nel capoluogo sabaudo
Il ritorno in presenza di Artissima. Ecco cosa vedere a Torino
Fino a domani 7 novembre all'Oval del Lingotto va in scena la ventottesima edizione della fiera d'arte contemporanea (l'anno scorso si fece soltanto online). Ma l'offerta culturale si amplia anche nelle altre zone della città
Torino. Se lo scorso anno, come per molte altre cose, ci siamo dovuti accontentare di un’edizione a distanza - ibrida e volta a tutelare le gallerie, mantenendo il carattere sperimentale di una proposta di qualità commerciale e culturale - quella del 2021 torna ad essere in presenza con una a dir poco piacevole combinazione tra fisico e digitale. Fino a domani, dunque, tutti a Torino, tutti ad Artissima, tutti all’Oval Lingotto, il luminoso padiglione di 20mila metri quadri nel cuore del quartiere espositivo di Lingotto Fiere realizzato per i Giochi Olimpici Invernali del 2006 per ospitare il pattinaggio di velocità su ghiaccio. Tutto è pronto per questa 28esima edizione che Il Foglio ha visitato in anteprima, con le sue 154 gallerie provenienti da 37 Paesi diversi, che rappresentano il meglio della ricerca in materia di arte contemporanea, tra opere di vario prezzo e genere.
Oltre alle sue quattro sezioni storiche dell’unica fiera al mondo interamente dedicata all’arte contemporanea - la Main Section, "New Entries" (gallerie giovani), "Dialogue/Monologue" (stand monografici o in dialogo tra due artisti), "Art Spaces & Editions" (grafica, multipli e spazi non profit) - va infatti in scena Artissima XYZ, con le sezioni "Present Future" (artisti emergenti), "Back to the Future" (artisti storicizzati da riscoprire) e "Disegni", dotati anche di una “proiezione” in presenza. Il tema scelto dalla direttrice Ilaria Bonacossa – alla sua quinta ed ultima edizione - è “Controtempo”, una maniera per porre l’accento sui tempi deboli e per raccontare quella sospensione che ognuno di noi ha vissuto, sottolineando la propensione della stessa arte contemporanea a vivere ‘controtempo’. Ciò che è fisico e ciò che è digitale non devono essere in contrasto, ma possono vivere supportandosi, più che sopportandosi a vicenda, anche perché è vero che oggi l’opera d’arte non è più soltanto l’oggetto tangibile da poter toccare e ammirare, ma può essere costituita anche da milioni e milioni di pixel. Una fiera all’avanguardia per il suo programma culturale, per le sezioni curate, per la riconversione digitale; una fiera del futuro con una sua precisa identità in cui le gallerie sperimentano, curano stand coraggiosi e presentano artisti emergenti coinvolgendoli, creando al Lingotto come in tutta la città, una energia che funziona e che attrae. “Le gallerie hanno davvero la necessità – ha dichiarato la direttrice - di far crescere una nuova generazione di collezionisti, ma questo va fatto con le occasioni fisiche di incontro con l’arte". Il digitale è importante, dunque, ma ricominciare dal vivo lo è ancora di più e allora via per un tour tra gli stand dell’Oval, tra novità, conferme e sroprese.
Alla galleria della romana Francesca Antonini, troviamo Antonello Viola e le sue opere che – ci spiega– “sono un lavoro sul tempo, la sua stratificazione e sedimentazione”, un lavoro, il suo, risalente a tre anni fa, su carte chiuse con foglie color oro e rame e messe su tele i cui bordi creano dei passaggi, speciali ognuno a suo modo. Colpiscono le miniature, ma grandi nello stile, della veneta Marta Naturale. Il piccolo paese da cui proviene, Noale, è raccontato con una precisione estrema su tele piccole e quadrate – opere singole, dittici e trittici – tra terra e mare, parchi giochi e boschi con siepi che rispecchiano l’amore della giovane artista per l’antropico e la vegetazione realizzati spesso con l’uso della lente di ingrandimento. Alla Podbielski Gallery, ci colpiscono le foto della sezione “Binidittu” di Nicola Lo Calzo, interessato alla memoria e alla resistenza al capitalismo, mentre nella vicina Galleria +2, l’opera Fereydoun Ave racconta un passato a Teheran che si mescola con il presente, la sua velocità e le sue mille contraddizioni. Molto interessante il lavoro fatto da Giulia Marchi sul rapporto tra Nietzsche e la città di Torino. Partendo dalle sue “Lettere alla follia”, l’artista è partita da una schermata d’errore per creare 21 moduli bianchi (lo stesso numero delle lettere originali) usando 100 parole prelevate proprio da quei testi pensando e realizzando così una ricerca di comunicazione alternativa. Nell’opera successiva, ne ha scritte invece ben quattro indirizzate ad altrettante persone a lei care. Poco distante, alla galleria Monitor di Paola Capata ci piace molto il cavallo realizzato da Matteo Fato. Da Franco Noero ci sono Lothar Baumgarten e Henrik Hakansson mentre Enzo Cucchi, Slater Bradley, Luigi Ghirri, John Isaacs, Fabio Viale, Gilberto Zorio e molti altri sono nel grande spazio della Galleria Poggiali, toujour très chic. Travolgente, come le sue opere, la catanese Loredana Longo, che con Letizia Battaglia ha realizzato un mix tra i suoi oramai celebri tappeti e le foto che in bianco e nero le ha fatto la fotografa palermitana, anche senza veli, ma quando la incontriamo indossa una tuta blu da meccanico. “Never stop believing in the power of your ideas”, “The dream shall never die” o “If you take no risks you win no victories” sono alcune delle scritte stampate a caldo sulle super opere esposte nello spazio della galleria palermitana di Francesco Pantaleone.
