"Quel Monty Python è transfobico": come la cortina della cancel culture cala sulla comicità
Terry Gilliam cacciato dai teatri di Londra perchè alcuni membri dello staff erano preoccupati delle sue opinioni. Non è uno sketch da "Brian di Nazareth", ma l'effetto del pol. corr.
Ralph Fiennes a marzo, mentre era impegnato a preparare un’interpretazione teatrale dei “Quattro Quartetti” di T. S. Eliot, rilasciò un’intervista al Telegraph: “Non riesco a capire il vetriolo contro di J. K. Rowling. Trovo irrazionale questa epoca di accuse e la necessità di condannare. Trovo inquietante il livello di odio che le persone esprimono nei confronti di opinioni diverse”. Fece una difesa della libertà artistica, minacciata dal conformismo e dalla cancel culture. “Mi preoccupo se si decide che alcune opere classiche sono irrilevanti. Penso sia preoccupante. Dobbiamo avere quelle voci che rischiano di essere offensive. Odierei un mondo in cui la libertà è soffocata”.
Specie se a essere soffocato è Terry Gilliam. “Sono stanco, come maschio bianco, di essere incolpato di qualsiasi cosa che va male nel mondo”, aveva detto la star dei Monty Python due anni fa al Wall Street Journal. “A Hollywood c’è molta pressione affinché un personaggio transgender sia interpretato da un attore transgender. E’ ridicolo. Non si può ridere di nessuno. Perciò voglio che mi chiamiate Loretta. Sono una lesbica nera in transizione”. In questo clima, domandava il Wall Street Journal, si potrebbe pensare di realizzare un altro film irriverente come “Brian di Nazareth”? Più di quarant’anni dopo aver scandalizzato i cristiani con la sua farsa biblica, Gilliam fa ancora infuriare i pii e le persone pudiche. Non più i cristiani, ma chi dice messa davanti all’altare della fluidità di genere.
Terry Gilliam, che è anche uno dei maggiori registi e sceneggiatori contemporanei, è stato cancellato da uno dei principali teatri britannici perché alcuni membri dello staff erano preoccupati per le sue opinioni “transfobiche”. Gilliam, ottant’anni, avrebbe dovuto dirigere il musical di Stephen Sondheim “Into the Woods” all’Old Vic di Londra. Il teatro, però, ha annunciato la cancellazione dello spettacolo. Il mese scorso, Gilliam aveva sostenuto pubblicamente il comico Dave Chappelle, accusato di attacchi alla comunità trans nel suo show “The closer” su Netflix. Gilliam ha detto che Chapelle era “socialmente consapevole, pericolosamente provocatorio e incredibilmente divertente”.
L’anno scorso Gilliam aveva descritto il movimento MeToo come una “caccia alle streghe” e mentre affermava di “odiare” il produttore cinematografico e predatore sessuale Weinstein, aveva aggiunto che ci sono “persone perbene” che sono state “prese a martellate” dal movimento. L’Old Vic è stato il teatro britannico più colpito dal movimento MeToo dopo le accuse all’attore Kevin Spacey durante il suo mandato come direttore artistico.
Anche gli ex partner di Gilliam con i Monty Python sono stati critici nei confronti della cancel culture. E’ stato annunciato quest’anno che John Cleese avrebbe esplorato il fenomeno in una nuova serie su Channel 4. Ha criticato l’effetto “soffocante” del politicamente corretto sulla commedia, “l’ossessione bonaria della correttezza del linguaggio” e quelli che “non riuscendo più a controllare le proprie emozioni hanno iniziato a cercare di controllare il comportamento altrui”.
Dominic Cavendish, critico teatrale del Telegraph, commenta che Gilliam in fondo lo aveva previsto in “Brazil”, il suo film del 1985, simile a “1984” di George Orwell. La visione di una società miseramente grigia e burocratica afflitta da un morbo kafkiano in cui l’eroe Sam Lowry sogna un amore fantastico e una fuga, ma finisce in una camera di tortura. “Nessuno si aspetta l’Inquisizione spagnola”, recitava il famoso sketch dei Monty Python. Quella no, ma l’Inquisizione woke sì…