Non solo Valentano. Tutti i rave d'antan
Quello sul lago di Mezzano non è niente di nuovo. Dai baccanali ai festival techno, da sempre certi eventi attirano critiche e fake news
Ha annunciato una mozione di sfiducia contro il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese; ha detto che gli organizzatori francesi “lì non li tollerano” e dunque “vengono in Italia a devastare”; ha definito l’Italia “allo sbando e zona franca per delinquenti”: non c’è dubbio che sia Giorgia Meloni uno dei leader più arrabbiati per Space Travel n.2. Questo il nome ufficiale del rave che si è svolto vicino al paese di Valentano: più esattamente nell’area del lago di Mezzano, 30 ettari al confine tra le province di Viterbo e Grosseto. Eppure, nell’albo di famiglia dei rave ci sarebbe anche un illustrissimo intellettuale di riferimento della sua area ideologica. Addirittura Gabriele D’Annunzio! Tema di dibattito, ovviamente. Come è dibattito se davvero una certa porzione di territorio nazionale per una decina di giorni sia stata sottratta all’imperio della legge da una banda di barbari; o se invece piuttosto non sia stato un pacifico evento culturale a essere calunniato da una valanga di fake news. Federico Di Vita su Esquire lo ha paragonato a “una sonata di Debussy”, e sul Dubbio ha evocato “una stupenda notte d’estate in cui si poteva ballare sotto più di trenta palchi diversi, il tutto senza pagare un euro”. E, addirittura, c’è dibattito se si possa davvero parlare di rave, o se non si sarebbero dovuto piuttosto usare le differenti etichette di Free Party o di Teknival.
Tra le 10 e le 15 mila persone sarebbero venute all’evento, da tutta Europa. E c’è scappato un morto: il 24enne Gianluca Santiago. Nato a Londra; residente in Emilia-Romagna, annegato nel lago. Si era allontanato dal raduno a Ferragosto, il cadavere è stato ritrovato il giorno dopo. A quel punto gran parte della stampa nazionale ha iniziato ad aggiungervi una gran quantità di voci poi rivelatisi infondate su altri morti, stupri, carogne di cani sparse, ricoveri, parti in mezzo alla sterpaglia. Restano però comunque sul tappeto altri problemi come il mancato distanziamento in tempo di pandemia. O la violazione della proprietà privata. O la circolazione di sostanze stupefacenti: probabilmente ingigantita da articoli sensazionalisti, ma in qualche modo ammessa anche da chi ha difeso l’evento. Vero che, secondo gli esperti della Polizia, alla fine in queste occasioni la sostanza da “sballo” più usata è l’alcool. Su tutto, la non autorizzazione.
Anche il Foglio ha fatto parte di uno schieramento minoritario ma trasversale di testate che ha provato a rimettere in discussione la narrazione allarmista. Spiegando ad esempio che gran parte delle notizie più truci erano filtrate da pagine facebook non più accurate della media della informazione No Vax. O che il distanziamento non era stato in realtà troppo diverso da quello delle partite di calcio col pubblico ritornato. O che l’annegamento era avvenuto lontano dalla zona dell’evento, ed in circostanze che avrebbero potuto verificarsi anche senza rave. O che in realtà l’organizzazione era stata abbastanza accurata.
Lo stesso fatto che gli utenti Facebook dei dintorni abbiano inventato storie raccapriccianti, però, attesta come tra i residenti quella valanga di musica sparata a tutto volume e di visitatori accampati non sia stata troppo gradita. E che a questo punto Valentano possa segnare un punto di svolta è pure indicato dal particolare che mentre a inizio luglio un simile evento con 6.000 giovani sulle colline pisane si era pure risolto con qualche polemica, adesso i carabinieri del Nucleo operativo radiomobile di San Giovanni in Persiceto, Bologna, hanno denunciato ben 301 persone per invasione di terreni o edifici in occasione del rave party con 1.000 partecipanti del primo agosto in un ex zuccherificio nel comune di Argelato.
