Si discute di obbligo vaccinale e intanto sui social, veri avamposti normativi, regna incontrastato un obbligo rituale: quello di reggere lo specchio delle proprie brame mentre si finge di partecipare al lutto di uno scrittore, di un editore, di un intellettuale, insomma di chiunque possa offrire l’opportunità all’autodichiaratosi Orbato di frapporsi tra il feretro e il buongusto. Che il culto di se stessi fosse l’epicentro di ogni attività social, compresa quella di ignorarne il ridicolo, è risaputo. Che l’ossessione assertiva riesca a impossessarsi di tuittaroli di ogni ordine e grado, anche. Ma che sia pratica ormai accettata scattarsi selfie a ripetizione con l’unico obiettivo di ritoccare continuamente il proprio autoritratto (cioè l’unico ritratto che consentiamo) senza rispettare nemmeno i defunti, è fenomeno che non dovrebbe soggiacere all’immunità di gregge. E invece pare che getti nello sconforto solo noialtri, orrendamente anziani, anchilosati certificati, novecenteschi ammuffiti e tediosi oltre ogni dire (stavo per scrivere “tediosi a morte”, ma mi ha assalito il timore che, usmando l’opportunità funebre ancorché figurata, mi si potesse avventare addosso un Chiunque in possesso della forza narcisistica necessaria a sloggiarmi dalla tastiera). Insomma, si può essere Becchini Narcisisti? Era il mestiere meno amato del mondo fino a qualche tempo fa, ora si può e si deve, tanto che è l’attività più praticata sui social.
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