Non si può capire l’intelligenza di Ciriaco De Mita senza aver conosciuto i suoi genitori, don Peppino e donna Antonia De Mita, privilegio ovviamente di pochi, solo in parte anche mio. De Mita era la sintesi del padre, coi suoi giudizi taglienti e l’intelligenza affilatissima, e della madre, una nobildonna apparentemente più amabile e dialogante, in realtà altrettanto ferma e definitiva nelle convinzioni. Il mix genetico di questi due signori spiega meglio di un manuale di biologia il miracolo di una vasta schiatta di figli e nipoti tutti intelligentissimi e di successo. Ciriaco era il fuoriclasse, va senza dire. La famiglia ne fu orgogliosa, ma con autonomia. Io, per dire, ero l’oppositore solitario di re Ciriaco in Irpinia, ma don Peppino mi parlava, perché i De Mita sono così: ognuno ragiona con la propria testa, mai però da solo, sempre nella coltivazione del dubbio e del metodo dell’ascolto, specie delle opinioni opposte. “Quando l’avversario ha torto, aiutalo ad avere ragione”, amava dire Ciriaco De Mita declinando uno dei paradossi della sua oratoria complessa ma affascinante.
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