A livello di “satira preventiva”, poi, Michele Serra sull’Espresso ha sparato la storia che i rave party li hanno inventati in Valbruta, “una valle laterale delle Alpi bergamasche molto isolata”, duemila anni fa. Poiché la realtà spesso è più estrema dell’invenzione, un antecedente dell’ultimo “scandalo” lo troviamo invece esattamente 2207 anni fa. Niente amplificatori, ovviamente. Ma comunque raduni campestri a base di musica, danze sfrenate e sostanze da sballo che portarono ben 7.000 persone in galera o addirittura al patibolo, e furono seguiti da una drastica stretta moralizzatrice. Non si chiamavano ancora rave, è vero, ma baccanali. Erano dedicati al culto del dio dell’ebrezza, e già nel 403 erano stati denunciati come occasione di comportamenti estremi nelle “Baccanti” di Euripide. Erano pure fake news dell’epoca le accuse riportate al Senato di Roma nel 186 a.C., secondo cui tra gli adepti si esercitavano violenze che colpivano senza distinzione uomini liberi e donne, “talmente segreti che talvolta non rimanevano neppure i corpi per la sepoltura”? Come che sia, un furibondo Marco Porcio Catone fece adottare un Senatus consultum de Bacchanalibus che sciolse il culto, distrusse i templi, confiscò i beni, arrestò i capi e perseguitò gli adepti. Furono solo consentite congregazioni di non più di due uomini e tre donne, che per ogni baccanale dovevano chiedere al Senato una autorizzazione espressa.
Come spiega però Friedrich Nietzsche, il principio apollineo e quello dionisiaco si fronteggiano in tutta la storia della civiltà greca. E i culti di Dioniso e Bacco non sono a loro volta che la versione greco-romana di un tipo di eventi ancora più antichi. Il grande storico delle religioni romeno Mircea Eliade fu colui che definì la combinazione tra danza, musica ossessiva, uso di sostanze psichedeliche e altre forme di “pressione” sull’organismo come “tecniche primordiali dell’estasi” sciamanica. L’etnobotanico statunitense Terence McKenna individuò la prima spinta all’evoluzione dell’umanità nella psilocibina dei funghi che crescono dal letame bovino e che sono infatti quelli con cui Alice entra nell’altra dimensione del Paese delle Meraviglie. Sulla base di raffigurazioni preistoriche, descrisse antichi festival basati appunto su musica ritmata e psilocibina, e citò Eliade per definire eventi del genere nel mondo di oggi come “rinascimento dell’arcaico”.
In mezzo tra l’arcaico e il suo rinascimento, ci sono una serie di religioni istituzionalizzate che esattamente come Roma nel 186 a.C. hanno cercato di cancellare questa forma d misticismo sovversivo. Ma sempre un po’ di sciamanesimo è risaltato fuori, anche nelle religioni abramiche: dal fenomeno sufi del mondo islamico alla religiosità battista e pentecostale nel cristianesimo. Il filosofo e sinologo americano-canadese Edward Slingerland in un suo recentissimo libro ha appena espresso la tesi secondo cui alla fine è stato l’alcool fermentato il grande lievito da cui è nata la civiltà umana: in grado di produrre gli stessi effetti di funghi allucinogeni, prolungati rituali di danza, digiuno, privazione del sonno o intensa pratica sportiva; ma in modo più rapido, più comodo e alla fine anche più sicuro. Ma comunque tra i baccanali e il rave la persistenza di eventi del genere è attestata anche dal fenomeno della taranta, in cui la sostanza psicotropa è il veleno del ragno.
Autore del libro “Rave new world”, Tobia D’Onofrio ricorda poi che accanto che al tarantismo “in altre parti del globo si ritrovano cerimonie collettive di trance e possessione nelle danze degli Gnawa in Marocco, nello stambeli in Tunisia, nel vudù in varie parti dell’Africa e dell’America, nelle cerimonie tradizionali sudamericane con l’hayahuasca, nella macumba brasiliana e così via”, fino ad arrivare anche lui ai baccanali.
