L'infinito Arbasino che rimarrà per sempre
All'università di Padova un convegno esplora l'eredità dello scrittore lombardo
Terminato il primo convegno mai dedicato ad Alberto Arbasino, omaggio di quell’accademia che lui spesso e volentieri sfotteva. A due anni dalla morte, nella sede modernissima e vagamente californiana del dipartimento di Studi linguistici e letterari di Padova, “Arbasino, e poi”, una specie di Bilderberg arbasiniano, di “Arbasin porn”, dove si son succeduti gli interventi dei meglio esperti, a chilometri zero e non, cattedratici e non, come chi scrive.
Organizzato dai giovani studiosi Pier Giovanni Adamo, Alessandro Metlica e Tobia Zanon, ha richiamato massimi arbasinologi come Niva Lorenzini a Clelia Martignoni e poi Anna Ottani Cavina, e ancora Marco Vallora e il nostro Matteo Marchesini. Ognuno diceva la sua, tipo AA alcolisti anonimi, taluno dichiarava la sua dipendenza dal sommo vogherese. Ne son venute fuori una serie di storie e idee: paragone Arbasino-Stravinskij, grande eclettico e rimontatore di “pezzi”, lunga carriera contraddittoria, avanguardista ma anche conservatore. Non finito arbasiniano, enciclopedismo, libri che non vanno letti dall’inizio alla fine ma in tutte le direzioni. Influenza arbasiniana sulla letteratura e (soprattutto) sulla saggistica d’oggi (Marchesini).
Già, ma chi lo legge Arbasino oggi? Latitano i tomi, pur nelle edizioni Adelphi, in libreria. Si vagheggia l’idea di un’antologia. E ancora: rapporto tra Petronio e AA; e quantità – calcolata da un giovane proustiano, Ludovico Monaci – del Proust contenuto in Arbasino, dati alla mano, senza intelligenze artificiali. E ancora: ruolo d’Arbasino nella critica d’arte – giudizi folgoranti! Sempre avanti! – dice Anna Cavina, “Primo e in anticipo a segnalare le tendenze! Pop art! A rivalutare il neoclassico. E Walt Disney? Lodato trent’anni prima della mostra al Grand Palais del 2006”. Cartoline d’epoca mostrate su maxischermo (“anche a me le mandava”), cartoline come “note non filologiche”, con cui poteva ringraziare di un pranzo o smontare un’attribuzione. “Le sue parole sull’architettura meglio di Ruskin”. Molteplici evocazioni di Praz, senza evidenti ricadute paranormali (tranne leggero blackout in hotel). E se il “Super Eliogabalo” dovesse qualcosa a Bruno Munari? (Vallora). E poi la Roma di Arbasino, tra principesse e cespugli. L’idea, certo, di un libro di sole cartoline, forse l’unico libro possibile e definitivo su AA.
Special guest, la famiglia Arbasino, col fratello Mario, impressionante somiglianza, estetica e fonetica, e nipoti, e affettuosa rappresentanza di Voghera. Prosecuzione di letture e dibattiti sotto magnolie e fresche frasche tra spritz e baccalà nella città del Santo, impeccabile. Rimembranze delle attività parlamentari arbasiniane (si scopre che alla fine, una via, alla scrittrice di chick-lit Carolina Invernizio, la città di Voghera l’ha poi dedicata. Era una delle battaglie parlamentari dell’Arbasino deputato depresso, nell’unica legislatura che fece tra le file del Pri, consacrandosi disilluso da quell’esperienza alla sua constituency locale, all’americana. Per i più feticisti, si attende l’inaugurazione della “Arbasino room” al gabinetto Vieusseux di Firenze, dove è ricostruito l’interno della leggendaria via Gianturco 4 con carte e mobili. Speriamo che ci sia anche la mitologica segreteria telefonica-fax con cui trasmetteva gli articoli ai giornali, e con cui si schermava dagli scocciatori, con messaggi tipo: “Oggi l’ufficio è chiuso per agitazione!”.