"E al posto di Amadeus Elisa o Mara Maionchi", dice il cantante
Morandi: "Una donna al Quirinale può mettere tutti d'accordo"
Sanremo e Jovanotti, la politica italiana, il pol. corr., i 60 anni della sua prima canzone e la voglia di reagire. E le scarpe da running sempre in valigia. “La musica mi mantiene giovane". La versione di Gianni
“Penso da sempre che le donne – dice Gianni Morandi - siano meglio degli uomini, anche perché sono più sincere. In una famiglia è la donna che tiene in piedi il tutto ed è più equilibrata, almeno nella mia. Le idee di mia moglie Anna sono sempre più sagge e meno cialtrone delle mie”, aggiunge ridendo. Una donna al Quirinale? “Perché no? Non mi dispiacerebbe affatto, sarebbe una bellissima scelta. Sono tante quelle che hanno avuto ruoli importanti dimostrando di saper fare molto bene il loro lavoro, nonostante le critiche: penso alla Thatcher, alla Merkel e alla von der Leyen. Le donne sono brave: diamo loro delle responsabilità e staremo meglio tutti”.
In un momento come questo in cui il Covid va di pari passo con la bagarre istituzionale relativa proprio all’elezione di colui o di colei che dovrà salire al Colle, “convergere su un nome solo” – aggiunge il cantante di Monghidoro, in Emilia Romagna – non è facile, ma una donna potrebbe mettere d’accordo tutti”.
“Qualcuno parlava di Marta Cartabia e credo che abbia tutta l’autorità, la competenza e l’esperienza per poter fare il presidente. Hanno fatto anche il nome della Casellati o della Bonino, ma staremo a vedere. In ogni caso, una donna al Quirinale non ci starebbe male, sarebbe la prima volta in Italia”, ragiona via Zoom dal Teatro Duse di Bologna, dove sta per esibirsi in concerto a una decina di giorni dalla partecipazione al Festival di Sanremo. Negli anni, Morandi lo ha vissuto da artista in gara – da solo e in gruppo – da ospite e da conduttore. Ma soprattutto lo ha vinto. Solo due donne sono riuscite a condurlo - Antonella Clerici e Simona Ventura – ma nessuna è mai stata nominata direttrice artistica, il ruolo che da tre edizioni, compresa questa che sta per iniziare, ricopre Amadeus. “Al suo posto ci vedrei molto bene Laura Pausini o Fiorella Mannoia. Possono benissimo presentare e scegliere le canzoni e, come loro, anche Elisa o Mara Maionchi che iniziò con Battisti e Mogol e che ha tanto ancora da insegnare”.
Una donna a tutti i costi e un eccessivo politicamente corretto, dalla politica alla musica, dal cinema alla tv, non le sembra esagerato – gli chiediamo – non rischia di portare a un altro tipo di eccesso? “Ovviamente sì – fa lui – basti pensare ai Premi Oscar e a cosa è successo lì. Viva il rispetto della parità di genere e delle minoranze, ma in certi casi come in altri, che si tratti della presidenza della Repubblica o di Sanremo, bisogna restare sulla qualità della persona. A mio parere le donne che Amadeus ha scelto, per esempio, le ha volute non per essere corretto, ma per dare una panoramica diversa, una scelta che non mi dispiace. Bisogna guardare alla qualità, ripeto, e soprattutto alla misura, e non è facile”.
Sul palco dell’Ariston Morandi sarà tra i big in gara con il brano Apri tutte le porte che gli ha scritto appositamente Jovanotti. Una collaborazione, quella con il collega di Cortona, nata dopo che Morandi è caduto su un fuoco di sterpaglie nel suo giardino. “Senza la mia mano bruciata", precisa, "non sarei andato all’ospedale, non avrei ricevuto la telefonata preoccupata di Jovanotti e non mi avrebbe proposto di cantare al suo posto prima L'allegria e poi Apri tutte le porte; forse, l’idea di Sanremo non ci sarebbe proprio stata”.
