Il viaggio di Anthony Burgess nella proverbiale inefficienza russa
Lenin, filetto allo Strogonof e un Dostoevskij da star male: ecco cosa notò l'autore di Arancia meccanica quando nel 1961 soggiornò nel paese
"Quel che mi piaceva di più dei russi era la loro inefficienza”. Parole di Anthony Burgess dopo un soggiorno a Leningrado nel 1961. Oggi la città è tornata a chiamarsi San Pietroburgo, come l’aveva battezzata lo zar fondatore Pietro il Grande che all’inizio del 700 voleva la sua nuova Russia rivolta verso l’occidente. Lo scrittore di Arancia Meccanica stava saccheggiando i dizionari russi per inventare il “nasdat”, la lingua di Alex e dei suoi brutali compagni (nella nuova e spavalda traduzione di Marco Rossari uscita da Einaudi, il glossario va da “drugo” a “zamiciatto” che sta per “notevole”).
Il resoconto del viaggio, uscito a suo tempo su Listener, sta tra le Appendici in fondo al volume, con il titolo “I russi umani”. Umani vuol dire “inefficienti”, anzi “massimamente inefficienti”. Anthony Burgess si aspettava “la rappresentazione di un futuro orwelliano tutto pietra-e-acciaio”, e trova una scolaresca lasciata a se stessa da insegnanti in altre faccende affaccendati. Nel mentre, i russi mentono. Burgess non sa se accade per via del carattere locale, la molto decantata e imprendibile anima slava, oppure per gli effetti del “bipensiero”, reso esplicito in 1984 da George Orwell (che dall’Urss aveva tratto ispirazione). Vede un ristorante vuoto, si sente dire che i tavoli sono tutti occupati. Quando riesce a sedersi, non è un grande passo avanti. Ordina un filetto Strogonoff alle dodici e mezza, gli mettono il piatto davanti verso le quattro.
Impara ad arrangiarsi: si prende la birra da solo (quattro birre, per essere precisi). Va a far compere in un negozietto dove vendono braccialetti, spille, fermagli di Lenin e Gagarin. Le contrattazioni sono lunghe e complicate: niente rubli, solo valuta estera. Bisogna far pari aggiungendo e togliendo cianfrusaglie fino a raggiungere la precisa cifra di due sterline (all’idea di tenersi qualche monetina per regalo, le commesse sono scandalizzate). Burgess scova un distintivo con falce, martello, e sotto la scritta “Pace nel mondo”. Due scatole di fiammiferi ancora e può tornare al filetto Strogonoff ormai freddo. Era lì da venti minuti, guardato con aria di disapprovazione dal cameriere. Dobbiamo a Marco Rossari – stavolta da un articolo uscito sul sito il Tascabile, a corredo della traduzione di Arancia meccanica – la notizia che Anthony Burgess nel viaggio russo leggeva Dostoevskij, Delitto e castigo. Giudizio sintetico: “Ho appena terminato la prima parte, che è puro delitto. Adesso arriva il castigo. In generale la cosa mi sta facendo stare molto male”.