pagina 69
Nomi da maneggiare con cura, idee vaghe: le debolezze del romanzo di Veronica Galletta
Le frasi tra correttezza politica e grammaticale portano alla rivendicazione femminista
Tra i sette finalisti allo Strega, Veronica Galletta è la ripescata – come il regolamento consente, e anzi agevola: anche le piccole case editrici hanno diritto a un posto, se i voti promuovono soltanto i libri pubblicati dai grandi gruppi. E’ successo quest’anno, con l’aggiunta di un’altra anomalia: due titoli hanno raccolto lo stesso numero di voti, non si poteva lasciare a casa nessuno dei due. Una prima assoluta: le bizzarrie aritmetiche finora avevano prodotto un perdente per un solo voto (sta in cima alla lista dei Grandi Rancori causati dal premio Strega).
Ecco gli altri "carotaggi"
“Nina sull’argine” dunque. Edito da minimum fax, che al pari del poeta americano e. e. cummings tiene molto alle sue minuscole. Andiamo con pagina 69, ambiente: “La nebbia cominciava a diradarsi, lasciando il posto a un freddo pungente ma meno umido”. Un postaccio, con un bar per riscaldarsi: “Vuole una cosa calda, subito”.
E’ la letteratura, bellezza! Nella vita vogliamo un tè, una cioccolata, un punch al rum, un cappuccino. Nei romanzi vogliamo una generica cosa calda. Sono le domande che da sempre vorremmo porre agli scrittori e ai loro editor. Perché? La precisione sulla pagina fa sempre miglior figura di un’idea vaga. (Mancuso segue a pagina due)
Dovrebbe essere la regola numero uno, quando si parla di romanzi. La protagonista Caterina – detta Nina, la nebbia è sull’argine – viene accolta al bar da due uomini. “Eccola, la nostra ingegnere!”, dice uno. Frase a metà tra la correttezza politica e grammaticale, è chiaro che stiamo arrivando alla rivendicazione femminista. E’ una donna, fa un lavoro da uomo, non la prendono sul serio, e pure ordinano per lei il tè con i biscotti (uno dei maschi è assessore, viene ribadito: trattasi di incarico pubblico).
Magari siamo caduti su una pagina particolarmente poco interessante. Ma è questo lo scopo di pagina 69 secondo McLuhan: stanare le debolezze romanzesche dopo i fuochi d’artificio di prime pagine che dicono “leggimi leggimi”, vogliose di sedurre il lettore. “Caterina si era guardata indietro”: il romanzo di Veronica Galletta comincia così. Caterina sta in barca, come la scrittrice ha studiato ingegneria civile e idraulica, in altri paratesti viene definita “ingegnera”.
Roba da cambiarle subito il mestiere, cercandone uno dal nome più facilmente maneggiabile (certo, nella vita capita, ma nei romanzi bisognerebbe stare attenti ai dettagli, non puntare facile su un mestiere che ogni minuto si presta a una rivendicazione). Però così abbiamo l’argine, applicabile sia all’impresa idraulica sia alla vita privata, si sa che i ricordi degli ex sono meno governabili dei fiumi. Non abbiamo grande fiducia nei giurati dello Strega, né dire una volta era meglio. Ma l’anno deve essere stato ben magro per candidare un romanzo come “Nina sull’argine”.
Prima del tè con i biscotti, le preoccupazioni dei maschi per il ritardo. L’ingegnera risponde piccata che è femmina ma sa guidare, che c’era la nebbia, che il telefono si è scaricato. Eccola qui, la “lingua modellata sull’esperienza” vantata sul risvolto di copertina.
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