Si può essere amici di un No vax? Chiacchiere filosofiche
Come fare se la si pensa all’opposto sui vaccini. Due filosofi parlano di pandemia e relazioni
I filosofi Bruno Moroncini e Silvano Petrosino erano ospiti qualche anno fa a una puntata di “Lo stato dell’arte”, trasmissione di Maurizio Ferraris su Rai 5. A dispetto della documanità – la teoria dello stesso Ferraris per cui è essenziale “lasciare tracce” – quella puntata è scomparsa da RaiPlay. Si parlava di Jacques Derrida, e dall’autore di Politiche dell’amicizia, 1994, si riparte per chiedere: il legame con un amico si può consumare a partire da una presa di posizione sul vaccino? Si può restare amici di un No vax?
Petrosino: “Assolutamente sì. Il problema sta nel peso che diamo alle parole: chiamiamo amici i contatti sui social network. Derrida leggeva Aristotele, per il quale l’amicizia è tra i legami che definiscono l’umano, con quello tra genitori e figli e quello tra discepolo e maestro. Quando distingue l’amicizia ‘per il comodo’ e ‘per l’utile’ da quella ‘per la virtù’, dobbiamo capire questo: il filosofo sta cercando le parole per spiegare che l’amicizia autentica è immotivata. Un amico è tale perché è lui, in questo si vede la vicinanza con l’amore. E mi azzardo a dire che nell’amore, neanche il tradimento giustifica l’abbandono. Ma capisco il motivo della domanda: la pandemia tocca delle corde ancestrali, è un ‘fantasma’ che si nutre del timore dell’infezione, e mette a dura prova il legame sociale”.
Moroncini: “L’amicizia presuppone una condivisione profonda, quasi sempre inconscia, degli stili di vita, una consonanza nelle scelte che, se non implicano un’assoluta identità di vedute su ogni cosa, escludono però divergenze grandi come può essere quella sul vaccino. Fra i miei amici, ormai di lunghissima data, non c’è nessun No vax: ci sono approcci differenti, chi si allarma oltre misura e sviluppa fobie, chi ostenta una calma più apparente che reale, chi la prende con filosofia (è il mio caso), ma siamo tutti alla terza dose. Ognuno reagisce in modo singolare, idiosincratico, alle vicissitudini della vita, ma sempre all’interno di uno spazio condiviso. Si usa il termine amicizia con troppa faciloneria. D’altronde serie ricerche sociologiche hanno dimostrato che di amici contemporaneamente, e forse nell’intera vita, non se ne possono avere più di cinque”.
Bruno Moroncini ha intitolato un suo libro Gli amici non si danno del tu (Cronopio 2011), mutuando l’espressione da Maurice Blanchot, e durante il lockdown ha denunciato il dilagare di “un’insopportabile retorica dei corpi”. Che ne pensa Petrosino? “Moroncini è meridionale e anche io ho origini del sud: potremmo darci del voi, non fosse per l’associazione che purtroppo viene fatta con il fascismo. Il punto è che la distanza nell’amicizia è fondamentale. Di nuovo: come nell’amore, che è un’unione senza fusione, o meglio, un’unità senza identità, o identificazione. Il che dà la vera misura dell’intimità che pure deve esserci sia nell’amore che nell’amicizia, senza essere volgarmente complici. Ma purtroppo la società ha il potere di consumare le parole”.
Silvano Petrosino nel suo Lo scandalo dell’imprevedibile ha scritto contro una retorica ipocrita di esaltazione degli istinti che “divide il tempo diurno da quello notturno, cioè il tempo della razionalità e della scienza da quello dell’emotività e dell’arte. Ma il tempo che consideriamo ‘vero’ è quello diurno, mentre a quello notturno non si dà credito fino in fondo. Va bene per la nostra autorappresentazione social”. Che ne pensa Moroncini? “Mi viene in mente Pasolini che di giorno scriveva e di notte frequentava le borgate romane alla ricerca dei ragazzi di vita. Ma il corpo in questione negli incontri notturni non era quello di cui si è straparlato durante il lockdown, ma il corpo che gode, ossia un corpo straziato. E poi chissà: in questa vita sdoppiata non si sa quale sia il giorno e quale la notte. Forse è vero il contrario: si scrive di notte e si gode di giorno, si trae piacere dalla scrittura e nella lettera che si forma sulla pagina bianca s’iscrive il battito ritmico del godimento sessuale”.