Ma assieme alla festa di gruppo per arrivare all’estasi collettiva attraverso musica ossessiva, danza e sostanze inebrianti, l’altra radice di fenomeni come quello di Valentano è la ideologia delle Taz. Le Zone Temporaneamente Autonome teorizzate da Peter Lamborn Wilson: il filosofo, saggista, poeta e scrittore anarchico statunitense che si firma con lo pseudonimo di Hakim Bey, e che tra le Utopie Pirata da lui indicate come modello ha posto non solo la Tortuga o Fourier, ma anche la Fiume di D’Annunzio.
E poi, c’è la parola. Chiaramente, l’inglese “rave” è imparentato con il francese “reve”: sogno. Forse da un antico scandinavo “rafa”, che sta più o meno per “parlare da esagitato”. Nel XIV secolo “raven” significa “dare segni di pazzia o di delirio”. Dal 1590 “rave” indica una grande eccitazione. Nel 1902 è attestato come “entusiasmo popolare effimero”. Nel 1926 i magazine lo utilizzano come sinonimo di “recensione entusiastica”. Dagli anni Quaranta in slang un rave-up è una “festa selvaggia”. Dagli anni Sessanta, una “festa con molta gente”. Nel 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, acquisisce infine il senso di “festa di massa con musica elettronica veloce e rumorosa e spesso droghe psichedeliche”.
Ovviamente, quando la definizione nasce il fenomeno esiste già. Volendo dettagliare l’albero genealogico, negli anni Sessanta dalla risistemazioni pop di musiche dei neri Usa come jazz e gospel nasce il soul, e dallo sforzo per renderlo ballabile il funk. Negli anni Ottanta a Chicago provano ad alzare il livello dei bassi e a aumentare il numero dei battiti per minuto: l’“evoluzione techno”. Ma accanto al dato musicale c’è anche quello politico in senso lato. L’occupazione di fabbriche abbandonate appunto per ballare con questa musica. C’è una parentela con il fenomeno delle occupazioni della sinistra radicale europea, e in più una protesta implicita contro la crescente deindustrializzazione delle sedi storiche della grande produzione fordiana negli Usa. Qualcuno osserva che il suono di questo tipo di musica in qualche modo punta a riprodurre i rumori tipici delle grandi fabbriche di una volta. Insomma, rinascita dell’arcaico nell’archeologia industriale.
E qui entra di mezzo Hakim Bey, secondo cui le Taz sono una tappa indispensabile verso la costruzione della nuova società libertaria. Dunque, in qualche modo gli organizzatori possono anche avere dei propri criteri di responsabilità, organizzazione e ordine. Ma elementi come la non richiesta di autorizzazione o la violazione simbolica di proprietà soprattutto abbandonate sono parte essenziale dell’ideologia del movimento. Proprio il carattere sempre più essenziale della auto-organizzazione, anzi, fa evolvere il semplice rave in Free Party. L’accesso è completamente libero e gratuito per chiunque, anche se comunque gli organizzatori ci guadagnano da un indotto di vendite di cibo, bevande e sostanze da sballo. Quelli di Valentano, appunto, quando sono stati invitati dalle autorità a sgomberare hanno fatto presente di dover aspettare un minimo di giorni proprio per poter “rientrare nelle spese”. La musica elettronica caratteristica dei Free Party è definita Tekno o Techno: la differenza è che Tekno va sulle 170-200 battute al minuto, mentre la Techno è più lenta. Ma si sente anche la Goa, che nasce nell’omonimo stato indiano a inizi anni Ottanta dall’ibridazione tra musica elettronica e rock psichedelico, e diventa a sua volta Psy-Trance per accelerazione del tempo. La House, nata a Chicago nella seconda metà degli anni Ottanta, si fa Acid House a colpi di sonorità ripetitive e ipnotiche. Si ascolta poi la Jungle: una musica elettronica con melodie essenziali, ritmica accentuata, molti campionamenti e effetti di sintetizzatore, nata nei primi anni Novanta. Accentuandovi ancora di più batteria e basso per “far sentire a coloro che ballano le vibrazioni all’interno del proprio corpo”, diventa Drum’n’bass.
