“Non mi riconosco nella sinistra dei ciarlatani politicamente corretti”
Il nuovo libro del filosofo spagnolo Fernando Savater è un ceffone contro i ciarlatani delle dottrine trans e queer, i sostenitori dell’autodeterminazione di genere
“Allora, se non sono di sinistra, cosa sono? Mi sento come il cinese nel primo film di Spike Lee (“Do the Right Thing”) che affronta una folla di neri mentre stavano vandalizzando le attività commerciali dei bianchi del quartiere. In piedi, davanti alla porta della sua attività, il cinese cerca di fermarli gridando: ‘Non sono bianco’. ‘E cosa sei?’. Dopo un momento di esitazione, il cinese risponde: ‘Beh... sarò nero!’. Se non sono di sinistra e non sono mai stato di destra allora non ho altra scelta che essere fascista. Oggi è fascista chiunque osi mettere in discussione la svolta linguistica della rivoluzione, che è il tentativo di imporre l’egemonia del linguaggio politically correct”.
A scriverlo è Fernando Savater, la coscienza critica della Spagna e l’autore di quell’Etica per un figlio che è stato un famoso bestseller da duecentomila copie anche in Italia, nel suo nuovo libro, Solo Integral. Savater si smarca dalla nuova sinistra, al potere in Spagna e altrove, nei campus come nelle redazioni dei giornali. Che i ciarlatani delle dottrine trans e queer, i sostenitori dell’autodeterminazione di genere e le altre solite illusioni, siano considerati filosofi nel vero senso della parola è come togliersi il desiderio di cercare di filosofare. L’ultima cosa che ho sentito sull’argomento viene da un mentore ideologico del Centro per le nuove mascolinità del Consiglio comunale della Barcellona, un tempo colta: ‘La differenza tra uomini e donne non vale più’. Se il programma incorporerà perle come questa, ben poco guadagnerà in saggezza…”.
Savater ripercorre la propria storia. “Alla fine della dittatura franchista ero un classico universitario ‘progressista’, senza affiliazioni comuniste o molta simpatia per esse, ma con tutti i dogmi tascabili che si portavano ai tempi di Marcuse, Berkeley, maggio ’68. Avevo nella sinistra la fede di un carbonaio. Essere a sinistra era normale, consigliato. D’altra parte, dalla destra non poteva venire niente di buono, nemmeno per caso… anche se le persone con la più alta qualità umana e integrità che conoscevo (i miei genitori, mio nonno…) erano proprio di destra”.
Tira un ceffone a due intellettuali italiani. “Di recente, due pensatori di sostanza come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben hanno firmato un manifesto contro il passaporto vaccinale anti Covid. Lo paragonano alle leggi naziste che discriminavano gli ebrei e lo considerano un monito del totalitarismo che sta arrivando o che, sotto copertura, è già tra noi. Questi sinistri stridii somigliano alle oche che, secondo la leggenda, allertarono il Campidoglio dell’arrivo del nemico, ma si differenziano per il fatto che nella vecchia storia denunciavano un vero pericolo, mentre ora si tratta solo di scherzi… di sinistra”.
Il libro è, soprattutto, una serie di pagine contro il nuovo oppio dei popoli. “Perché parlare dell’assurdità dell’autodeterminazione di genere, di un crimine di stupidità contro la biologia e l’educazione dei bambini, o della folle supposizione che i crimini sessisti siano motivati unicamente dalla condizione femminile delle vittime? A chi mi chiede come sia cambiato così tanto da quello di sinistra che ero, rispondo che la domanda che dovrebbero porsi è come è cambiata la sinistra”. Lui è rimasto un intellettuale non tesserato a partiti e mode ideologiche.