Gian Maria Tosatti ci spiega come sarà il padiglione Italia alla Biennale di Venezia
Il titolo del progetto espositivo è Storia della notte e destino delle comete, "Parla del nostro presente e di come l'arte può riflettere su noi stessi", dice il curatore Viola
“Stiamo affrontando una crisi che ci sta veramente mettendo in pericolo, ma se continuiamo a dare le stesse risposte date fino ad ora, procederemo verso la nostra parabola discendente che ci porterà all’estinzione”, dice al Foglio Gian Maria Tosatti. È lui l’artista scelto dal curatore Eugenio Viola per rappresentare il padiglione Italia alla prossima Biennale d’Arte di Venezia, la 59esima, in programma dal 23 aprile prossimo. Classe 1980, romano, un passato non troppo lontano a New York e un presente a Napoli, il neo direttore artistico della Quadriennale di Roma ci ricorda che “cambiare diventa una condizione necessaria e inevitabile”. “Il problema, però – aggiunge Tosatti - è il seguente: vogliamo cambiare, oppure siamo come quei vecchi che a un certo punto decidono che ne hanno abbastanza e non vogliono più continuare?”. E poi prosegue, unendo il suo racconto personale ad uno più generale, come è solito fare nelle sue opere/installazioni che sono un mix-match perfetto di progetti legati al concetto di identità sul piano sia politico che spirituale.
Per presentare il padiglione - intitolato Storia della notte e destino delle comete - cita Tutto brucia, lo spettacolo dei Motus tratto da Le troiane di Euripide, “uno di quelli che mi ha fatto risvegliare nel presente”. “Quella è stata la storia della civiltà troiana, la storia di una grande perdita, di una civiltà che ha subìto una sconfitta, la più mitologica, in seguito alla quale venne svenduta a pezzi. Tutto ciò mi ha fatto riflettere sull’oggi e chiedermi quando abbiamo perso e e soprattutto, con chi”.
La risposta arriva poco dopo: “Abbiamo perso con noi stessi, è questo il punto. L’arte è uno specchio crudele sul presente. Aiuta, certo, perché ha il compito di mostrare una strada. Poi, però, sono gli uomini, sono i cittadini, che la devono percorrere”.
Per Tosatti è Pier Paolo Pasolini “il più grande artista del ‘900” e di lui ricorda l’editoriale che scrisse per il Corriere della Sera sulla scomparsa delle lucciole, sottolineando l’irreversibile cambiamento umano a discapito della natura. “Era il 1975 e già allora crisi economica e crisi ambientale erano temi all'ordine del giorno”, fa notare l’artista – un po’ come accade oggi con Russia e Ucraina sull'orlo di una guerra. Mentre tutto il mondo sprofondava nelle piccolezze dell’umano, non ci accorgevamo che non stavamo e non stiamo evolvendo. Sono passati 50 anni e siamo ancora impegnati sugli stessi temi. Abbiamo perso la libertà: quella di poter essere in un luogo o nell’altro, senza dimostrare nulla”.
Il padiglione – “un progetto espositivo affascinante che attraversa diversi linguaggi artistici indagando le contraddizioni della contemporaneità”, come ci assicura il Ministro della Cultura Dario Franceschini - narra del difficile equilibrio tra uomo e natura, tra sviluppo sostenibile e territorio. È un messaggio di speranza e di convivenze che vogliono essere un segnale in un momento complicato in cui viviamo, “un messaggio di pace e di sostenibilità”, aggiunge il Presidente della Biennale, Roberto Cicutto, che scherzando si dichiara anche “invidioso” di questo titolo: “Avrei voluto produrre un film chiamato così”.
Storia della notte e destino delle comete è davvero “un titolo evocativo”, aggiunge Viola, grande amico e grande estimatore di Tosatti. “Un titolo che si riferisce al nostro presente, su come l’arte può ancora riflettere su noi stessi”.
La nostra curiosità, nel frattempo, aumenta. Come sarà, dunque, questo padiglione? – gli chiediamo. “Si configura come una grande installazione ambientale pensata appositamente per gli spazi delle Tese delle Vergini occupandone l’intera superficie, proponendo una visione dello stato attuale dell’umanità e delle sue prospettive future”, ci spiega. L’opera si configura, dunque, come un dispositivo intermediale che contiene in sé e fonde una pluralità di linguaggi come di consueto nella ricerca di Tosatti – “poetiche complesse che hanno a che fare con i luoghi in cui si verificano”, aggiunge il commissario Onofrio Cutaia (che ricorda anche i numeri: 600mila euro investiti dal MiBAC, e 1milione e 450mila euro dagli sponsor, tra San Lorenzo e la Maison Valentino) - dai riferimenti letterari alle arti visive, dal teatro alla musica e alla performance. Un viaggio nel nostro Bel Paese, quello previsto nella prima Tesa, il racconto simbolico dell’ascesa e del declino del sogno industriale italiano tra ambientazioni che evocano La Dismissione di Ermanno Rea fino alla visione finale che ricorda come la natura oltraggiata fin dai tempi del diluvio, non perdoni l’uomo.
Il visitatore sarà così condotto in un percorso sensibile, familiare quanto spiazzante, con un unico obiettivo: offrire una consapevolezza nuova e generare riflessioni concrete sul possibile destino della civiltà umana in bilico tra i sogni del passato e le promesse di un futuro ancora in parte da scrivere. Dal boom economico fino alla caduta di quel sogno nella visione finale - “palingenica e catartica”, dice Viola, “che getta però una luce ottimistica sul presente”. Come sempre accade poi nei lavori di Tosatti, ci sono sempre le referenze letterarie. In questo caso Anna Maria Ortese, citata dall’artista poco prima di salutarci. “In Corpo Celeste – ricorda – scrisse che disegnare una via d’uscita dal buio è un dovere di ferro. Il nostro padiglione deve quindi finire non con una via di uscita, ma con una via di evoluzione, con una nuova prospettiva per farci trovare il coraggio necessario per diventare ciò che dovremmo”.