Ci sono poi ambienti stravaganti, esecuzioni di artisti e giocolieri, giochi di luce. E quando il Free Party passa certe dimensioni diventa Teknival. Elemento di base sono le crew: gruppi che portano gli elementi per costruire i “muri di casse”, dj set, teloni e proiettori. Il “muro di casse”, in particolare, è l’emblema massimo del Teknival. Il termine tecnico è Sound System, ed è inventato negli anni Cinquanta in Giamaica. L’insieme degli organizzatori di un Sound System è definito “tribe”. Considerata la già citata data fatidica del 1989, potremmo parlare di un passaggio di mano al Muro di Casse rispetto al simbolo oppressivo del Muro di Berlino. Dipende ovviamente dalle differenti sensibilità evidenziarne di più l’elemento libertario, o quello rompi-timpani.
Tappa del passaggio tra Stati Uniti e Europa è il Regno Unito, dove festival gratuiti avevano iniziato a essere organizzati dagli anni Settanta. Il primo nel 1972 nel parco di Windsor, in un terreno della famiglia reale, e da dove però la Polizia espelle gli occupanti già nel 1974. Prende il suo posto il festival di Stonehenge, presso l’antico luogo di culto druidico: anch’esso interdetto dalla Polizia nel 1985. Dall’incontro tra Free Party inglesi e esperienza Usa viene il rave di Clink Street del 1988. Sempre in Inghilterra, il 25 giugno 1989 in 12.000 si ritrovano sulla pista di atterraggio a White Waltham, raccontando alle forze dell’ordine che stanno girando un video di Michael Jackson. Il 21 giugno 1991 in una valle nell’Hampshire per la prima volta appaiono alcuni sound system muniti di un generatore e poche casse. E nel maggio 1992 a Castlemorton in 50.000 ballano per una settimana. Reazioni della stampa: più o meno quelle che abbiamo visto ora in Italia. Gli Spiral Tribe, sound system Tekno, vengono addirittura arrestati, per essere assolti dopo due anni. Già nel 1990 è entrato in vigore un Entertaiment Act che ha l’obiettivo esplicito di favorire le feste nei club e bandire i rave. E nel 1994 le misure sono rese più severe dal Criminal Justice and Public Order Act, che è interessante confrontare al Senatus consultum de Bacchanalibus. Ai raver è vietato riunirsi in più di dieci su suolo pubblico senza autorizzazione, è considerato reato non abbandonare il rave, si dispone sequestro o distruzione della strumentazione, è vietata la vendita di alcolici.
L’effetto è però di diffondere il movimento in tutta Europa. Abbiamo ricordato la protesta della Meloni, che gli organizzatori di Valentano sarebbero venuti da noi perché impediti in Francia. Giù nel giugno 1999 decine di migliaia di persone si ritrovano in Toscana. Nel 2007 in 50.000 ballano a Pinerolo, e altri 10.000 nel Salento. Al Reclaim the Street del 1996 e alla Love Parade di Berlino, nate appunto contro la “repressione”, corrisponde però dal 1997 una scissione di puristi secondo cui questi eventi, alla faccia della protesta, sono diventati troppo mondani, e bisogna dunque organizzarne di più duri. Altro che Love Parade: le Fuck Parade! Love o Fuck, in realtà negli ultimi anni il movimento appariva un po’ in fase di stanca. L’avvento del digitale, in particolare, ha stroncato il mercato di vinili e cassette autoprodotti che era una delle principali fonti di finanziamento, e l’impressione di molti è che nei rave di oggi prevalga un aspetto un po’ vintage. Ma forse per rilanciare a Valentano era stato convocato un evento di dimensioni straordinarie e addirittura continentali. E lo scandalo non è mancato.