Gli scienziati che definiscono la libertà un'illusione, traditi dalla loro scienza
Siamo davvero liberi di scegliere? Il libero arbitrio come possibilità che dipende dal volerlo
"Siamo davvero liberi di scegliere?”, si chiede la copertina dell’ultimo numero di Internazionale. Prima ancora di leggere una sola sillaba della risposta e delle informazioni in proposito che la rivista offre, ho già in testa l’ovvia risposta: lo siamo in parte sì e in parte no, in percentuali molto variabili, secondo luoghi geografici, tempi storici, ore del giorno, circostanze ambientali, sociali, carattere e stato di salute. L’esercizio della libertà dipende dall’autocoscienza e dalla cultura, ma in pratica è un atto di volontà, che è forse la più misteriosa delle facoltà umane, perché ha certo qualcosa a che fare con i desideri, senza tuttavia coincidere con essi. Si potrebbe anzi dire che la volontà si manifesta meglio e più distintamente proprio quando respinge i desideri immediati, sa anche metterli da parte dopo averne valutato la qualità, l’origine e le possibili conseguenze. Non credo che si possa e si debba escludere la nostra libertà di scelta. Chi la mitizza si nasconde però troppe cose: a cominciare dalle proprie personali debolezze.
Veniamo ora al perché Internazionale dà spazio a uno dei problemi etici e filosofici più dibattuti nel corso dei secoli e da più di tre millenni. La notizia è che “sono sempre di più gli scienziati e i filosofi convinti che il libero arbitrio sia incompatibile con le leggi dell’universo, un’idea che alcuni considerano troppo pericolosa per parlarne apertamente”. Come dire che la verità, cioè la nostra non-libertà, va tenuta nascosta perché sarebbe troppo deprimente e rischierebbe di diffondere l’idea che siamo soltanto degli irresponsabili robot biologici manovrati da una onnisciente o cieca Natura.
L’articolo scelto da Internazionale come protagonista della settimana è uscito sul Guardian a firma di Oliver Burkeman con un titolo non interrogativo ma affermativo: “La libertà è un’illusione”. Direi: dipende da che cosa intendiamo per libertà e da quanto sottovalutiamo o sopravvalutiamo l’influenza del nostro carattere (che cos’è?) e delle circostanze in cui agiamo (che cosa sono?). Volontà libera e autocoscienza non sono puri dati biologici, sono abitudini nate da decisioni, appunto, volontarie e consapevoli, i cui risultati e le cui conseguenze si accumulano e quindi “pesano” come pesa ogni atto compiuto, che non può non lasciare tracce in chi lo ha compiuto.
Mi pare che qui siamo sempre al rapporto mai del tutto chiarito fra biologia del cervello e mente, coscienza, intelletto e volontà. Non sono forse stati degli scienziati a dire recentemente che i due oggetti di studio più complessi e misteriosi sono l’universo e il cervello umano? Ora si dice che il cervello che compie scelte è determinato dalla logica dell’intero universo. Ma come si fa a chiarire un mistero con un altro? Non sono pochi comunque i filosofi che non accettano l’idea della libertà come illusione. La libertà di scegliere esiste nella misura in cui è un’esperienza continua e condivisa. E se fosse illusoria la deduzione “scientifica” definitiva e forse frettolosa secondo cui il libero arbitrio è illusorio? Quali cervelli e comportamenti umani hanno studiato gli studiosi di neuroscienze? E se la volontà libera fosse una possibilità che dipende dal volerla, che fosse una realtà cioè che esiste solo per coloro e in coloro che sanno esercitarla nella misura in cui di volta in volta è possibile? Se fosse una facoltà “mistica” che l’umanità moderna non possiede più perché ha cessato di volerla e quindi di esercitarla?
Gli scienziati, per esempio, hanno studiato il cervello, la mente, la volontà di quei monaci buddhisti che in Vietnam si bruciavano vivi per protestare contro la guerra restando seduti in meditazione? La libera scelta e la volontà che la permette non sono un assoluto idealistico e astratto, ma neppure un dato cerebrale primario e fisiologicamente meccanico. Gli scienziati di solito si vantano della loro attitudine a dubitare e della onesta provvisorietà delle loro conoscenze, mai del tutto generalizzabili e necessarie. E se coloro che negano il libero arbitrio non fossero altro che individui a cui la loro scienza ha reso impossibile concepire e attivare il libero arbitrio? Gli scienziati che negano il libero arbitrio non saranno il perfetto rispecchiamento di una società e cultura che ci tiene a negarlo o non sa che farsene?