gli altri. Abbiamo capito quali sono i valori veri di cui abbiamo bisogno per vivere e forse prima non pensavamo fossero così importanti”. Allora il vaccino può essere lo strumento con cui ciascuno di noi può avere una possibilità nuova: quella di raggiungere ciò che durante il lockdown ha desiderato di più, acciuffare le occasioni che pensava di avere perso, rendere migliore la vita che aveva prima che arrivasse il virus. “Il vaccino potrebbe farci aprire gli occhi, farci fare un ulteriore passo verso quello di cui veramente abbiamo bisogno e che forse prima neanche vedevamo”.
Ribaltare i significati è una pratica con cui Toscani si è spesso misurato, e allora per rappresentare “la voglia di vivere” dopo il buio della pandemia lui non ha dubbi: userebbe come metafora la droga, sfidando i pregiudizi con l'idea di mettere in luce solo il senso dell'euforia. “Perché infondo uno cosa fa con la droga? Cerca un modo per percepire una vita migliore. Ecco, il vaccino può darcela: sarebbe finalmente una vera droga, una droga utile!”. Poi vengono le immagini, ma questo è il concetto di partenza, da elaborare visivamente in modo “divertente e provocatorio”. Perché le campagne di comunicazione, sostiene, senza provocare non riescono a persuadere. E per questo, dice, le agenzie di pubblicità alla costante ricerca di consenso finiscono per ottenere il contrario. “È la provocazione che crea interesse, la ricerca di consenso crea mediocrità”. Appiattisce la curiosità. E gli scettici dei vaccini, quelli che non vedono il vantaggio, quelli che sono pavidi e preferiscono che a vaccinarsi siano gli altri, vanno stuzzicati e incuriositi. “Bisogna dirgli: droghiamoci tutti!”
Gli facciamo vedere le foto che in Francia hanno fatto il giro del paese per sensibilizzare i cittadini al vaccino, mostrando “gli effetti desiderabili”. I baci, i concerti, le vacanze con i nonni, tornare ad abbracciarsi. Una campagna di comunicazione pubblica, firmata Agenzia della Sanità di Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Loro hanno colto il punto? “Che ci vuol fare, sono francesi, sono molto più bravi di noi. Però devo dire che sono stati un po' troppo melensi”.