“La lotta su patriarcato e gender non ha senso”. Il nuovo libro di Emmanuel Todd

Giulio Meotti

"Parlare di patriarcato in modo indifferenziato per evocare la situazione delle donne a Kabul e nella regione parigina è ridicolo", scrive il celebre sociologo di sinistra che predisse la caduta dell’Urss nel 1976

Nel 1976, con il libro La Chute finale. Essai sur la décomposition de la sphère soviétique, Emmanuel Todd ha previsto – unico al tempo fra i grandi studiosi europei – la caduta dell’Impero sovietico con tredici anni di anticipo. Todd vide indicatori come i tassi di suicidio così enormi da suggerire una profonda sofferenza psicologica della popolazione. E poi l’aumento della mortalità infantile in Urss, fatto unico per un paese industrializzato e sviluppato, dal quale dedusse che tutta la sua struttura tecnica e industriale era in procinto di regredire verso una decrepitezza irreversibile.

Sociologo e demografo francese, nipote dello scrittore Paul Nizan e del grande antropologo Claude Lévi-Strauss, Emmanuel Todd quando pubblica un libro è un piccolo evento, ma "Où en sont-elles?" (Seuil) gli procurerà molti guai, perché Todd lede l’articolo di fede della dottrina femminista: l’oppressione patriarcale. Secondo Todd, la grande emancipazione delle donne ha provocato il sorgere di un “matridominio ideologico”.

Secondo lui, il patriarcato “non è mai realmente esistito” nell’Europa occidentale. “Se le identità iniziano a diventare ‘fluide’, se la parola ‘genere’ sostituisce la parola ‘sesso’ finché non scompare, se neghiamo la differenza sessuale, come potremo capire gli sviluppi attuali?”, si domanda. “Negli ultimi settant’anni ci sono stati due grandi sviluppi sociali: l’emancipazione femminile e il crollo delle identità collettive, nazionali e spirituali”. Todd esamina la possibilità di una relazione tra i due. “Non possiamo non vedere, seguendo Durkheim, la sequenza che porta dalla caduta della religione all’ideologia transgender come esempio di un fenomeno sociale secondo il quale la scomposizione delle idee collettive produce un disturbo identitario generalizzato divenuto ideologia del sé”.

Nel libro, Todd attacca duramente il femminismo della terza ondata, “un femminismo antagonista che ricorda quello del mondo angloamericano”. Il protestantesimo, sul rapporto tra uomini e donne, è regressivo rispetto al cristianesimo originario. “Il cattolicesimo aveva una dimensione matricentrica con il culto della Vergine Maria. Il messaggio di Lutero è molto patriarcale. La virulenza del femminismo nel mondo angloamericano è in gran parte il risultato di una reazione contro questa eredità”.  C’è una persistenza del predominio maschile nel settore dirigente dell’economia privata e nelle burocrazie statali. “Per il resto, le differenze economiche tra uomini e donne si spiegano solo con la scelta della maternità”. Todd attacca un certo relativismo. “Parlare di patriarcato in modo indifferenziato per evocare la situazione delle donne a Kabul e nella regione parigina non ha senso dal punto di vista della ricercatrice in antropologia”.

Dice che l’ideologia di genere è aliena ai ceti popolari. “Si tratta di un’ideologia tipica della piccola borghesia, portata avanti dalle donne della classe media appartenenti all’università. Il femminismo antagonista è un’ideologia nel senso più forte del termine, nel senso che non è vissuta: le classi che promuovono la lotta contro il dominio maschile non la subiscono”. In Afghanistan, sì.
 

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  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.