Molte delle 25 canzoni in gara ascoltate in anteprima hanno come tratto in comune proprio questa voglia di reagire a quello che è successo negli ultimi due anni e mezzo e che continua a succederci. Lui dice “Apri le porte”, un altro cantante dice “Fottitene e balla”, un altro ancora “muoviamo il culo e le mani anche se sta per finire il mondo”. Quella di Morandi, dunque, può essere anche un esorcismo per una speranza? “Uno cerca di cantare anche la realtà che sta vivendo”, precisa. “Credo che tutti noi abbiamo la necessità di tirarci su e di venire fuori da tutto questo. Apri le porte è una canzone di speranza e per me è stata quasi una terapia, visto che avevo passato 27 giorni in ospedale. Volevo ricominciare a vivere. Ha un ritmo formidabile che dà la carica, ma non è la classica canzone di Sanremo. Jovanotti è uno splendido rapper, ci sono i suoi ritmi, le sue parole, quel suo pensare positivo che ci accomuna oltre allo sport: lui in bici, io con la mia corsa. Le scarpe da running saranno le prime cose che metterò in valigia, perché correrò anche a Sanremo. Come lui, amo il rischio e amo fare cose diverse, anche lontane da me, ma siamo molto simili soprattutto in quella capacità che abbiamo di trovare anche nelle difficoltà una strada per venirne fuori”. Il brano è prodotto dal musicista tedesco di origine turca Mousse T che gli sarà a fianco come direttore d'orchestra. In gara troverà anche l'eterno "rivale" Massimo Ranieri. “L'Italia da sempre è fatta di dualismi: Coppi e Bartali, Del Piero e Baggio. Anche io e Massimo eravamo così, ma alla fine siamo diventati amici. Al Bano invidioso? Eh, prima o poi faremo quel tour a tre di cui parliamo da tanto".
Morandi ci confida di non aver visto È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino e sa poco, quindi, della frase – ripetuta noiosamente da troppe persone - “Non ti disunire” che il regista Antonio Capuano rivolge al giovane Fabietto, protagonista del film, “ma prima di quella frase – tiene a precisare - io avevo già detto “Restiamo uniti”, che è stato e che continua ad essere il mio mantra”. “Ho cantato Si può dare di più e oggi, quella frase, la dedicherei a tutti noi: dobbiamo darci più fiducia e dovremmo cercare pensare in alcuni ambiti allo stesso modo per il bene di tutti, invece le battaglie politiche non hanno come obiettivo il senso dell’insieme”.
“La musica – aggiunge - mi mantiene giovane. Volevo fare un pezzo più divertente e più ritmico, visto che ne ho fatte troppe di canzoni melodiche con l’acuto finale". Nonostante sia per lui la settima volta in gara su quel palco (più due da conduttore), non nasconde l’emozione ("Mi viene la tremarella e mi suderanno le mani, lo so”), anche perché quest’anno festeggerà i 60 anni dalla sua prima canzone registrata, Andavo a cento allora – “sono coetaneo dei Beatles e il loro singolo, Love me do, uscì a pochi giorni di distanza dal mio” – e i 50 anni dalla sua prima volta proprio a Sanremo. “Nonostante fossi già conosciuto, per dieci anni non ci andai, perché impegnato a fare Canzonissima da settembre a gennaio. Riuscii ad andarci solo nel 1972 con Vado a lavorare. Cochi e Renato mi mandarono un telegramma su cui scrissero che a lavorare dovevo andarci io. Avevano ragione, perché quella non è stata certo la mia miglior canzone (ride, ndr)”.
A lavorare – come dice – poi ci è andato e a parte qualche episodio che ricorda ancora con grande dispiacere (“quando aprii il concerto dei Led Zeppelin a Milano, il 4 luglio del 1971, una data che non dimenticherò mai, mi tirarono i pomodori”), ci è riuscito e anche molto bene. “Nella vita ci vuole culo, è inutile negarlo, e io l’ho avuto”, dice prima di salutarci. “Dieci anni dopo quell’episodio, ritrovai la mia strada nel 1981 grazie a Mogol, che si era appena separato artisticamente da Battisti. Mi disse se sapevo giocare a pallone e poco dopo mi chiese perché non ricominciassi a cantare. Mi fece tornare quella voglia di ricominciare, di ributtarmi nella mischia e nella musica che non mi ha mai più abbandonato. Nella vita ci vuole fortuna, lo ripeto: poi sta ad ognuno di noi saperla gestire, ma – soprattutto – saperla mantenere”.