Autofiction, filosofia, graphic novel. La versione italiana di “Be here now” di Richard Alpert
il libro, uscito esattamente cinquant’anni fa, non era mai stato tradotto da noi, nonostante le 950 mila copie vendute negli Stati Uniti e l’influenza culturale che trascende il mondo artistico, dato che l’ha citato tra le sue letture decisive persino Steve Jobs
Be here now, sii qui adesso. Una frase in cui è difficile non essersi imbattuti: c’è una canzone di George Harrison con questo titolo nell’album “Living in the Material World” del 1973; c’è un album degli Oasis del ’97 col medesimo titolo; la ritroviamo nel finale della fortunata serie Netflix “The Midnight Gospel”, e in tante altre opere. Se per il pubblico anglosassone la sua origine è ovvia, radicata da tempo nella cultura pop, lo stesso non si può dire di quello italiano.
Questo perché il libro da cui giunge, Be here now di Ram Dass, al secolo Richard Alpert (sì, come un certo personaggio di “Lost”: anche questo non è un caso), uscito esattamente cinquant’anni fa, non era mai stato tradotto in Italia, nonostante le 950 mila copie vendute negli Stati Uniti e l’influenza culturale che trascende il mondo artistico, dato che l’hanno citato tra le loro letture decisive personaggi dell’imprenditoria hi-tech come Larry Brilliant di Google, Jeff Skoll di eBay o lo stesso Steve Jobs di Apple.
Ci ha pensato Armenia Edizioni: il titolo italiano è Essere qui adesso, ma per il resto il contenuto è intatto, e per quanto si presenti, oggi, anche come un documento storico sulla transizione tra anni 60 e anni 70 – e quindi del passaggio tra il mondo contestatario degli hippie e della prima psichedelia a un’interpretazione più individualista del Think for yourself and question authority di Timothy Leary: quella che avrebbe portato all’avvento di yoga e meditazione in occidente, ma anche dei manuali di auto-aiuto, delle diete macrobiotiche e dell’ossessione per il fitness –, il carico innovativo dell’opera non risulta opacizzato.
Be here now è infatti anzitutto un testo che si colloca (con mezzo secolo d’anticipo, possiamo dire oggi, alla luce delle ultime tendenze della narrativa) in un territorio ibrido tra memoir, saggio sulla spiritualità, manuale di meditazione e graphic novel, essendo ogni pagina riccamente illustrata.
La storia è quella di un brillante professore di Psicologia di Harvard, proveniente dalla buona borghesia ebraica di Boston – naturalmente lo stesso Richard Alpert – che un bel giorno del 1960 si trova come dirimpettaio in dipartimento un giovane, e pure brillante ricercatore, proprio quel Timothy Leary che meno di dieci anni dopo sarebbe stato definito da Richard Nixon “l’uomo più pericoloso d’America” per la sua attività di proselitismo psichedelico e invito alla contestazione, col suo altrettanto celebre secondo motto, Turn on, tune in, drop out, ovvero “accenditi” (con l’Lsd), “sintonizzati” (con la controcultura) “ed esci” (dalla società). Prima di arrivare a quel momento sarebbero accadute molte cose, i cui protagonisti sarebbero stati proprio Leary e Alpert, più un terzo membro della “Harvard Psychedelic Trimurti”, il più schivo Ralph Metzner (la casa editrice indipendente Anima Mundi ha appena portato in Italia un suo libro, Enteogeni): il trio di accademici, persuaso, dopo ampie sperimentazioni su se stessi, del potenziale terapeutico degli psichedelici, cominciò a sperimentarli anche sugli studenti, col risultato di farsi cacciare da Harvard.
Le loro strade si sarebbero divise: se Metzner sarebbe rimasto nel giro accademico, Leary sarebbe diventato un istrionico profeta della psichedelia, arrivando a candidarsi a presidente degli Stati Uniti (e a farsi incarcerare), mentre Alpert sarebbe partito per l’India, alla ricerca di possibili conferme alle intuizioni spirituali avute durante le sessioni visionarie. Un lungo peregrinare, raccontato in Be here now, che lo portò ad approdare alla corte del guru indiano Neem Karoli Baba. Da lì, un tormentato percorso di adesione alla spiritualità vedica che lo porta a scoprire lo yoga e la meditazione, e a scrivere – il primo a farlo con sensibilità divulgativa e non poca ironia – la sua “guida all’illuminazione”, con tanto di confessioni personali e la rivelazione di un ragguardevole talento per il disegno (anche le illustrazioni sono infatti sue). Il segreto? Essere qui adesso.
Universalismo individualistico