Recensione
In fuga dalla Corea. Il libro di Stefano Pistolini
“La scienza di noi” è un viaggio di ritorno nella solitudine, concetto spesso confuso con la libertà
I ritorni al luogo d’origine sono sempre sorprendenti, diventati adulti, abituati ad altri pezzi di mondo, le strade dell’infanzia e dell’adolescenza diventano spazi densi di realizzazioni, di momenti in cui capiamo grandi verità – su di noi, sulla vita, sull’umanità. Vediamo l’importanza di cose, e di messaggi, che quando erano sotto i nostri occhi tutti i giorni non riuscivamo a scovare o a leggere. Il viaggio, l’esperienza in un ambiente dove usanze e abitudini ci sembrano inizialmente stranianti, portano a illuminare gli ambienti originari sotto una nuova luce. Il protagonista del nuovo libro di Stefano Pistolini, “La scienza di noi” (Elliot), si chiama Gregorio e per anni, dopo un auto-esilio professionale in Corea del Sud, terra di meditazione e consumismo, torna a Roma da un giorno all’altro. Anzi ci fugge, prima che le autorità possano bloccarlo, perché, spinto da un collega Lucignolo, si è appropriato di una discreta somma tramite insider trading, facilitato dal fuso orario, nel suo lavoro da trader.
Lì, nell’estremo oriente, era un uegughì, uno straniero la cui presenza viene tollerata “senza mai sfociare nell’ammissione della sua esistenza”, eterno forestiero, “ignorato, estraneo”, mentre a Roma crescendo era “Gregorio di piazza Bologna”, ma lo sarà ancora tornandoci dopo molto tempo? Si perdono i codici dei nostri luoghi dopo aver visto altri mondi? La città, quando arriva, gli appare come “un miraggio per il naufrago in cerca di salvezza”. Nella fuga non si è portato quasi nulla della sua vita asiatica, se non un nuovo modo di leggere le differenze tra occidente e oriente. Se il confucianesimo coreano portava a vivere nel presente, vivere a “Roma significa scovare sicurezze nella storia che ti circonda, confortati dalla consapevolezza d’esserne l’effetto e la continuazione, fattori umani d’una parabola ultra-umana”. E così la città eterna è allo stesso tempo nuova e familiare, piena di un vento “capace di eccitare la memoria”.
Con un ritmo serrato, da film d’azione, ma con un piglio colto da essai philosophique, Pistolini racconta solamente una giornata di un uomo in fuga. Ci mostra che in ventiquattro ore non solo possono accadere molte cose, ma che possiamo calarci, seppur braccati dalla polizia, in una continua elucubrazione sull’esistere, ogni secondo che passa, stimolati dai volti, dalle pietre e dai gesti intorno a noi, arrivando a conoscere noi stessi, scoprendoci guardandoci dentro. La capacità narrativa dell’autore sta proprio nel mostrare la densità, descrivendo quanto un pomeriggio in giro per San Giovanni e la Prenestina, con la testa fasciata dal jet lag, possa essere ricchissimo, di eventi, di idee, di pensieri, di impressioni. E di persone, che siano le voci nella nostra memoria o uomini e donne incontrate in una Chiesa o nel chioschetto di un parco, nei giorni in cui si festeggia il Carnevale, in una città diventata un vero melting pot. Ognuno ha una storia, ognuno ha un passato, che siano archiviste albanesi con la fissa dei templari o ex sommozzatori. Da vecchie pasticcerie siciliane al Parco delle Energie, dai sensi di colpa a intimità e imbarazzi, quello di Gregorio è un percorso interiore quanto esteriore. “La scienza di noi” è un romanzo, anche, sulla solitudine, questa condizione che spesso confondiamo con la libertà ma che diventa a volte, senza che ce ne accorgiamo, una condanna e una protezione – “Vivere da soli insegna a mantenere il costante controllo della propria condizione. Diventiamo custodi di noi stessi”, dice a un certo punto il protagonista.