Inseguire il risvolto
Per me giovane editore un contraltare di raffinatezza dionisiaca ed elitaria
È morto oggi un grande editore. Pur con le critiche che si possono fare al catalogo Adelphi, è stato un editore unico nel suo genere, poco somigliante agli Einaudi, ai Valentino Bompiani. La sua è stata proprio un’altra idea, unica, dell’editoria. Roberto Calasso è stato un erudito che sapeva nascondere la sua erudizione in grandi narrazioni mitologiche, arcaiche, in cui il frammento più minuscolo spalanca le porte a un’intera civiltà. Ha fatto quello che Italo Calvino diceva che bisogna fare con i classici, né guardarli troppo da vicino per non cadere nella filologia né da troppo lontano per non farli diventare opere museali. È stato un uomo lontanissimo dall’accademia, che ha saputo anche nella critica letteraria lasciare un suo marchio unico: ricordo il suo libro su Kafka, intitolato “K.”, che ho letto di recente, in cui non c’è una sola frase che faccia riferimento, come accade spesso ai professori, al kafkismo pret a porter, e mi rimane ancora impressa la definizione de “La metamorfosi”, come una storia di porte che si aprono e si chiudono. E soprattutto che vengono chiuse a chiave o forzate.
L’ho incontrato una sola volta in vita mia al Salone del libro di Torino nel 1989, avevamo pubblicato da poco i risvolti di copertina di Giacomo Debenedetti alla “Biblioteca delle Silerchie”. Io gli chiesi, rincorrendolo tra i corridoi, se dopo quel libro di Giacomo Debenedetti lui ci avrebbe consentito la pubblicazione dei suoi risvolti di copertina, che erano un genere letterario a sé – Ci sono stati a mio parere due grandissimi risvoltisti nell’editoria italiana, in uno vedo la chiarezza apollinea delle quarte di Italo Calvino e nell’altro l’aggettivazione dionisiaca di Calasso – Ma Calasso mi rispose sbrigativamente che, se mai l’avesse fatto, lo avrebbe pubblicato, come poi è in effetti accaduto, da Adelphi.
Fu sbrigativo e non particolarmente aperto, c’era in lui il segno tangibile di una cultura elitaria in cui l’intelligenza non rende tutti gli uomini uguali.
Quando lavoravo a Theoria ci scegliemmo come mito da imitare e come avversario i due dèi dell’Olimpo editoriale: il mito era per noi Giulio Einaudi e la casa editrice Einaudi, la sua editoria laica e democratica, frutto dello scontro tra un’intellighenzia marxista e una più liberale. Nella nostra megalomania e presunzione giovanile consideravamo invece l’Adelphi come il nostro avversario: un editore reazionario, che faceva del culto dell’irrazionale e di una certa visione estetizzante la sua cifra. D’altra parte in nessun editore si riconosce la stessa identificazione incestuosa fra il singolo editore Roberto Calasso e i libri che compongono il suo catalogo: un unico grande libro che ha come impresso lo stemma araldico dell’editore stesso.
*Paolo Repetti è direttore editoriale Einaudi Stile Libero
(testo raccolto dalla redazione)