spazio okkupato
Geografia e storia non legittimano le pretese russe
La grandezza del territorio russo come scusa per la sua voracità? Va bene giusto se accettiamo la mappa di Mercatore come modello del mondo. Solo che risale al 1569. Quanto all'imperialismo, perché non accettare allora che la Spagna si riprenda l'Argentina?
Il modo con cui disegniamo lo spazio si riflette sul modo con cui percepiamo il tempo. In altre parole: la geografia è un riflesso della storia e questo influisce sulla nostra comprensione del presente. Qualche giorno fa ho ascoltato uno che diceva trionfante: “Ma voi vi rendete conto che la Russia è grande sette volte l’Europa, due volte l’America latina, molto più dell’Africa e come Canada e Stati Uniti messi insieme? E’ ovvio che vuole riprendersi l’Ucraina”. La grandezza è un argomento convincente dai tempi di Polifemo, ma sulla percezione della sterminata estensione della Russia – che con 17.125.306 km² è il primo paese del mondo per superficie – influisce anche il modo con cui fin da bambini siamo abituati a vederla e con cui da secoli la disegniamo e immaginiamo. Qualche giorno fa Roberto Casati sul Domenicale del Sole24ore ricordava che la mappa di Mercatore, che costituisce ancora oggi lo standard del nostro modo di pensare al pianeta Terra, ha il difetto di allargare a dismisura le aree vicine ai Poli, dove la sfera è più sottile, rispetto a quelle intorno all’equatore, dove è più panciuta. Significa che sul nostro modo di pensare la politica e l’attualità, e di comprendere perfino le guerre, influisce la proiezione cilindrica proposta nel 1569 da un cartografo fiammingo, Geert de Kremer, latinizzato in Gerardus Mercator.
Se desiderate vivere un’esperienza prossima alla psichedelia, cercate su Google “Proportions of apparent size and real size (animated)”. Nell’animazione che troverete, Stati Uniti, Canada, Groenlandia, ma soprattutto – soprattutto – Russia si allargano e restringono in modo impressionante, oscillando tra le loro tracotanti dimensioni imperiali e quelle reali. Nella realtà gli Stati Uniti sono grandi metà dell’America meridionale e la Russia metà dell’Africa. Quanto ai paesi della Ue, si restringono anche loro, certo, ma molto meno della Russia (e infatti il loro territorio è esteso circa un quarto di quello russo, non sette volte più piccolo come apparirebbe dai planisferi di Mercatore). La questione sembra oziosa, e forse lo è, però racconta che se la geografia influisce sulla storia, avviene sempre anche il contrario. Il racconto del tempo determina il nostro modo di rappresentare anche lo spazio. E’ plausibile, cioè, che se la proiezione cilindrica di Mercatore non fosse stata funzionale alla rappresentazione che gli stati dominanti volevano dare di se stessi, sarebbe stata rifiutata e non si sarebbe diffusa. La nostra immagine mentale del mondo si è formata all’inizio dell’epoca moderna, quando nacquero gli stati nazionali e gli imperi coloniali, e i nostri giudizi di politica internazionale ne dipendono ancora.
Speculare all’argomento della grandezza della Russia c’è, infatti, l’argomento imperiale. Che recita: la Russia è un impero e nessun impero può accettare l’amputazione del proprio territorio. Questa autorappresentazione imperiale, ha scritto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, si è necessariamente basata su “ideologie che affidavano alla Russia missioni mondiali a sfondo di salvezza”: “L’idea di Mosca incarnazione della Terza Roma”, “l’Internazionale comunista”, “la sfida della Tradizione alla Modernità nichilistica” dell’occidente lanciata da Putin. L’universalità, e in qualche misura la maestosità, di queste cortine ideologiche e religiose non cancellano, però, il fatto che l’impero russo si formò tra il XVII e il XVIII secolo e si consolidò nel XIX, nello stesso periodo cioè in cui si formarono i grandi imperi coloniali moderni (che per fortuna il Novecento ha spazzato via). L’annessione della Russia non avvenne solcando gli oceani e conquistando terre lontane, ma incorporando territori e assoggettando popolazioni vicine, che vivevano tra Basso Volga e Caucaso, nelle regioni islamiche dell’Asia centrale e nelle sterminate e spopolate terre dell’Asia settentrionale.
Anche se la sua modalità di conquista assomiglia più a quella avvenuta negli Stati Uniti a danno dei nativi americani, la Russia rappresenta, in un certo senso, quello che rimane del colonialismo. La sua disintegrazione fu più tarda e meno visibile della disintegrazione dell’Impero britannico o spagnolo perché la vicinanza dei territori conquistati gli garantì (e garantisce) un’identità più forte, perché l’Urss la tenne insieme più a lungo e perché l’ideologia comunista mascherò la sua vera natura. Per questo, sostenere la legittimità delle pretese della Russia sull’Ucraina è come accettare che la Spagna si riprenda l’Argentina, il Portogallo, il Brasile o almeno Macao, e la Gran Bretagna le sue indie occidentali, orientali e l’India intera.