L'Economist si ribella alla trans-censura e le suona ai colleghi di Lancet
La rivista-faro della comunità medica aveva cancellato le donne e parlato di "corpi con la vagina". Il settimanale inglese: "Un numero crescente di funzionari e organizzazioni resta senza parole quando si tratta a usare la parola ‘donna’"
“Latinx è un aggettivo di genere neutro che solo il 4 per cento degli ispanici americani afferma di preferire. Eppure, il New York Times ha lanciato una rubrica dedicata alla ‘comunità Latinx’. La parola si è insinuata nei comunicati stampa della Casa Bianca e nei discorsi presidenziali. I rapporti sulla diversità di Google utilizzano ‘Latinx+’. Un termine inventato da accademici esoterici è diventato mainstream”.
Con queste parole si apriva qualche settimana fa la copertina dell’Economist. “La minaccia della sinistra illiberale”. Non molto sorprendente per chi aveva capito da tempo dove stessimo andando, più che sorprendente che la denuncia sia arrivata dal settimanale dell’establishment. Adesso l’Economist attacca la vacca sacra del mondo medico-scientifico, Lancet, per avere parlato di “corpi con vagine” anziché delle donne. “E’ uno strano modo per riferirsi a metà della razza umana”, scrive l’Economist. “Un numero crescente di funzionari e organizzazioni resta senza parole quando si tratta a usare la parola ‘donna’”. Dopo la cancel culture, il settimanale denuncia il trans-attivismo.
“Un ospedale britannico ha raccomandato al personale dei suoi reparti maternità di rendersi disponibile a usare l’espressione ‘parto di persone’”. Critica l’American Civil Liberties Union (Aclu), che ha ripubblicato una citazione di Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema, nell’anniversario della sua morte. Ma con la parola “donne” regolarmente sostituita con “persone”. Un fenomeno, scrive ancora l’Economist, che si spiega “sia con la compassione sia con la paura. Compassione per non volere essere visti come escludenti. Paura perché ci si preoccupa di attirare l’ira online”. Spiegano che “medici, leader e politici dovrebbero riflettere attentamente prima di buttare via parole di uso comune, o utilizzarle in modi nuovi e radicalmente diversi. Nella fretta di apparire aggiornati rischiano di fare un disservizio ai propri pazienti, dipendenti ed elettori… Molti dei nuovi termini appaiono disumanizzanti… C’è più di un soffio di misoginia nell’aria”. E’ lo stesso Economist che ha definito uno dei libri dell’anno “Irreversible damage”, il libro di Abigail Shrier, boicottato da mezza America. E’ lo stesso Economist la cui editor, Helen Joyce, ha pubblicato “Trans”, critica femminista del movimento. E’ lo stesso Economist che questa estate ha attaccato la cacciata degli accademici critici del transgender.
“Molti attivisti trans pensano che qualsiasi disaccordo equivalga a incitare all’odio e cercano di sopprimerlo. Gli accademici che si sono opposti all’‘ideologia di genere’ sono stati rimossi dalle cariche professionali”. Come Callie Burt, professoressa alla Georgia State University, licenziata dal comitato editoriale del Feminist school of criminology. Aveva criticato la fusione tra sesso e identità di genere. Poi Kathleen Lowrey, professoressa di Antropologia all’Università dell’Alberta, rimossa dalla cattedra di un corso di laurea sempre per la sua critica al gender. “Eppure è probabile che l’effetto più preoccupante sia invisibile”, scrive l’Economist. “Un numero imprecisato di dipendenti universitari evita di esprimere la propria opinione per paura. In che modo un’ideologia che non ammette dissenso si è radicata così tanto nelle istituzioni? Sarebbe meglio se le università, che devono il loro successo a una tradizione di dissenso e dibattito, difendessero la libertà di parola”. L’Economist ricorda ai giornali mainstream che dovrebbero fare altrettanto.
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