pagina 69
Raccontare lacrime e tragedie non basta a rendere felice un lettore
Non poteva mancare allo Strega un romanzo che parla di sentimenti, di abbandoni e ritrovamenti. E una disgrazia sola non basta. Siamo su un terreno molto battuto, e molto lontano dalla letteratura che finora ci ha resi felici
La finalista Strega Alessandra Carati – “E poi saremo salvi” è il suo esordio targato Mondadori, vincitore l’anno scorso del Premio Viareggio-Rèpaci opera prima – resiste alla prova di pagina 69. Quattro righe scarse, le più rilevanti dicono “non se l’era sentita di separare una madre dal proprio figlio”. Poco male, andiamo a pagina 99, suggerita per una prova analoga da Ford Madox Ford. Romanziere contro saggista, ma concordava sul fatto che tutti son bravi nelle prime pagine, quando vogliono fare bella figura e impressionare il lettore; poi intervengono stanchezza e distrazione.
Ecco gli altri "carotaggi"
Le righe di pagina 99 sono dieci, leggiamo “ci sono stati saluti brevi e veloci, come se la terra ci scottasse sotto i piedi”. Torna in mente chi (scherzando o fingendo di farlo, e non era uno solo) ha mandato libri con il post-it giallo a pagina 69, “mi sembra impeccabile”. O ha minacciato una pagina 69 bianca, impresa difficile trattandosi di pagina dispari, come minimo c’è un titolo o un numero di capitolo. Sappiamo dai risvolti e dal titolo del libro che si tratta di una fuga, dalla Bosnia anni 90 all’Italia. Il tipo di romanzo che avanza preceduto dalla serietà del tema. Proviamo la pagina 169: le righe sono 13, sembra di giocare a nascondino (colpa dei capitoli brevissimi, qualcuno di due pagine scarse altri di tre). Il dramma cresce: “Ero cattiva e forse la rabbia di mio padre, l’infelicità di mia madre dipendevano da me”.
Finalmente al numero 199 troviamo una pagina intera. Pensavamo già di dover puntare tutto sul risvolto, per pregiudizio attribuito allo scrittore (qui scrittrice, ma mica cambia). Non arriveremo a tanto. Scopriamo l’esistenza di un fratello, oltre al padre, alla madre e alla ragazzina che racconta. E di un problema psichiatrico, caricato sulle spalle dei genitori: “Tendono a far rimanere il paziente a casa, nel suo ambiente”. La madre scoppia a piangere, la famiglia si abbraccia: “Ho guardato i miei genitori, l’amore che avevo per loro era di nuovo vicino, a portata di mano. Era nelle case che avevamo abitato, nel nostro sangue buio e violento”.
Il passaggio al “sangue buio e violento” non è l’unico scarto viscerale e liricheggiante – in una delle mini-pagine precedenti c’era “la felicità cruda e lo smarrimento che si prova quando ci si sta vicini al cuore”. Come se non bastasse lo strazio della vicenda. La guerra, la schizofrenia, una fuga pericolosa, un padre lontano con cui fare conoscenza: quando hai sei anni basta molto meno, per aggiungere la tua sofferenza a quella degli altri. Le parole per dirlo, anche se in prima persona, appartengono alla romanziera adulta Alessandra Carati: “Quella sera ho sentito che erano al limite di quanto il cuore di un genitore può sopportare”. Non poteva mancare allo Strega un romanzo che parla di sentimenti, di lacrime, di abbandoni e ritrovamenti. E una disgrazia sola non basta. Siamo su un terreno molto battuto, e molto lontano dalla letteratura che finora ci ha resi felici. Anche raccontando tragedie – è il modo di scrivere che qui dà poca soddisfazione.
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