(foto Unsplash)

Il nostro rapporto con bellezza e desiderio anticipato da un libro di 150 anni fa

Antonio Gurrado

Algoritmi, filtri e intelligenza artificiale. Torna “Eva futura”, romanzo di Villiers de l’Isle-Adam

Ci sono due equivoci riguardo a Eva futura, romanzo di Villiers de l’Isle-Adam del 1886 che Marsilio meritoriamente ripropone dopo decenni di assenza dalle librerie. Uno: è ambientato a Menlo Park ma non si tratta della sede californiana di Facebook, bensì della tenuta di Thomas Edison (immaginario e proiezione del reale) a venticinque leghe da New York. Due: è facile leggerlo solo come profezia su Siri, Alexa e le assistenti vocali asservite all’utente, o sulle più sofisticate bambole, sessuali e no, cui si è spinta la robotica maschilista. E’ la storia di lord Ewald che, irritato dalla grettezza della bellissima amata, ottiene da Edison una riproduzione perfetta con dentro un’anima migliore.

Edison procede a “una semplice transustanziazione”, creando un’andreide ovvero una copia che sostituisca l’originale senza invecchiare né morire; vuole sopperire alla realtà “menzognera, mediocre e sempre volubile” con un’illusione “sincera, prestigiosa e sempre fedele”. Compiuto il prototipo, la prospettiva è una “manifattura di ideali”, una produzione personalizzata su vasta scala che garantisca a tutti una compagnia artificiale di pura apparenza.

Quando il romanzo venne inserito fra i Pesanervi Bompiani, nel 1966, sopra il titolo c’era scritto: “Può un automa sostituire la donna?”. Questione coerente col fascino per i robot allora in voga. Villiers però – discendente di una famiglia nobile che risale all’XI secolo – riusciva a penetrare il futuro al punto che forse solo ora possiamo cogliere appieno la novità del romanzo, che non si ferma alla reificazione del corpo femminile.
Edison agisce infatti in un contesto in cui la robotica è in fase relativamente avanzata, bambole e manichini automatici sono già stati presentati a fiere e convegni. Vuole altro: superare quell’abominevole meccanicità e “rubare la presenza” della persona, insufflandovi un’anima “meno cosciente di sé ma evocatrice di impressioni mille volte più belle”. Per farlo, specifica di utilizzare l’Intelligenza, un prodromo della AI, grazie a cui “tutto può rispondere a tutto” nel “grande caleidoscopio delle parole umane”.

 

Oggi la disinvolta interazione con donne robot è ancora di là da venire ma “Eva futura” ha indovinato l’attuale evoluzione di estetica e desiderio. Come Edison, crediamo che il corpo sia mutevole e inafferrabile, che la bellezza vada eternata artificialmente, che la percezione ci inganni e che conti solo la sensazione più o meno illusoria che si prova in un’interazione. Vogliamo ridurre tutto al soggettivo e definiamo realtà ciò che ci asseconda. Per questo Villiers immagina un algoritmo in grado di creare “l’amore moderno”, ossia “un’equazione dell’amore” che minimizzi i rischi o li escluda, e sia capace di “rendere eterna una sola ora dell’amore, la più bella”: un contesto virtuale che cristallizzi il piacere del rimorchio. Inoltre l’andreide parla grazie a un rullo di parole “immaginate dai più grandi poeti, dai più acuti metafisici e dai romanzieri più profondi del secolo”, né più né meno di chi, dandosi un tono sui social, ricopia frasi e idee elevate per dimostrarsi più all’altezza di quanto non sia. Ci sono addirittura i filtri bellezza: Edison smonta l’immagine di una donna fino a ridurla a “esserino esangue, vagamente femminile”, illustrando che non c’è differenza fra l’artificialità della donna imbellettata e quella dell’andreide che la riproduce: e la persona che ammiriamo in una foto ritoccata è più o meno reale di un ideale che non esiste?

Il dettaglio rivelatore è che l’operazione andreide parte da una foto, che Ewald porta in un taccuino ed Edison utilizza come modello e motore del progresso, facendo leva sull’immagine come strumento di idealizzazione e di sublimazione dei desideri. Una foto, proprio come i suoi colleghi dell’altro Menlo Park quando avevano iniziato a escogitare un sito per sbirciare le ragazze carine e togliere l’anima a tutti noi, promettendocene una migliore.

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