William Dyce. Francesca da Rimini  

La lezione modernista di un grande maestro dell'Ottocento

Giuliano Ferrara

Con molto anticipo, anche Francesco De Sanctis vedeva nel mezzo il messaggio. La sua lettura della Francesca da Rimini di Dante è un saggio di sublime misofilia che le femministe radicali dovrebbero studiare

Leggendo Dante e la critica dantesca nella famosa quiete della campagna, perché “Roma mi fe’ / rifecemi Maremma”, mi sono imbattuto in un campione di modernismo della metà di due secoli fa, l’Ottocento, e si chiama Francesco De Sanctis. De Sanctis è uno di quei giganti che i nani ritengono superato, lo bollano di critica romantica, idealistica, lo inquadrano e ne fanno un professore dei professori di liceo, passando oltre. Non siamo ancora arrivati alla sostituzione del monumento, alla cancellazione della perentoria solenne rilevanza del suo genio letterario e estetico, perché un po’ di pudore ha sconsigliato manovre troppo brusche, ma con le tecniche incrociate dell’oblio, della consegna al passatismo, si realizza il progetto di ogni innovazione bigotta: spacciare per novità le cose già dette. 
 

Marshall McLuhan diceva che il mezzo è il messaggio e i tipi alla Freccero ne hanno fatto il campione della semiologia contemporanea, la chiave del loro lavoro e successo linguistico di decrittatori e decostruttori della cultura alta con l’aiuto della bassa (lavoro terminato con la campagna no vax indirizzata alla denuncia del grande reset). McLuhan era intelligente e ha aiutato a capire che i significati sono condizionati all’estremo dai vettori di significazione, ragion per cui una scenetta di Barbara D’Urso, nella dialettica di alto e basso, vale a comprendere il tempo come e forse più dell’intera bibliografia di Virginia Woolf. L’esagerazione viene dal fatto che s’ignora o si nasconde come il vecchio e baffuto ministro dell’Istruzione pubblica nel Regno, critico e filosofo da Morra Irpina, aveva già scritto e definito, prima di televisione e social, fissando l’occhio esclusivamente verso l’alto ma procurando di vedere l’oggetto poetico e non l’occhio stesso (lo scrittore a scomparsa della dottrina di Flaubert) il fatto che l’idea, il concetto, la struttura allegorica in un racconto poetico non contano, perché è poesia quando l’idea o concetto o messaggio è disvelata e nascosta dall’immagine, dall’espressione, dalla rappresentazione, solo lì trionfa il mezzo. Perché per lui appunto, e con molto anticipo, il mezzo era il messaggio.

 

Un altro grande assunto dai modernisti militanti come campione di cinismo letterario fu Vladimir Nabokov, eccellente nemico di ogni messaggio e di ogni concettualizzazione e mitico combattente per il mezzo artistico che sopravanza e abolisce nell’espressione, superandoli, i significati. Ma anche qui tutto era stato detto. Quando De Sanctis spiega o legge Francesca da Rimini, nel canto V dell’Inferno, quel che gli interessa è, in un saggio di sublime misofilia che le femministe radicali dovrebbero studiare prima di ogni ricerca sul gender, il ritratto di una donna viva e vera che colloca Madame Bovary, con le sue passioni tremanti, nel pieno di un giorno indefinito del 1300 (XIV secolo). E lo scritto mirabile, in cui è una distinzione tra la il riso e la bocca che ride di sovrana pregnanza, è dell’epoca in cui Gustave Flaubert stava appunto definendo, nello stile poetico assoluto e nell’oggettivismo senza partecipazione dell’io scrivente (dateci le lacrime delle cose e risparmiateci le vostre, altro flaubertismo desanctisiano), la famosa e immortale storia di un’adultera. Rassicuriamoci dunque, anche il 2022 sarà un anno di modernismo nel segno dell’antico liceale. Niente di nuovo sotto il sole. E molti auguri.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.