“Patriarcato vittoriano? Di gran lunga migliore dell'Africa di oggi”

Giulio Meotti

L'unica tutor di origine africana a Oxford le suona ai colleghi che abbattono statue. "Siete i figli del privilegio occidentale"

I professori di Oxford dovrebbero smettere di “fare i capricci” sulle statue e concentrarsi sui problemi di oggi. A dirlo è l’unico tutor di origine africana dell’Oriel College. Secondo Marie Kawthar Daouda, docente a contratto di Oxford e autrice di “L’Anti-Salomé”, piuttosto che “segnalare la propria virtù” su una figura storica, gli accademici dovrebbero incanalare le loro energie nella promozione dell’uguaglianza nella società contemporanea.

Daouda, che viene dal Marocco, si è detta a dir poco “perplessa” per la recente condanna da parte del Dipartimento di politica e relazioni internazionali di Oxford della decisione di mantenere una statua a Cecil Rhodes a Oxford, viste le sue opinioni “razziste e patriarcali”.  Se non fosse che Daouda ha affermato che il patriarcato nella Gran Bretagna vittoriana è “per molti versi ancora migliore delle condizioni che le ragazze e le donne subiscono attualmente in diversi paesi africani”. Fare storie su una statua è invece un “segno abbagliante del privilegio occidentale” e sarebbe un lusso che nessuno potrebbe permettersi in altri paesi. Il mese scorso, più di 150 professori di Oxford hanno annunciato che avrebbero boicottato Oriel e si sarebbero rifiutati di insegnare ai suoi studenti per protestare contro la decisione di mantenere la statua. Gli studenti hanno iniziato la campagna per la rimozione della statua di Rhodes nel 2015, ma il rovesciamento di una statua del filantropo e commerciante di schiavi Edward Colston a Bristol al culmine delle proteste di Black Lives Matter della scorsa estate ha riacceso le manifestazioni “Rhodes Must Fall”. 

 

Imperialista britannico che fondò la Rhodesia e vi servì come primo ministro nel 1890, Rhodes donò una somma enorme a Oriel nel suo testamento. Non era un commerciante di schiavi, ma sostenne misure in stile apartheid nell’Africa meridionale. “Rhodes ha finanziato una borsa di studio per ciechi” scrive Daouda sul Telegraph. “Mi sento più a mio agio con questo che con il chiedermi se io abbia ottenuto la mia posizione a causa delle quote di ‘diversità’. Allo stesso modo, il patriarcato vittoriano ed edoardiano era per molti versi ancora migliore delle condizioni che le ragazze e le donne subiscono attualmente in diversi paesi africani”. E’ tipico del lusso occidentale concentrarsi sulle statue. “Nei paesi dove le statue – se esistono ancora – vengono bombardate o decapitate, è un lusso che nessuno può permettersi”. Daouda ne ha anche per i “ventriloqui studenteschi” appartenenti a minoranze etniche” che perpetuano una condizione di “immaturità emotiva”. Poi si domanda: “L’Irlanda ha chiesto ai paesi nordafricani riparazioni per le incursioni berbere del commercio di schiavi?”. Rhodes, conclude, “è un capro espiatorio e la sua statua è la vittima propiziatoria che Oxford deve sacrificare per purificarsi dal proprio passato, come se il fantasma di Rhodes fosse in giro, pronto a saltare addosso ai membri leggermente abbronzati dell’università e aggredirli. Eppure l’unico modo in cui la statua di Rhodes potrebbe farti del male è se allunghi il collo nel guardarla troppo a lungo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.