il libro
Il Credo di Fëdor Dostoevskij
Agli occhi di Solov’ëv, che al russo si ispirò per la sua opera filosofica, il suo "maestro" è stato molto più che un grande scrittore
Quando, nel 1881, Fëdor Mikhailovic Dostoevskij muore all’età di sessant’anni, Vladimir Sergeevic Solov’ëv di anni ne ha ventotto. Non gliene resteranno molti da vivere, soltanto diciannove, ma gli saranno sufficienti per condurre a termine l’elaborazione di una filosofia di così grande valore che il celebre teologo Hans Urs von Balthasar non esitò a definirla “la più universale creazione speculativa dell’epoca moderna”. Non v’è dubbio che questa eccezionale creazione debba molto alla figura e all’opera dostoevskijane, per le quali Solov’ëv nutrì un’ammirazione sconfinata, come testimoniano i tre discorsi da lui dedicati all’autore de I fratelli Karamazov, risalenti al triennio 1881-1883, di recente ripubblicati, con il titolo Fëdor Dostoevskij, dall’editore senese Cantagalli a cura di Giuseppina Cardillo Azzaro e Pierluca Azzaro.
Scrive Solov’ëv: “Avendo accolto nella sua anima tutta la cattiveria che è nel mondo, tutte le pene e le tenebre della vita, e avendole vinte con la forza illimitata del suo amore, Dostoevskij in tutte le sue creazioni ha diffuso il lieto annuncio della vittoria conseguita… La realtà di Dio e del Cristo gli si rivelò nella forza interiore dell’amore e del perdono universale”. Agli occhi di Solov’ëv, Dostoevskij è molto più che un grande scrittore, e questo di più gli proviene dalla fede in Cristo, che fece di lui non solamente un apostolo ma anche un profeta, come ricorda nella Prefazione del libro il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Tornato dalla prigionia, dopo aver rischiato la fucilazione, Dostoevskij è un uomo nuovo che ha compreso che la “verità serba un significato religioso ed è necessariamente legata alla fede in Cristo e all’ideale del Cristo”: soltanto in Lui risiede sia la risposta all’enigma del vivere sia la soluzione dei problemi sociali. A questo riguardo, Solov’ëv afferma che “Dostoevskij battezzò la fede popolare della Chiesa come il nostro socialismo russo” e nel nome di Cristo egli prefigurò “l’idea cristiana della libera unione di tutta l’umanità e dell’universale fratellanza”.
Secondo Solov’ëv , è la fede cristiana a marchiare a fuoco la vita e le opere di Dostoevskij, una fede totale e incondizionata che, come sostenne il mecenate russo Pavel Tretiakov, fa di lui un apostolo e un profeta: apostolo perché dedicò l’intera esistenza all’annuncio di Cristo, profeta perché proclamò la volontà di Dio, avvertendo contemporaneamente gli uomini circa l’incombere di futuri disastri. In una lettera del 1854 inviata a Natalija Fonvizina, Dostoevskij scrive: “In questi anni ho composto dentro di me un credo in cui tutto per me è chiaro e sacro. Questo credo è molto semplice, eccolo: credere che non c’è niente di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più coraggioso e di più perfetto di Cristo”. Di qui la sua paradossale certezza secondo cui Cristo sarebbe preferibile alla verità stessa.