il cammino dei vulcani - diario di bordo
Non dire Monte, se sei nel Lazio
Fosse ciclismo, da Campagnano a Formello (8 chilometri) sarebbe un cronoprologo da percorrere uno alla volta. Ma non ci sono biciclette, solo scarpe da muovere. La terza tappa del cammino di Marco Pastonesi è una terrazza sui vulcani
Monte, nel Lazio, è un termine sopravvalutato. È monte Monte Mario, 139 metri. È monte Monte Ciocci, 80 metri, lo Stelvio della ciclabile fiore all’occhiello della Roma in bicicletta. È monte Monterosi, così poco monte da essere diventato un tutt’uno con il nome. È monte Monte dei cocci, quello costruito con i resti delle anfore (i cocci), scaricate nel porto di Roma lungo il Tevere e sistemate in grandi magazzini tranne quelle spezzate, frantumate, gettate e accumulate. È monte il Monte Aquila, così battezzato dagli ufficiali piemontesi del Genio, incaricati di stilare la prima carta topografica generale d’Italia nel 1874, che tradussero Montacolo, cioè monticello, in Monte Aquila, dove i rapaci con le ali non sono mai stati avvistati.
Monte Razzano è, detto romanticamente, un altro monticello, e, detto familiarmente, un montarozzo, che al nord non avrebbe un’altitudine degna per essere considerato un punto di rilievo geografico o turistico. Ma qui, a pochi minuti da Campagnano, il sopravvalutato montarozzo offre un punto di vista illuminante su una zona smisurata che da una parte va dalla Valle del Baccano al Lago di Bracciano fino ai monti della Tolfa (quelli sì, Monti: domandatelo al popolo del ciclismo, che li scala da tre diversi versanti fra allenamenti e corse, fra Giro d’Italia e Giro – proprio così – di Sardegna, ma domandatelo anche agli appassionati degli Spaghetti western e di altri film qui girati, come “Il sorpasso” di Dino Risi con Vittorio Gassman, “Non ci resta che piangere” con la coppia Benigni-Troisi e “L’arcano incantatore” di Pupi Avati), e dall’altra va dal Soratte al Terminillo e al Velino, altri monti ma di ben altre quote e fama.
Il Monte Razzano, sovrastato da due antenne (la prima è un albero finto, peraltro estraneo alla flora locale, la seconda è un obelisco impadellato), pare frequentato da giovani poco interessati a studi astronomici o geologici. A giudicare dai rifiuti, la Peroni sembra tenere il comando nei consumi di birre, la Nepi in quello delle acque minerali, Control in quello dei contraccettivi. Le scritte sui ruderi dei caselli elettrici suggeriscono una prevalenza del tifo laziale su quello romanista. Ma si tratta – lo ammetto - di un’indagine di mercato piuttosto superficiale. Però il punto di vista è straordinario, in una giornata pulita si potrebbe spaziare fino al Circeo, ma basta meno per ammirare i contorni della Valle del Baccano e immaginare il cratere di un pleistocenico vulcano, uno dei tanti sul nostro Cammino dei vulcani.
Il terzo giorno del Cammino dei vulcani propone la tappa più breve: da Campagnano a Formello, otto chilometri passando per il Santuario della Madonna del Sorbo, nel Parco di Veio. Se fosse il Giro d’Italia, un percorso così breve equivarrebbe a una semitappa o alla tappa a cronometro, dove si gareggia individualmente, uno alla volta, contro il tempo. Invece qui si cammina anche collettivamente, meglio se in fila indiana, perché la strada è condivisa con le auto, e la legge vigente è quella che a governare sono i più grossi, e a scansare, scantare, schivare sono i più piccoli. Nel suo genere, comunque, un bel film. Cast: rovi, mimose (già in fiore), ginestre, roverelle e ulivi (la tavola naturalistica è opera di Ornella Ricci). Colonna sonora: galli, cani, picchi e cornacchie.
Qui potete leggere la prima puntata del viaggio di Marco Pastonesi - qui la seconda - qui l'intervista a Toni Demuro che presenta il progetto "ANDante"