Facce dispari
Leonardo Petrucci: creare suoni dal silenzio del legno
Cominciò arpeggiando sulla chitarra e lo fa tuttora, ma s’accorse – ormai sono trascorsi più di quarant’anni – che il suo destino principale era farla suonare agli altri. Trasformare grezze tavole di legno in casse armoniche, calibrare manici, tarare meccaniche. L'incontro
C’è chi ama pilotare una macchina e chi progettarne il motore. Chi aspira a diventare un grande spadaccino e chi un superlativo forgiatore. Miyamoto Musashi o Okazaki Masamune. C’è chi si vota al diavolo per diventare Paganini, chi per eguagliare Stradivari. Virtuoso strumentista o costruttore di strumenti cui il virtuoso anelerà. Il liutaio romano Leonardo Petrucci cominciò arpeggiando sulla chitarra e lo fa tuttora, ma s’accorse – ormai sono trascorsi più di quarant’anni – che il suo destino principale era farla suonare agli altri. Trasformare grezze tavole di legno in casse armoniche, calibrare manici, tarare meccaniche.
Come si decide, non essendo figlio d’arte, di diventare liutaio?
Chiunque entri in una bottega, sentendo l’odore di resine e vernici, rimane affascinato. È la porta d’accesso alla meravigliosa progettualità artistica di ricavare suoni dal legno sperimentando ogni volta possibilità diverse, studiando come lavoravano gli artigiani del passato e sapendo che mai uno strumento sarà uguale a un altro.
Quali doti richiede la liuteria?
Studio, esperienza, soprattutto pazienza e passione sono ingredienti necessari ma non sufficienti se manca la manualità, che credo sia una virtù innata. Se ne hai già un po’ puoi raffinarla, se parti da zero non arriverai oltre un certo livello.
Il peggior difetto per un liutaio?
L’angoscia di sbagliare, che è l’angoscia peggiore. Quando insegnavo, raccomandavo agli allievi di imparare a sbagliare.
Esistono segreti in liuteria?
Ormai ogni nozione è disponibile per tutti. Quando cominciai si imparava a bottega, ci si documentava su pochi libri reperibili. Adesso il web trabocca di tutorial. Vale anche per i materiali: puoi ordinare online qualsiasi legno, gli accessori, persino gli utensili di liuteria. Chiunque può attrezzare in una stanza un piccolo laboratorio. È tutto comodo ma ingannevole: tanti tutorial sono pieni di stupidaggini. Un tempo la difficoltà era reperire informazioni. Oggi è non rimanerne annegati.
Quanto la tecnologia ha modificato il mestiere?
I liutai del passato erano di bravura mostruosa considerata l’elementarità degli attrezzi. Oggi nessuno opera più senza usare l’elettricità, non fosse che per farsi luce sul banco. E c’è chi impiega le frese a controllo numerico seduto al computer. Nessuno può competere con la precisione di una macchina. Gli strumenti suonano bene perché i musicisti sanno adattarsi alla fabbricazione in serie, invece è lo strumento, come mezzo espressivo, che dovrebbe adattarsi all’artista. Puoi programmare a macchina la larghezza della tastiera, lo spessore del manico, della cassa, ma una macchina non potrà capire le venature del legno, le sue fragilità, la stagionatura. Se fabbrichi due manici di mogano o di acero nello stesso modo e nello stesso tempo, non risulteranno uguali.
Cosa le comunica una chitarra antica?
Quando lavoro su uno strumento d’epoca provo la sensazione di aprire uno scrigno e maneggiarne i tesori. Ho finito di recente il restauro museale di due chitarre: una Donato Filano a cinque corde di metà Settecento e una Gaetano Vinaccia del 1803. Capisci come si lavorava, i materiali che s’usavano, i loro accessori, gli interventi compiuti nei secoli. C’è la firma di tanta gente, come su una tela dove sono sovrapposte più pitture. Le chitarre sono meno longeve dei violini perché come per i mandolini il tiraggio delle corde è maggiore, e magari nel corso del tempo alcune sono state riadattate. Lo scheletro dello strumento, a seconda della robustezza, modifica la risposta timbrica, come gli eventuali stress atmosferici.
La bellezza in che rapporto è al suono?
Quando mi sono concentrato troppo sull’aspetto estetico è andato a discapito del timbro. Ci sono strumenti meno rifiniti che hanno una voce migliore. Comunque nessuno è uguale a un altro, con ciascuno sperimento il tentativo di cambiare qualcosa.
Quali legni preferisce?
Ho fabbricato casse armoniche in palissandro brasiliano o indiano ma sono fautore del mogano: più stabile, duttile, migliore resa timbrica.
Quanto ci vuole per fabbricare una chitarra?
Per quindici anni ho tenuto un corso estivo all’Isola del Giglio. In una settimana ciascuno costruiva il suo strumento, acustico o classico, e se lo portava a casa. Era una ‘full immersion’. E non ho fabbricato solo chitarre ma liutai. Molti, dopo quell’esperienza, hanno lasciato la propria attività per cominciare questa. Qualcuno l’ho rincontrato alle fiere col suo stand. Insomma, nel mio piccolo ho creato un po’ di posti di lavoro. È una professione che consiglio: ti consente di vivere da solo con le tue mani e la tua testa. Che c’è di meglio.
Qual è il primo strumento che costruì?
Un mandolino F-5 modello Gibson, quello usato nel Bluegrass. Il secondo fu una chitarra elettrica, una delle pochissime che ho fatto. Non è uno strumento cui mi piace lavorare e non è vero che sia facile realizzarlo. Spesso le esigenze di un chitarrista elettrico sono raffinatissime.
Cosa distingue un vero liutaio?
Quando vedendo uno strumento antico capisce come e dove fu fatto, con quali materiali. Con gli occhi e col tatto si legge la storia. È interessante vedere come molte idee dei liutai italiani abbiano preceduto soluzioni costruttive ritenute scoperte oltreoceano. Le portarono gli emigranti italiani. Ma gli americani depositarono i brevetti.
Universalismo individualistico