la recensione
Daniel Orozco è il "one book author" perfetto. I racconti cult di "Orientamento"
Gli scrittori con un solo libro capolavoro sugli scaffali hanno sempre attratto, ma sono meno di quelli che crediamo. Forse il più puro è Orozco, una specie di Kafka in camicia di flanella a quadri, maestro nel raccontare un certo tipo di anomia urbana e occidentale
Il one book author, l’autore da un solo libro, è una figura mitica che non ha mai cessato di esercitare il suo fascino, anche negli altri autori e artisti: si pensi ad esempio al Jep Gambardella della “Grande bellezza”, autore del solo romanzo giovanile L’apparato umano, o al Vittorio Vezzosi protagonista del romanzo di Edoardo Nesi La mia ombra è tua, che ha scritto solo l’amatissimo debutto I lupi dentro. Gli esempi, nella realtà, sono del resto fin troppo carichi di glamour: la Sylvia Plath della Campana di vetro, il J. D. Salinger del Giovane Holden, il Boris Pasternak del Dottor Zivago… Qualcuno potrebbe a questo punto obiettare che si tratta sì di autori con un solo (e grande) romanzo all’attivo, ma che hanno comunque prodotto un corpus considerevole di racconti o poesie, a loro volta usciti su riviste o in plaquette e in alcuni casi raccolti in volume. La realtà è sempre un po’ meno affascinante e perentoria della fantasia, e anche Emily Brontë, forse la più “pura” di tutti i one book author, col solo capolavoro Cime tempestose sugli scaffali, qualche verso se lo è lasciato dietro.
Ecco perché la vicenda di Daniel Orozco, californiano classe 1957, non può non catturare l’attenzione dei lettori appassionati di quei sistemi mitologici legati all’origine e allo sviluppo delle opere o alle biografie degli autori, che prosperano subito dietro alla parte visibile del campo letterario. Figlio di immigrati nicaraguensi, Orozco ha scritto e pubblicato un solo libro, Orientamento, e per di più non si tratta, come avviene di solito, di un libro giovanile di grande successo: è uscito nel 2011, quando l’autore aveva cinquantaquattro anni, e non ha avuto particolare successo, se non nella nicchia dei lettori fortissimi, salvo poi emergere, nel corso dell’ultimo decennio, al pieno status di libro di culto. Adesso anche i lettori italiani possono farne esperienza, grazie a Racconti Edizioni e alla traduzione del loro co-fondatore Emanuele Giammarco. Come ci si può aspettare da un libro con dietro una vicenda così inusuale, i nove racconti che compongono Orientamento paiono usciti da un ambito spaziotemporale indefinibile. Sono racconti “novecenteschi” quantomeno nell’essere sempre ambientati in contesti lavorativi, in genere impiegatizi come nella “title track”, e nel raccontare un certo tipo di anomia urbana e occidentale; e tuttavia hanno in sé qualcosa che perturba in modo nuovo, e li consegna quindi al futuro, più che al passato.
I nomi che vengono in mente leggendo sono quelli di Cheever, Carver, Munro, dello stesso Salinger – siamo nel campo del north-american realism – ma quel “qualcosa di strano” che scorre sottotraccia ha a che fare, da un lato, con la surrealtà beffarda alla Barthelme, e dall’altro con un senso di alienazione che ha poco di sociologico e molto di metafisico: ed ecco la silhouette di Kafka apparire all’orizzonte, ma con addosso una camicia di flanella e un cappellino da baseball da due soldi, come se ci fosse stato uno scambio di vestiti col Donald Ray Pollock di Knockemstiff. “Ho detto quel che avevo da dire”, scrisse Harper Lee, un’altra grande one book author, dopo la pubblicazione del Buio oltre la siepe, “e non ho intenzione di dirlo di nuovo”. Come sappiamo, si sarebbe smentita nel 2015 con Va’, metti una sentinella, anche se si è poi scoperto che era un testo precedente al suo capolavoro. Speriamo che si smentisca anche Daniel Orozco, e se ci presenta qualcosa di precedente a Orientamento ce ne faremo una ragione, essendo, i suoi, racconti che si collocano per natura e costituzione fuori dal tempo.