Cronache da un festival culturale dell'ultimo ferragosto del mondo
La pandemia, gli incendi, le liti politiche e il riscaldamento globale. Non è mica prerogativa solo di quest'estate. Anche delle prossime. Un racconto
Il sindaco Michele Drogo era stato inamovibile. Il festival “E… state lib(e)ri” si era tenuto ogni Ferragosto degli ultimi vent’anni, immancabilmente, sulla piazza di Gora degli Angeli e si sarebbe fatto anche quest’anno.
Certo, le circostanze non erano favorevoli, e quando mai. Era ormai il dodicesimo anno consecutivo di epidemia, con la variante Solaris che mieteva vittime un po’ dovunque e il complesso sistema di autorizzazioni con crittografia end-to-end che i cittadini dovevano compilare prima di uscire di casa (attestante vaccino, colesterolo nella norma, denti sani, e almeno due litri d’acqua a temperatura ambiente bevuti nell’arco delle 24 ore), e già questo non aiutava il turismo. Incurante della dedizione con cui i cittadini conferivano i loro rifiuti da decenni in buste sigillate secondo il calendario Maya, il riscaldamento globale aveva infierito comunque sulle coste italiane, riducendo la spiaggia di Gora degli Angeli (un tempo famosa per i “colori incantevoli” di rigore e le altrettanto immancabili “acque cristalline”) a una larghezza di circa tre metri, il che lasciava spazio appena per gli ombrelloni del Lido dei Carabinieri. Subito dietro, i contorti scheletri neri degli ulivi carbonizzati dall’ultimo grande incendio sembravano avvisare l’incauto visitatore.
La Regione ci metteva il carico: il governo centrale si era via via disinteressato delle politiche locali (specie con l’ultimo Presidente del Consiglio, un algebrista dodecafonico quasi completamente disincarnato), così che il potere era tutto in mano ai Governatori regionali, che giravano in armature di cuoio e firmavano ordinanze in dialetto sigillandole con la ceralacca - l’ultima, nella nostra Regione, prevedeva che le ragazze dovessero indossare costumi folk e gli uomini tute spaziali. Del resto, da Roma non giungevano notizie incoraggianti: il Reggente della Capitale, un manager e life coach color palissandro, aveva appena ricevuto con tutti gli onori il capo dei Talebani, coprendo per l’occasione tutti i monumenti della Città Eterna coi teli avanzati della Fondazione Christo & Jeanne-Claude, e quello per tutta risposta si era comprato la Lazio.
“Ma tanto più importante, in un simile contesto, diventa la nostra popolare manifestazione”, dichiarò il sindaco Drogo, il quale amministrava la cittadina da tanto tempo che ormai parlava anche in famiglia come in un comunicato stampa. E la manifestazione si fece, per Dio. Furono appesi sopra le strade del centro storico gli ombrellini colorati, furono ripulite sia la piazza Indipendenza che la piazza Falcone e Borsellino (una era in ombra al mattino, l’altra al pomeriggio, entrambe di notte), sistemate 600 seggiole di plastica trasparente opportunamente distanziate (seggiole gentilmente fornite dalla sala trattenimenti Italia 90, tanto in agosto matrimoni non ce ne sono), regalati buoni vacanze agli ubriaconi e ai no-vax del paese per levarli di torno, e tutto era pronto.
Solo una cosa l’entusiasta Drogo non aveva considerato: imprevisto come un acquazzone estivo, il 14 agosto scoppiò a Gora degli Angeli un focolaio infettivo (variante Mad Max, la penultima, poco letale ma contagiosissima, il signor Emilio De Pasqua se l’era presa aprendo un’e-mail e l’aveva attaccata a tutti, non finiva di scusarsi). Così il paesino fu sigillato, circondato da un cordone sanitario (che era poi un cordone vero, giallo e nero con la scritta “You shall not pass”) e isolato con le seggiole già nelle piazze, i buffet già imbanditi, e i celebri ospiti già dentro i confini comunali. E a quel punto che fai? Il sindaco Drogo non ebbe dubbi e si espresse con inconsueta franchezza: “Il festival si fa, ce lo facciamo tra di noi. Non ci ha fermati il tornado di squali vent’anni fa e non ci fermerà questo!” E così fu.
Non mancava niente, di ciò che aveva reso il festival culturale “E… state lib(e)ri” (il nome l’aveva inventato la nipote di Drogo che faceva il Dams) un appuntamento imperdibile dell’estate gorese nel segno della tradizione ma allo stesso tempo dell’impertinenza birichina. Ci fu il concerto della Cantautrice Indipendente, che ad alcuni spettatori delle ultime file parve per un attimo Patti Smith ma invece era la Cantautrice Indipendente, solo che le si erano ingrigiti un po’ i capelli. Ci fu lo Scrittore con la Giacca di Lino Beige che presentava il suo libro, intervistato dalla Giornalista Locale Carina Con Vestito a Fiori, e che sancì che tutti diventavano sempre più stupidi. Ci fu la degustazione di prodotti locali, e pazienza se il prodotto locale per eccellenza di Gora degli Angeli è la salsiccia rifritta nel tartufo, vuol dire che la prossima volta Ferragosto lo facciamo cadere a novembre (polemica). Ci fu il Vecchio Giornalista Fininvest che raccontava le vicissitudini del Kirghizistan con quegli occhi appesantiti da tutte le guerre del mondo. Ci fu la frizzante serata di stand up comedy di Uno con una Barba Enorme che si era imposto di litigare con ogni singolo spettatore. Ci fu il Controverso Intellettuale di Destra, che quell’estate era già al suo settimo festival e a questo punto aveva affilato le metafore come lame giapponesi. Ci fu il Rapper Innocuo, che a quarant’anni suonati portava ancora i pinocchietti e sparava le sue caustiche rime contro varie categorie di reprobi. Ci fu il momento di scatenarsi con la Incredible Bongo Band (due membri rimasti dei sedici originali). La frase “nella splendida cornice” fu pronunciata almeno ventitré volte.
Il tutto di fronte al pubblico formato dai soli residenti di Gora degli Angeli, in numero di millesessantaquattro, età media sessant’anni, laureati dodici fra cui il notaio Semerara, che ogni sera si preparava una domanda oltremodo stringente per l’oratore di turno e ogni sera al momento di farla gli squillava il telefono con numero chiamante nascosto. E l’ultima sera, verso le nove, proprio mentre il sindaco Michele Drogo chiudeva la manifestazione complimentandosi con tutti (“e non dimentichiamoci dei rinfreschi, che ci hanno offerto l’occasione di gustare le eccellenze della nostra terra”), l’ordine di confinamento fu revocato e tutti, cittadini e celebrità, fuggirono a razzo in ogni direzione, anche i volontari dimostrando la differenza fra idea e azione. Così il sindaco si sedette all’unico tavolino del Gorangeles Bar e scrisse sulle note del cellulare l’articolo celebrativo della “imponente manifestazione”, se lo scrisse da solo, ché ormai da anni gli avevano levato l’addetto stampa.
Universalismo individualistico