pagina 69
"Randagi" ma noiosi. Il primo finalista dello Strega non supera la verifica
Il nostro consueto carotaggio di pagina 69 per il libro di Marco Amerighi. Troppo superfluo che lascia sbadigli
Una cinquina di sette libri allo Strega non s’era mai vista. Capita quando i candidati in quinta posizione raccolgono lo stesso numero di voti (168, per Fabio Bacà e Alessandra Carati, al quarto posto Veronica Raimo con 169, gli scarti sono minimi) e il regolamento consente di ripescare una piccola casa editrice. La fortunata è Veronica Galletta con “Nina sull’argine”, minimum fax. Il carotaggio di pagina 69 sarà applicato ai sette finalisti, giovani e poco conosciuti dal pubblico – ecco, ora almeno un paio si offenderanno, ma evidentemente non ricordano l’anno del “Colibrì” di Sandro Veronesi: una rassegna stampa martellante, nessuno poteva sfuggire. I titoli quest’anno hanno avuto meno visibilità, fuori dalla cerchia degli eletti lettori.
Ecco gli altri "carotaggi":
Primo della lista, in ordine alfabetico, Marco Amerighi con “Randagi” (Bollati Boringhieri). “Abbagliante, affresco, generazione, complessità” sono le parole-richiamo sul risvolto di copertina, che sta ai libri come il “venghino, venghino signori…” sta ai fenomeni da baraccone. Corriamo a pagina 69, perché nel frattempo abbiamo ricordato Lena Dunham che nella serie “Girls” voleva scrivere “Il romanzo della mia generazione. O almeno… di una generazione” (satire sui libri ne esistono, nei “Mostri” di Dino Risi c’è il magnifico Vittorio Gassman nel tubino da presidentessa di un premio letterario – ma sembra che tra gli scrittori nessuno abbia mai visto nulla).
Leggiamo a pagina 69: “Erano le mie palle che ruzzolavano a terra”. La generazione ha le sue ruvidezze, e il verbo lascia intendere qualcosa di toscano. Ha parlato tale Andrei, “avvolto da una nebbia di fumo e un enorme cappello nero da strega”. Rivolto a Pietro, che evidentemente era sul palco a suonare: “Preparato e perfetto in tutti i passaggi, eppure ogni sua azione sembrava circondata da una ammorbante, purissima e incontestabile noia”.
Andrei ha anche gli stivali, a completare il ritrattino da ex qualcosa, sicuramente in materia musicale. L’atmosfera da western c’è, ma per essere sicuri che il lettore abbia colto l’ammicco, Marco Amerighi sottolinea: “Percorse i metri che lo dividevano dal bancone con la flemma di un protagonista di film western”. Ogni tanto, leggendo i libri che si ammonticchiano sul tavolo con le loro centinaia di pagine – “Randagi” ne conta 400, lunghezza da secoli passati – speriamo in un editor vero. Qualcuno che prenda in mano la penna e cancelli le righe superflue. Il nostro fa cadere una sedia, ha gli stivali, lancia sfide in un locale con un bancone, avanza con flemma e bisogna ancora specificare “da protagonista di film western?”. Ma al lettore, a proposito di noia, cosa resta da fare?
Andrei strapazza Pietro, che oltre alla musica confessa una passione per i videogiochi (segue scambio brusco di battute da iniziati). Da qualche altra parte abbiamo letto “personaggi sgangherati e commoventi”. E’ possibile che siamo più cinici della media dei lettori. Però siamo curiosi. La prova di pagina 69 non ci ha messo l’urgenza di leggere tutte le altre.
Universalismo individualistico