Christian-Liberté Boltanski, che era fotografo, scultore e regista. Un genio!
Segnato nella sua infanzia dalla Shoah, Boltanski ha utilizzato l’arte come veicolo sociologico per la documentazione della propria vita, parlando di assenza. È morto a 76 anni
Se fosse nato nel deserto, sarebbe stato uno sciamano. Se fosse nato nell’Africa subsahariana sarebbe stato uno stregone, o comunque figura dedita agli incantesimi. Invece, nato figlio di un medico ebreo convertito di origine ucraina e di una scrittrice corsa cattolica, venne spontaneo chiamarlo Libertà. E’ morto a 76 anni Christian-Liberté Boltanski, nato a Parigi nel 1944. Durante l’occupazione, la madre malata di poliomielite, nasconde il padre sotto il pavimento dell’appartamento. Fingono un divorzio e dichiarano che il padre ha lasciato la città quando invece rimane per un anno e mezzo nascosto sotto i loro piedi. Il divorzio invece è reale (sulla carta), finita l’occupazione di due si risposano. E’ proprio quello strano processo che nutre i ricordi di una mescolanza liminale tra finzione e realtà, il linguaggio che l’artista francese adotterà nel corso degli anni. Autodidatta, segnato nella sua infanzia dalla Shoah, Boltanski ha utilizzato l’arte come veicolo sociologico per la documentazione della propria vita, parlando di assenza, di scomparsa e della preoccupazione universale di fronte alla morte.
Fotografo, scultore e regista, è stato riconosciuto come uno dei principali artisti contemporanei. Si definiva comunque pittore, anche se aveva dipinto solo da giovanissimo, ma si sa che per i grandi la distillazione del reale è sempre e comunque un atto pittorico, affrontando temi insolubili quali la vita e la morte che li fanno resistere alla prova del tempo. Boltanski dà forma all’insicurezza insita nei ricordi, mescolando passato e proiezioni future, fino al parossismo quando nel 2010 scommette sulla propria morte. Dopo una cena alcolica, propone al collezionista-giocatore d’azzardo di professione David Walsh, l’opera The Life of CB per il Museum of Old and New Art in Tasmania. L’opera consiste nella monitorizzazione continua del proprio lavoro attraverso nove videocamere installate nel suo studio parigino per trasmettere in streaming la sua attività, 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana. Walsh inserisce una scommessa, accettando di pagare una somma in rate mensili per otto anni. Se Boltanski fosse morto prima della scadenza degli otto anni, Walsh avrebbe ottenuto il lavoro a un prezzo più basso del prezzo concordato. Ma se Boltanski fosse sopravvissuto oltre, avrebbe tratto vantaggio continuando a ricevere i pagamenti mensili da Walsh. Alla fine, Boltanski ha vinto la scommessa.
L’opera di Boltanski è tutto un modo per entrare nell'arte dei simboli. Accenni e suggestioni che vanno al di là del vero o del falso adottando lo stratagemma della post verità. Le fake news sono un fenomeno di suggestione che trasferisce il controllo sullo spettatore: vedo e capisco ciò in cui voglio credere. Si chiama “confirmation bias” processo che relativizza i fatti alla percezione personale. Boltanski celebra così la forza dell’Uomo e dell’arte, chiamiamolo anche potere alla fantasia. Un’arte totale, dalla nascita alla morte che ci accompagna lungo la strada della vita, sondando la questione del destino attraverso un possibile volo nell'infinito. Il vantaggio dell'arte visiva rispetto al testo è che è meno chiaro. Penso che ogni persona debba prendere ciò di cui ha bisogno dalle opere d'arte. Le opere d’arte fanno domande ma non danno risposte. Non afferma nulla. Tutti vogliamo aprire le porte chiuse, ma non credo che ci siano chiavi, solo la spinta per cercare la chiave. Penso che chiunque pensi di aver trovato la chiave si stia prendendo in giro.
La sua opera immortale, in continua crescita, è Les Archives du Coeur, sull’isola di Teshima in Giappone. Una riserva di migliaia di battiti cardiaci per le future generazioni dove chiunque può visitarla e registrare il proprio battito. L’opera è divenuta luogo di pellegrinaggio, ma chissà se si tratti veramente di un'opera. Dovrebbe esistere solo come un mito, come l’inizio di un libro: “C’è un’isola in Giappone dove battono migliaia e migliaia di cuori...”.