ArteParco, dove la foresta diventa cornice di un'opera

Sovvertire il concetto di wunderkammer e portare l'arte contemporanea all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

Giuseppe Fantasia

Camosci, orsi e simpatiche volpi abituate ai turisti; praterie verdi, acque limpide, boschi secolari e foreste di faggio che ricoprono quasi il 60 per cento del territorio, affiancate da cerri, aceri, tassi e rare formazioni di betulle e pini neri. Siamo nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, a Pescasseroli, il paesino tanto amato da Ettore Scola, a cui è dedicato l’unico cinema nel centro storico, poco distante da Palazzo Sipari, la dimora dove nacque Benedetto Croce. In quello che è considerato uno dei luoghi naturalistici più antichi e suggestivi d’Italia, si svolge ogni anno ArteParco, una manifestazione grazie alla quale un artista italiano è chiamato a confrontarsi con le Foreste Vetuste, Patrimonio Mondiale dell’Unesco, con lo scopo di renderle cornici e parti stesse di un’opera realizzata con materiali ecologici e in continuo divenire, predisposta a trasformarsi in base ai ritmi e alle condizioni dettate dall’ambiente circostante.

 

Dopo il successo delle prime tre edizioni, che hanno visto nascere nel Parco le opere “Animale Vegetale (Il Cuore)” dell’artista-designer Marcantonio, gli “specchi angelici” di Matteo Fato e “Un tempo è stato” di Alessandro Pavone, protagonista di questa quarta edizione è l’artista Sissi che ha immaginato l’installazione site-specific “Radicorno”. Bolognese di nascita, al secolo Daniela Olivieri, è un’artista che ama la sperimentazione costante dividendosi tra performance, scultura, disegno e fotografia. Dal Mart di Rovereto al Macro di Roma (che nel 2002 ospitò la sua prima personale), abbiamo ancora bene in mente il suo gusto per una creazione e performance volte a indagare la soggettività e la costruzione sociale/emozionale del corpo creando così un’anatomia emotiva. Per un posto ad alta quota come Pescasseroli, l’artista ha lavorato e modellato l’argilla fino a trasformarla in ceramica proprio per il suo “Radicorno”, una scultura in ceramica bianca che si innalza per circa 2 metri, avvolgendosi su sé stessa fino a terminare in una punta conica dai colori dell’arcobaleno.

 

“Tutto e nato un po’ per caso”, spiega al Foglio l’artista che Giovanni Cannata e Luciano Sammarone, rispettivamente presidente e direttore del Parco, chiamano affettuosamente “principessa”, complice, probabilmente, una forte somiglianza con la disneyana Elsa, protagonista di Frozen. “L’ho modellato istintivamente per evocare la natura metamorfica di una radice, collocandolo poi su una grande pietra dove cerca la sua luce come un germoglio e si avvita fino a prendere la forma del corno di un mitico unicorno”.

“In questo momento storico - aggiunge – l’uomo sente finalmente la necessità e il dovere di riconciliarsi con la natura ed è per questo che ho pensato a un simbolo archetipico di un animale fantastico che faccia riflettere sui molteplici aspetti della vita e sul bisogno di rimanere connessi gli uni con gli altri, riportandoci a un tempo lontano di cui ci rimane testimonianza solo attraverso storie, miti e leggende”.

Con il simbolo del corno dell’unicorno, ho voluto sovvertire così il concetto di wunderkammer, nato in un'altra epoca da una civiltà moderna e coloniale, in espansione, che rubava elementi esotici per collezionarli privatamente”.

  

Un progetto originale e dal forte impatto il suo, che come gli altri tre già realizzati, gode del Patrocinio del ministero della Transizione Ecologica e la collaborazione dell’Ente Parco, i profumi Parco1923 di Paride Vitale e Ugo Morosi, BMW Italia, Sky Arte e per la prima volta di Gore-Tex, grazie al quale abbiamo assistito a un concerto ad alta quota sulle note di Astor Piazzolla. “Come i suoi tre vicini – continua Sissi - Radicorno è nato per portare l’arte contemporanea all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ma soprattutto per riportare nel paesaggio questi elementi ancestrali, con la speranza di riparare ogni torto subito, per rendere omaggio e fare pace con la natura”. La natura, infatti, è il legittimo luogo delle meraviglie e tra tutti gli elementi la ceramica, con la sua pulsione celebrale organica, è per lei lo strumento più adatto a rappresentare il mito e a creare nuove leggende. “Mai come in questo momento – precisa - la fantasia è una parola magica, è un ‘ridare corpo’ e speranza. Abbiamo bisogno di stupire e di stupore. Anche solo immaginare l’unicorno che nei secoli ha acquisito diversi significati – dall’essere un animale mitico dai poteri taumaturgici nelle storie tradizionali cinesi o il simbolo della purezza della Vergine Maria nella religione cristiana fino a simbolo dell’umiltà invincibile in epoca medioevale e nel rinascimento e trovare un corpo che lo rappresenti nel dente ritorto del Narvalo – non può che essere un buon inizio”.

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