Oltre alla collaborazione con Illy, Artissima presenta quest’anno altri premi sostenuti da FPT for Sustainable Art, ma anche il Premio Tosetti Value per la fotografia, il Premio Carol Rama by Fondazione Sardi per l’Arte, il Premio Xiaomi HyperCharge, e tre premi sostenuti da istituzioni del territorio: l’OGR Award, il Premio Ettore e Ines Fico e il Premio “ad occhi chiusi…” by Fondazione Merz, senza dimenticare l’attenzione della Fiera verso i giovani artisti tramite il JaguArt, un progetto itinerante e di ricerca di giovani talenti nato dal dialogo tra Artissima e Jaguar tre anni fa.
Una volta fuori dal Lingotto, tornati in città, è da non perdere la mostra “Martin Parr. We love sports” al centro Camera curata da Walter Guadagnini con Monica Poggi che ripercorre la carriera del celebre autore inglese (classe 1952), membro di Magnum Photos, attraverso circa 150 immagini dedicate a svariati eventi sportivi, con un focus tematico incentrato sugli scatti da lui realizzati su commissione del Gruppo Lavazza in occasione dei più rilevanti tornei di tennis degli ultimi anni. Alle OGR Torino ci sono invece due performance di Adam Linder nella cornice della mostra collettiva “Vogliamo tutto”, una mostra sul lavoro, tra disillusione e riscatto, curata da Samuele Piazza con Nicola Ricciardi visitabile fino al 16 gennaio 2022. Al PAV c’è la mostra personale di Eugenio Tibaldi intitolata “Temporary Landscape. Erbari, mappe e diari”. Curata da Marco Scotini, si focalizza sull’opera grafica dell’artista, come modalità ibrida al confine tra rappresentazione estetica, fotografia, progettazione architettonica e riflessione teorica, un intervento grafico e “ambientale” capace di registrare su microscala le trasformazioni ecologiche del nostro tempo, cercando di trovare una corrispondenza precaria (e mai definitiva) tra una realtà fratturata e la sua rappresentazione, tra l'uomo e l’ambiente. Nello spazio no profit Mucho Mass!, tra i quartieri di Barriera e Aurora, c’è la mostra “Space in Mirror Is Closer Than It Appears” del duo Stefano Comensoli_Nicolò Colciago con installazioni site specific, proiezioni di diapositive di collage a pellicola e un video documentativo su schermo che, al centro della sala, è come una porta da attraversare. Il duo lavora con oggetti in disuso o elementi di seconda mano, creando opere d’arte dall’alto potenziale poetico, dando vita a un’azione capace di trovare la bellezza anche in ciò che apparentemente non sembra poter essere recuperato. Il lituano Augustas Serapinas ha scelto lo storico Hotel Principi di Piemonte per la sua installazione “6 Chairs” che consiste nella presentazione di sei sedie realizzate in diversi materiali - ferro, legno e plastica - che si elevano ad un’altezza di quasi due metri, assemblate e montate come in un bricolage fantastico in cui l’architettura incontra un’estetica fai da te, “un esempio ulteriore del legame tra la Fiera e la città”, conclude la direttrice, Oggi più attiva che mai.
Ultimo, e non certo per importanza, il triplice appuntamento alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, a cominciare dall’installazione dell’artista statunitense Martine Syms, dal titolo “Neural Swamp”, un’installazione immersiva con protagoniste tre entità: Athena, Dee e la narratrice che si proiettano sulla superficie espositiva invadendo lo spazio con le loro voci impegnate nella lettura di un copione generato in tempo reale da un software di un’intelligenza artificiale dedicato alla scrittura. Le altre due mostre sono: “Stretching the Body” - che riunisce dieci artiste internazionali, tra cui Jana Euler, Christina Quarles, Avery Singer, Anj Smith e Ambera Wellmann sul tema della figura umana attraverso il medium della pittura - e “Safe House” – una collettiva che avvia la seconda stagione di Verso, il programma espositivo ed educativo rivolto alle giovani generazioni dell’istituzione, riflettendo sulla segretezza e sull’invisibilità come forme di governo e auto organizzazione delle vite umane. Perfetta anche la cena organizzata a casa di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo nel quartiere Crocetta, tra aperitivi con “fake” cherry tomato e insalata russa, risotto alla milanese, un secondo di vitello con purea di patate che piacciono molto a Eugenio Viola e Gian Maria Tosatti, curatore e artista dell’attesissimo Padiglione Italia alla prossima Biennale d’Arte di Venezia. Con il curatore Hans Obrist, Giovanna Melandri del Museo Maxxi, Arturo Galansino di Palazzo Strozzi e il direttore della Gamec di Bergamo, Lorenzo Giusti, degustiamo un tiramisù e altri dessert come se non ci fosse un domani. Che poi nell’arte, senza rendercene conto, è già un oggi inviso alla normalità.