il colloquio
"Dopo il Covid e la guerra, siamo persone peggiori di prima". Intervista ad Altan
Il vignettista torna con un nuovo libro sul rapporto tra italiani e medicina. "Il mio cinismo è difensivo, rappresenta l'indignazione davanti a certe sproporzioni della vita"
Torino. “Avevo delle speranze all’inizio della pandemia, ma sono svanite ben presto”, spiega al Foglio Francesco Tullio Altan. “Pensavo che gli italiani reagissero in maniera insolita, visto quello che hanno fatto in quei mesi cantando e suonando di continuo alle finestre che non sono cose importanti in sé, ma creavano e davano comunque un clima. Pensavo che tutto ciò servisse a cambiare le abitudini e a cambiare noi, ma neanche il Covid ce l’ha fatta. Siamo tornati ad essere peggio di prima”. “Siamo fatti così”, aggiunge. “Gli italiani sono molto individualisti e hanno poco senso della collettività. I problemi si affrontano tutti insieme, ma qui, purtroppo, non funziona così. Una piccola illusione l’ho comunque avuta, ma è rimasta tale”.
Siamo al Salone del Libro di Torino, edizione numero 34 by Nicola Lagioia, tra le più belle, affollate (e calde) di sempre, con quasi 900 editori partecipanti e 1500 incontri tra i padiglioni interni e il luminoso spazio dell’Oval, uniti dal titolo che è Cuori Selvaggi. Tra una lectio magistralis di Amitav Ghosh (“I non umani possono parlare?”) e le “Poesie da Spiaggia” di Jovanotti, il compleanno della Marsilio, Annie Ernaux, Joel Dicker ed Eshkol Nevo, arriva anche lui, Altan, uno dei più grandi autori di fumetti che abbiamo in Italia. 80 anni il prossimo settembre, è qui per presentare il suo nuovo libro, Trentatré (Gallucci Editore, che ha compiuto 20 anni), una raccolta di vignette satiriche dedicata al rapporto degli italiani con la salute. Quello che ne scaturisce è una riflessione sull’approccio del Paese alla medicina, quanto mai attuale dopo due anni di Covid. Immagini, personaggi e battute che con il loro retrogusto amaro, ci fanno sorridere e pensare, ma anche identificarci, perché - che lo si voglia o no - siamo consapevoli che ci somigliano disperatamente.
“La versione che do dei medici in questo libro, però – precisa - non è quello che i medici hanno fatto durante la pandemia. Lo devo dire per onestà, perché a quelle persone straordinarie va tutta la mia riconoscenza per quello che hanno fatto e per come ci hanno aiutati”. Lo ha pensato con l’editore e l’editor a telefono, dalla sua grande casa di Aquilea, la città in cui vive (è nato a Treviso), “dove ho continuato a vivere normalmente, a fare quello che faccio tutti i giorni, sperando che prima o poi da quel tunnel ne saremmo usciti”.
“Il mio mestiere – aggiunge - lo faccio da sempre in un certo modo: anche se cambia il resto che c’è attorno, non cambia mai la mia posizione. Il mio cinismo è difensivo, rappresenta l’indignazione davanti a certe sproporzioni della vita”. La sua ironia “nasce dalla disillusione in certi momenti”, continua a spiegarci. “Quando ho iniziato a fare vignette politiche, era un momento diverso, c’erano grandi discussioni, c’era la tradizione politica, quella seria, poco importa se fosse condivisibile o meno, ma era seria. Da tempo non è più così, tutto si è sfarinato, le professioni si sono confuse, c’è stato un travaso di elettori. Il mio credo politico – e non soltanto il mio – non è più lo stesso, si è disilluso, per non parlare, poi, delle illusioni giovanili che si sono perse da tempo”.
A guardare e a leggere quelle vignette, si scopre quanto siano attuali, nonostante molte risalgano a più di quaranta anni fa. “Sono tristemente attuali, precisa lui, mi viene detto e sono il primo a pensarlo. Il merito non è mio, ma dell’Italia che è cambiata ed è peggiorata”. Con personaggi come la cagnolina Pimpa – creata nel 1975, uno dei suoi personaggi più riusciti e famosi pubblicato inizialmente sul Corriere dei Piccoli – ha avuto e continua ad avere un successo planetario. “È la mia scappatoia da questo mondo, perché lei ha un mondo tutto suo, con una logica e un’armonia che mi attraggono e divertono. Disegnarla, poi, mi rilassa. I suoi lettori, che sono molto piccoli, non sono cambiati negli anni e continuano ad amarla, generazione dopo generazione”. Le storie dell’operaio metalmeccanico comunista Cipputi, poi, sono un must e attraverso di lui (e molti altri), mette il dito nella piaga, laddove fa più male. È il suo alter ego? Gli chiediamo. “Niente affatto: Cipputi è solo una persona di cui mi fido molto”.
In questi ultimi due mesi, si è concentrato per cercare di disegnare vignette che avessero il tema della guerra, “ma è impossibile”, ci dice. “Viviamo un bruttissimo momento, non ci aspettavamo questa esperienza, è una guerra orrenda come tutte le guerre e quindi difficile da raccontare. Cerco di occuparmene ogni giorno, perché è l’unico vero tema che c’è sul tavolo, ma non è facile. Occuparsi della guerra in sé con le vignette, quello no, è impossibile. Ho risolto mettendoci dei punti di vista collaterali. L’altro ieri, ad esempio, ho disegnato Putin che dice: Lo volete capire che voglio salvare la faccia?. Dalla guerra, quindi, il mio discorso si sposta così alla psicologia di Putin e ad altre che sono solo marginali. Quello che conta, è ciò che succede su quel terreno che è ben più drammatico”.
Nella sua lunga carriera, gli chiediamo, si è mai pentito o si pente di qualcosa? “No – risponde secco lui - non vale mai la pena pentirsi. Non ho fatto molte scelte mirate per arrivare a un certo obiettivo e risultato: sono stato e sono sempre me stesso, ho navigato e navigo a vista, senza secondi fini, quindi non ho pentimenti. Se una cosa non l’ho detta o non l’ho fatta, è perché non mi è venuta in mente".
Come le piacerebbe essere ricordato? “Sono contento che me lo chieda. Di solito si ha sempre paura a farlo, perché tutti hanno una sorta di timore reverenziale nei confronti della morte. È comprensibile, ci mancherebbe, ma fa parte della vita. Io ci penso, ogni tanto, e mi auguro questo: dato che ho la fortuna di avere la testimonianza di molti lettori, voglio essere ricordato come colui che nella sua vita ha fatto compagnia a un bel po’ di persone. Sarebbe bellissimo”.